Ecco quali sono i green jobs più richiesti in Italia, e dove
L’occupazione verde nel 2018 è cresciuta rispetto al 2017 di oltre 100 mila unità, superando la soglia dei 3 milioni. L’analisi del rapporto GreenItaly 2019
[28 Ottobre 2019]
Nel 2018 il numero dei green jobs, elaborato a partire da una analisi dei microdati dell’indagine Istat sulle forze di lavoro, ha superato la soglia dei 3 milioni, arrivando a 3.100.000 mila unità, rappresentando il 13,4% del totale dell’occupazione complessiva, valore che nel 2017 era pari a 13,0%. L’occupazione green nel 2018 è cresciuta rispetto al 2017 di oltre 100 mila unità, con un incremento del +3,4% rispetto al +0,5% verificato per le altre figure professionali. Negli ultimi cinque anni la crescita complessiva è stata del +5,3% (altre figure professionali: +4,0%). Guardando ai dati regionali, la Lombardia concentra il 21,3% del green jobs occupati in Italia, seguita dal Lazio che ne somma un altro 10,3%: le due regioni da sole rappresentano un terzo delle professioni green del Paese. In termini di presenza relativa, a fronte del 13,4% nazionale si colgono valori di circa un punto più elevati nel Nord del Paese, con il Trentino-Alto Adige in testa (15,2%), seguito dalla Emilia-Romagna (15,0%), dalla Lombardia (14,9%) e dal Piemonte (14,2%). Nel Centro Italia i valori sono piuttosto omogenei intorno alla media di ripartizione (13,5%), mentre nel Mezzogiorno, rispetto all’11,1% riscontrato in media spiccano i valori del Molise (13,5%) e dell’Abruzzo (13,2%).
La domanda di green jobs delle imprese industriali e dei servizi
A partire dalle informazioni fornite dal Sistema Informativo Excelsior realizzato da Unioncamere con Anpal è possibile approfondire il tema della domanda di lavoro per green jobs, guardando alle previsioni di attivazione di nuovi contratti da parte delle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente. La rilevanza del tema è particolarmente evidente, se si pensa che sulla base delle previsioni del modello Excelsior, un terzo dei fabbisogni di competenze dei prossimi 5 anni saranno assorbiti dai temi della sostenibilità e del digitale, e la sostenibilità da sola spiega il 19% del totale. Nel 2019, il numero di contratti di attivazione prevista dalle imprese che riguardano i green jobs è pari a circa 521.747 unità, corrispondenti alla domanda di posizioni professionali il cui lavoro è finalizzato in modo diretto alla produzione di beni e servizi green o a ridurre l’impatto ambientale dei cicli produttivi. Il dato di flusso è superiore rispetto a quanto riscontrato nel precedente rapporto, in cui il valore era di 473.500 unità.
La domanda di green jobs si differenzia per un più elevato livello dei titoli di studio richiesti: nel 35,2% dei casi è richiesto un livello di istruzione universitario, a fronte di un valore del 9,8% rilevato per le altre figure professionali. Le conoscenze assumono quindi nel caso della green economy una maggiore centralità. Ciò trova conferma anche nella maggiore esigenza di formazione interna ed esterna rilevata (44,6% contro 36,4%). Dalle professionalità green le imprese si aspettano non solo formazione più elevata, ma anche una esperienza specifica nella professione, richiesta per il 32,3% dei contratti per green jobs previsti in entrata, contro il 17,7% delle altre figure, laddove è sostanzialmente indifferente tra green e non green l’esperienza nel settore. Si conferma anche per il 2019 il fatto che queste figure si caratterizzano anzitutto per una maggiore stabilità contrattuale: le assunzioni a tempo indeterminato sono oltre il 49,2% nel caso dei green jobs, quando nel resto delle altre figure tale quota scende a 25,7%. Ciò detto, è sempre molto accentuata per i green jobs la difficoltà di reperimento, che arriva al 41,1% per essi, contro 24,5% nel caso delle professioni non green. In parte tale fenomeno sembra essere anche il risultato delle maggiori aspettative che le imprese hanno rispetto ai green jobs, nell’ambito dei quali è fondamentale trovare un mix di preparazione di base, competenza ed esperienza. Guardando infine alle singole competenze trasversali, si verifica come queste siano ritenute dalle imprese molto importanti in maniera sistematicamente più frequente nel caso di contratti relativi a green jobs. La flessibilità e all’adattamento sono attitudini ritenute molto importanti per il 77,4% dei nuovi contratti relativi a green jobs, contro il 61,2% caratteristico delle altre figure professionali. Un’altra competenza richiesta in modo marcato nel caso dei green jobs è la capacità di lavorare in gruppo (66,5% contro 48,7%). Al terzo posto per importanza si colloca la capacità di risolvere problemi (63,3% contro 35,7%), assieme alla capacità di lavorare in autonomia (59,0% contro 37,9%). Infine, per circa il 47,5% delle professioni “verdi” programmate in entrata è importante il possesso della capacità comunicativa scritta e orale in italiano (contro 34,4% rilevato per i nuovi contratti non green), ma uno spread si rileva anche per la capacità comunicativa scritta e orale in lingue straniere (28,3% contro 15,6%).
Geografia dei green jobs
La Lombardia è la regione che concentra il maggior numero di contratti di green jobs 2019, con più di 137 mila contratti, corrispondenti al 26,3% del totale nazionale. Segue in classifica l’Emilia-Romagna, con 64 mila contratti di green jobs (11,8% del totale Italia) e quindi il Lazio (51 mila contratti, 9,8%). Al quarto posto si colloca il Veneto, con quasi 46 mila contratti (8,8%), seguito dal Piemonte (39 mila contratti, 7,5%). Nel Sud la prima regione è la Campania, che occupa il sesto posto, e in ciu si superano i 38 mila contratti green (7,3%). Passando al dato dell’incidenza di contratti relativi a green jobs la cui attivazione è prevista dalle imprese nel 2019 sul totale, il Nord Ovest presenta la quota più elevata (13,6%), seguito dal Centro (11,1%) e quindi dal Nord-Est (10,7%) e dal Mezzogiorno (9,4%). Tra le regioni spicca nuovamente la Lombardia, che quindi è leader anche per specializzazione green dei contratti (14,3%), oltre che per valore assoluto, cui segue il Piemonte (13,0%) e quindi l’Emilia-Romagna (12,7%). Nella classifica seguono il Lazio e il Veneto (regioni caratterizzate entrambe da una quota pari a 11,3%) e la prima regione del Sud, la Basilicata, con 11,2%. Scendendo nel dettaglio dei dati provinciali, la graduatoria per numerosità assoluta di nuovi contratti per green jobs riflette sostanzialmente i risultati osservati su scala regionale. La classifica vede al primo posto Milano, con 74 mila contratti relativi a green jobs la cui attivazione è prevista dalle imprese nel 2019: il 14,2% del totale nazionale. Segue nella lista Roma, dove la richiesta di green jobs raggiunge quasi 52 mila nuove attivazioni, in grande incremento rispetto a quanto riscontrato nel presente rapporto, tanto che la quota sul totale Italia è passata da 7,9% all’attuale 10,1%. Al terzo posto si colloca Torino, con quasi 25 mila nuovi contratti (4,7%) e al quarto Napoli, che sfiora il dato dei 24 mila contratti. Nella top ten delle province si trovano anche Brescia, Bergamo Bologna, Verona Bari e Padova, dove la domanda di green jobs supera sempre le 10.mila unità. Se si guarda all’incidenza di figure professionali green previste nei nuovi contratti sul totale 2019, si ritrovano nella graduatoria, molte delle province evidenziate per dati assoluti. Su tutte emerge nuovamente Milano, che con una quota di contratti green pari a 16,6% è in testa anche a questa seconda classifica. Allo stesso modo, valori elevati dell’indicatore si riscontrano anche da altre province di rilievo per presenza assoluta di contratti, come Bergamo (15,1%), Torino (14,8%), Monza e della Brianza (14,6%), Modena (13,7%), Treviso (13,6%) e Roma (13,4%).
Green jobs come leva per l’innovazione e la competitività
L’analisi della distribuzione dei nuovi contratti relativi a green jobs la cui attivazione è prevista dalle imprese nel 2019 per dipendenti per area aziendale, adottando la distinzione tra figure green e altre figure professionali, conferma il legame tra green economy e innovazione, e quindi competitività. Dei nuovi contratti per dipendenti previsti nell’area progettazione e ricerca e sviluppo, infatti, oltre i due terzi (66,4%) sono green jobs. Rilevante la presenza di green jobs anche nelle funzioni tecniche (48,2%) e in una strategica come quella del marketing e comunicazione (34,5%); ben più alta rispetto alla media (pari al 10,4), anche la presenza di figure “verdi” nell’area direzionale (23,9%). A tal proposito è interessante osservare anche come tra le entrate previste di green jobs sia più frequente l’immissione di nuove competenze e profili professionali capaci di incentivare nuovi percorsi di sviluppo, funzionali al potenziamento della competitività futura. Tra le figure green che le imprese hanno programmato di assumere attraverso nuovi contratti nel 2019, difatti, il 21,5% sono figure non in sostituzione e non presenti nell’azienda (il valore relativo alle altre figure professionali è pari a 17,8%).
Alcune professioni a maggiore sviluppo di competenze green
Dal 2017, sempre attraverso il Sistema Excelsior, è stato possibile misurare quanto le competenze verdi siano richieste dal mercato del lavoro. Non specificatamente “green jobs” in senso stretto, ma l’attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale che le imprese ricercano nei futuri nuovi occupati. Dopo le cosiddette “soft skill”, come la capacità di problem solving, l’attitudine al lavoro di gruppo, all’autonomia, alla flessibilità e all’adattabilità ecc., la competenza green si posiziona stabilmente prima della capacità comunicative scritte e orali in lingua italiana e di quelle straniere e persino prima delle competenze digitali e della conoscenza degli strumenti per la comunicazione visiva e multimediale. Secondo i dati 2018 la competenza green è considerata necessaria per svolgere la propria professione per il 78,8% dei 4,5 milioni di entrate programmate dalle imprese, cioè 3,6 milioni di posizioni; nel 2017 erano 3,1 milioni, ovvero il 76,8% su 4 milioni di entrate previste, vale a dire che in un solo anno si è registrato un incremento sia in termini percentuali che assoluti, con quasi mezzo milione di entrate previste in più. Andando a vedere i numeri delle professioni per le quali queste competenze sono considerate importanti ad un livello medio-alto, anche qui si registra un incremento: nel 2018 per il 38,5% del totale, vale a dire 1.752.000 posizioni, il grado di importanza di questa competenza è considerato elevato, mentre nel 2017 era il 36,8% equivalente a 1.506.690 unità: vale a dire quasi 250mila in più nel 2018. A chi è richiesta prevalentemente questa attitudine green? Considerando che in generale è richiesta a tutti, quelli per i quali sembra praticamente indispensabile sono tutti i gruppi di livello alto e di livello intermedio (dai dirigenti agli operai specializzati) per i quali la percentuale non scende mai al di sotto dell’80%. Ed è del 76% solo per i conduttori di impianti e del 73% per le professioni non qualificate. Entrando più nel dettaglio de gruppi ai primo posti troviamo i tecnici della produzione e preparazione alimentare (77%), gli ingegneri elettronici e in telecomunicazioni (73%), gli ingegneri civili (70%), i tecnici meccanici (65%), gli installatori di linee elettriche, riparatori e cavisti (59,4%), tecnici della gestione dei cantieri edili (58,8%), specialisti in contabilità e problemi finanziari ( 57,3%), esperti legali in imprese o enti pubblici (56,5%), tecnici della sicurezza sul lavoro (55,9%) e meccanici e montatori di apparecchi termici idraulici e di condizionamento (55,7%).
Quest’articolo è un estratto di GreenItaly 2019, il decimo rapporto della Fondazione Symbola e di Unioncamere promosso in collaborazione con Conai, Ecopneus e Novamont, con la partnership di Si.Camera e Ecocerved e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare