Contadine siriane a lezione dagli agricoltori italiani
Slow Food e Fao insieme per rilanciare l'agricoltura siriana partendo dalle donne
[27 Agosto 2019]
Otto anni di guerra civile e internazionale hanno devastato l’agricoltura siriana, creando instabilità nella forza lavoro. In molti casi le donne sono diventate la sola fonte di reddito e si sono dedicate all’agricoltura, spesso unica risorsa per guadagnarsi da vivere e mantenere le famiglie. Per questo Slow Food e Fao hanno organizzato questa settimana un viaggio di studio nell’Italia nord-occidentale per un gruppo di agricoltrici siriane su piccola scala. Sette donne siriane visiteranno comunità agricole in Piemonte e Liguria che producono e promuovono specialità locali, biologiche e artigianali, note per l’alta qualità nel rispetto delle tradizioni. Verranno illustrati loro tutti gli aspetti della produzione, della commercializzazione e della catena del valore di vari alimenti – tra cui prodotti lattiero-caseari, miele, olio, cereali, pane e verdura – e al loro rientro in patria potranno trasmettere le conoscenze acquisite ad altre agricoltrici delle loro comunità. Saranno inoltre inserite nel progetto di rete globale per agricoltori locali concepito da Slow Food, affinché possano continuare ad imparare e condividere conoscenze ed esperienze.
Le donne siriane vengono dai governatorati di Homs, Hama, Lattakia, Tartous, Aleppo, Sweida e Al Qunatra, e ognuna di loro si occupa nel suo villaggio di un particolare prodotto locale, dai fichi secchi al miele. Possiedono piccoli appezzamenti di terreno di meno di mezzo ettaro nei quali coltivano cibo per nutrire le loro famiglie e/o si occupano della preparazione di marmellate, sottaceti, concentrato di pomodoro, formaggio e di altri prodotti alimentari per il sostentamento delle loro famiglie.
In un comunicato congiunto Fao – Slow Food si legge che «Le due organizzazioni hanno unito le forze per sviluppare le competenze delle piccole produttrici alimentari siriane, con l’obiettivo di aiutare le comunità colpite dalla crisi a ripristinare o a rafforzare i mezzi di sussistenza e di rilanciare il settore agricolo del paese».
In Siria, prima del conflitto, l’agricoltura è sempre stata dominio maschile e oggi le donne si ritrovano costrette ad affrontare molte sfide. Spesso non conoscono le regole del commercio, hanno esperienza e capacità limitate per poter coltivare e rivendere i loro prodotti e non hanno alcun accesso a informazioni su finanziamenti e opportunità di formazione.
Afaf Jafaar, una delle donne siriane in viaggio di studio in Italia, madre di cinque figli che coltiva ed essicca fichi, l’unico frutto disponibile nel suo villaggio, racconta la sua esperienza: «Usiamo gli stessi attrezzi rudimentali che abbiamo in casa fin da quando eravamo ragazzine. Desideriamo incrementare il nostro lavoro utilizzando attrezzature e dispositivi moderni per poter confezionare i nostri prodotti e misurarne l’umidità e l’acidità, affinché soddisfino gli standard globali. I nostri fichi hanno un alto valore nutrizionale, sono naturali al 100% e sono alimentati da acque piovane»,.
Nel gruppo di donne siriane c’è anche Aicha Dalati, apicoltrice di Aleppo che è stata costretta a fuggire lasciandosi alle spalle tutti i suoi alveari, ripartendo da zero in un villaggio non distante dalla sua città, che spiega: «Sono costretta a vendere il miele solo localmente. I problemi sono il trasporto e il profitto, che non è immediato, in quanto mi pagano un po’ alla volta. Se potessi vendere regolarmente i miei prodotti, avrei una vita migliore. Voglio imparare dagli agricoltori italiani e scoprire come posso sviluppare la mia attività».
In Siria Slow Food ha attivato un Convivium Slow Food, ha realizzato 10 orti scolastici e punta a estendere ulteriormente la sua rete nella regione araba. Nazarena Lanza, coordinatrice Slow Food per i Paesi del Nord Africa e Medio Oriente, ha detto che «Per noi è un onore accompagnare le agricoltrici siriane a visitare i nostri produttori e i nostri Presìdi. I Presìdi Slow Food aiutano agricoltori e produttori artigianali di tutto il mondo a tutelare il loro patrimonio alimentare e agricolo. Le donne siriane incontreranno agricoltori appartenenti a sei Presìdi dedicati alla produzione del burro dell’alta valle dell’Elvo, di olio extra vergine d’oliva, di miele di alta montagna, del formaggio Robiola di Roccaverano, dell’agnello Sambucano e dell’aglio di Vessalico. Saremmo lieti di consolidare questa alleanza e di organizzare altri workshop per migliorare la produzione alimentare in zone semi-aride con l’uso di pratiche agro-ecologiche. Anni di conflitti, cambiamento climatico e decenni di monocolture hanno causato una grave perdita di biodiversità e mancanza di competenze, che non hanno lasciato spazio all’agricoltura sostenibile».
Patrizia Epifania, del Programma della Fao in Siria, che accompagna le donne siriane nel corso di questa esperienza, ha aggiunto: «Ci auguriamo che questo viaggio di studio consentirà alle donne siriane di acquisire conoscenze tecniche e capacità imprenditoriali, con le quali potranno gradualmente convertire i loro prodotti fatti in casa in artigianali, in modo da poterli vendere anche a mercati più ampi».
Mike Robson, rappresentante della Fao in Siria, conclude: «Questa iniziativa fa parte dei più ampi sforzi della Fao per rafforzare l’agricoltura del Paese e migliorare la sicurezza alimentare di un popolo che ha sofferto moltissimo, ma è determinato a raccogliere i cocci e a rimettersi in piedi. In Siria la Fao sta aiutando le produttrici rurali e le loro comunità a diventare più autosufficienti, ottimizzando la loro produttività e le loro capacità imprenditoriali. La Fao fornisce input di alta qualità (per esempio sementi e fertilizzanti), formazione su agricoltura e commercio sostenibili, realizza sistemi d’irrigazione, crea e sostiene gruppi composti da produttrici e fruitori delle risorse idriche, rafforzando il ruolo delle donne in un momento nel quale si stanno facendo carico di moltissime responsabilità».