Guerra interetnica per le risorse ed Ebola: nell’Ituri la più grave crisi alimentare dopo lo Yemen
Il Pam /Wfp triplica la sue operazioni nel nord-est del Congo Rdc per aiutare 300.000 sfollati
[3 Luglio 2019]
Il Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) ha annunciato di dover triplicare il suo aiuto per soccorrere 300.000 sfollati nella provincia nordorientale dell’Ituri, nella Repubblica democratica del Congo (Rdc), fuggiti dagli scontri interetnici che insanguinano l’area da giugno.
Durante una conferenza stampa tenutasi a Ginevra, il portavoce del Pam/Wfp Hervé Verhoosel, ha spiegato che «Il Pam triplicherà il numero di sfollati che riceveranno un aiuto alimentare o un aiuto finanziario, per assistere 300.000 persone sfollate rispetto alle 116.000 attuali. Vogliamo triplicare l’assistenza tra gli sfollati soprattutto in questa provincia. E’ qualcosa che abbiamo iniziato, anche se non abbiamo tutti i fondi».
L’ennesima crisi alimentare che scuote questo Paese grandissimo e ricchissimo di risorse (la cui rapina è la vera causa di quel che sta succedendo) è, secondo il Pam/Wfp, la seconda più grave in corso dopo quella dello Yemen: «13 milioni di congolesi vivono nell’insicurezza alimentare, tra i quali 5 milioni di bambini – ricorda Verhoosel – Delle recenti valutazioni dimostrano che la fame si sta aggravando nella provincia dell’Ituri, in particolare nelle zone ciolpite dal conflitto interetnico in corso negli ultimi anni. La gente muore di fame e la malnutrizione ha un impatto sulla loro vita che fa sì che muoiano. Questo vuol dire che possono essere malnutriti, quindi meno resistenti o morire per altre cose e sfortunatamente anche in altre zone sta iniziando la malnutrizione. Non ci sono cifre molto precide in materia»
Il Pam/Wfp è convinto che l’impressionante e recente aumento della fame e della malnutrizione sia dovuto «alla propagazione dei conflitti, agli sfollamenti, ai prezzi elevati delle derrate alimentari, alla mancanza di entrate, ai regimi alimentari non diversificati, alle infestazioni di parassiti e alle epidemie».da una comoda poltrona ministeriale considererebbe un “porto sicuro” – è partito da un focolaio di tensione che era stato notato a giugno a Djugu, nell’Ituri, dove alla fine, secondo un’inchiesta preliminare resa nota il 28 giugno dal Bureau C = conjoint des Nations Unies, sono stati contati almeno 117 morti. Poi la violenza interetnica si è diffusa come un incendio e migliaia di persone sono fuggite dalle loro case per non diventare vittime delle opposte milizie
L’United Nations High Commissioner for Refugees (Unhcr) aveva giù messo in guardia la setimana scorsa: «Dall’inizio di giugno, più di 300.000 persone sono fuggite da questa fiammata di violenza. Questi scontri tra i gruppi rivali Hema e Lendu nel nord-est della Rdc nel mese di giugno hanno anche spinto almeno 7.500 congolesi a passare la frontiera ugandese attraverso il lago Alberto». Verhoosel aggiunge che «Ampiamente dispersi, questi sfollati cercano la sicurezza nei centri urbani e nella boscaglia». E, tanto per non farsi mancare niente, l’Ituri è stato colpito anche dall’ultima epidemia di Ebola che continua nella Rdc – di fonte all’indifferenza del mondo e stavolta perfino dei razzisti che solo pochi anni fa su Ebola avevano montato una campagna di odio e paura verso i migranti – e che dall’agosto 2018 ha fatto più di 1.570 morti, soprattutto nella vicina provincia del Nord-Kivu. Il Pam/Wfp aide à aiuta a contenere la propagazione del virus e dell’epidemia fornendi aiuti alimentari alle persone che hanno contratto la malattia e ai loro parenti e vicini, limitando così i movimenti della popolazione a rischio.
Secondo l’ultimo Bulletin épidémiologique du Ministère congolais de la santé del 30 giugno, in totale i casi di Ebola censiti finora sono 2.338, dei quali 2.244 confermati e 94 probabili e 653 persone sono guarite.
Proprio mentre le agenize e le ONG umanitarie lottano contro l’epidemia di ebola, le violenze sono ancora più crudelmente ibnsensate, anche perché avvengono nella stagione del raccolto e i profughi sono fuggiti dai loro villaggi con poche cose e lasciando i raccolti sul campo, mentre migliaia di famiglie di piccoli contadini sono state costrette ad abbandonare più volte i luoghi dove si erano rifugiate a causa degli attacchi delle milizie.
Di fronte a questa tragedia umana e geopolitica, il Pam/Wfp avrebbe bisogno, solo quest’anno, di altri aiuti per salvare i profughi dell’Ituri: 155 milioni di dollari, dei quali 35 milioni per la sola risposta a Ebola.