Nel mondo quasi 500.000 persone uccise da oltre 12.000 eventi meteorologici estremi e danni per 3,5 trilioni di dollari
Germanwatch: «I rischi climatici aumentano in tutto il mondo, anche per i Paesi ad alto reddito»
Italia tra i Paesi più colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici: dal 1999 si contano 19.947 morti riconducibili agli eventi meteorologici estremi. Ma non è una priorità politica
[5 Dicembre 2019]
Intense ondate di caldo, siccità e inondazioni: siamo portati, anche in un Paese fragile ed esposto come l’Italia, a pensare agli eventi meteorologici estremi come sfide enormi che riguardano soprattutto per i Paesi poveri, ma il Global Climate Risk Index 2020, presentato dal think tank ambientale Germanwatch in occasione della COP25 Unfccc in corso a Madrid, dimostra che «Anche i Paesi ad alto reddito sono sempre più minacciati dai rischi climatici». Nel 2018, Paesi industrializzati come il Giappone e la Germania sono stati colpiti più duramente dalle ondate di caldo e da gravi siccità. Le Filippine sono state colpite dal più potente tifone registrato in tutto il mondo nel 2018.
Germanwatch ottiene i suoi dati per calcolare annualmente il Global Climate Risk Index dal database NatCatSERVICE del colosso delle compagnie di assicurazioni Munich Re e dai dati socio-economici del Fondo monetario internazionale (FMI). Sebbene la valutazione dei crescenti danni e decessi non consenta di trarre semplici conclusioni sull’influenza del cambiamento climatico su questi eventi, mostra l’aumento di gravi catastrofi e fornisce una solida indicazione sulle conseguenze negli Stati e nei Territori di tutto il mondo. Dal 2006 Germanwatch presenta il Global Climate Risk Index alle COP Unfccc.
Guardando agli anni che vanno dal 1999 al 2018, i Paesi poveri hanno dovuto affrontare impatti molto più elevati: 7 dei 10 Paesi più colpiti in questo periodo sono Paesi in via di sviluppo con reddito medio pro capite basso o bassissimo. Secondo il Global Climate Risk Index i più colpiti a lungo termine sono stati Puerto Rico (territorio associato agli Usa, il solo Paese considerato ad alto reddito), Myanmar, Haiti, Pakistan e Filippine (Paesi a basso reddito), Thailandia e Dominica (Paesi a reddito medio).
Nel Climate Risk Index per il periodo 1999–2018, la classifica di rischio a lungo termine l’Italia si piazza nella terza fascia, che va dal 21esimo al 50esimo posto: è sesta per vittime – sono ben 19.947 le morti riconducibili agli eventi meteorologici estremi – nona per vittime ogni 100.000 abitanti e 18esima per perdite economiche. Nel 2018 l’Italia è stata ottava al mondo per danni subiti rispetto al PIL e 27esima in assoluto, mentre siamo 28esimi per vittime subite a causa dei cambiamenti climatici. Dati che confermano che l’emergenza climatica è la vera priorità del nostro Paese che la politica non vede e non affronta, accorgendosene solo quando Venezia finisce sott’acqua, un uragano spazza via intere foreste sulle alpi, le frane si portano via strade e autostrade, il caldo ci soffoca per qualche settimana… per poi scordarsene subito dopo e distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica con pericoli inesistenti, invasioni inventate, sovranismi padani anti-europeisti riciclati in salsa patriottica tricolore.
Eppure che si tratti anche di un’emergenza economica e sociale globale e da affrontare localmente e globalmente lo dicono le cifre: in tutto il mondo, negli ultimi 20 anni ci sono state circa mezzo milione di vittime causate da oltre 12.000 eventi meteorologici estremi. I danni economici ammontano a circa 3,54 trilioni di dollari.
Nel 2018 i Paesi più colpiti economicamente (in base ai rispettivi Pil, morti e danni subiti e indice di sviluppo umano) dalle conseguenze del riscaldamento globale sono stati. Nell’ordine: Giappone, Filippine, Germania, Madagascar, India, Sri Lanka. Kenya, Rwanda, Canada, Isole Fiji.
David Eckstein di Germanwatch sottolinea che «Il Climate Risk Index dimostra che i cambiamenti climatici hanno impatti disastrosi soprattutto per i Paesi poveri, ma causano anche danni sempre più gravi in Paesi industrializzati come il Giappone o la Germania, Paesi come Haiti, Filippine e Pakistan vengono ripetutamente colpiti da eventi meteorologici estremi e non hanno tempo per riprendersi completamente. Questo sottolinea l’importanza di meccanismi di sostegno finanziario affidabili per i Paesi poveri come questi, non solo per l’adattamento ai cambiamenti climatici, ma anche per affrontare le perdite e i danni indotti dal clima».
I dieci Paesi più a rischio sul lungo periodo secondo il Global Climate Risk Index sono: Puerto Rico, Myanmar, Haiti, Filippine, Pakistan, Vietnam, Bangladesh, Thailandia, Nepal e Dominica.
Renato Redentor Constantino, direttore esecutivo dell’Institute for Climate and Sustainable Cities delle Filippine, aggiunge: «Coloro che sono i meno responsabili del problema, sono quelli che soffrono di più. Questo è inaccettabile».
Nel 2018 a causare più danni sono state le ondate di caldo: dei 10 Paesi più colpiti l’anno scorso, Germania, Giappone e India hanno sofferto di lunghi periodi di calura estrema. Germanwatch ricorda che «La scienza più recente ha confermato il legame ormai consolidato tra i cambiamenti climatici e la frequenza e la gravità del caldo estremo. In Europa, ad esempio, gli episodi di caldo estremo sono ora fino a 100 volte più probabili di un secolo fa. Inoltre, a causa della mancanza di dati, gli impatti delle ondate di caldo nel continente africano potrebbero essere sottorappresentati».
Tornando alla Cop25 Unfccc di Madrid, Laura Schaefer di Germanwatch evidenzia che «Il vertice sul clima deve affrontare la mancanza finora di ulteriori finanziamenti per il clima per aiutare le persone e i Paesi più poveri ad affrontare perdite e danni. Sono colpiti più duramente dagli impatti dei cambiamenti climatici perché mancano della capacità finanziaria e tecnica per affrontare le perdite e danni. La conferenza sul clima deve pertanto sfociare in una decisione per determinare periodicamente le esigenze di sostegno dei Paesi vulnerabili per i danni futuri. Inoltre la COP25 deve decidere le misure necessarie per generare risorse finanziarie affidabili per soddisfare tali esigenze. Tuttavia, l’attuazione dell’adattamento ai cambiamenti climatici deve anche essere rafforzato».