Depurare l’acqua con nano-fogli di grafene
Studio del Cnr: catturano nuovi contaminanti nell'acqua potabile
[18 Dicembre 2019]
Lo studio ”Graphene oxide–polysulfone filters for tap water purification, obtained by fast microwave oven treatment”, pubblicato su Nanoscale nell’ambito del progetto europeo Graphene Flagship, illustra un nuovo composito messo a punto dai ricercatori degli Istituti per la sintesi organica e fotoreattività e per la microelettronica e microsistemi del Cnr e dell’Industrial and Materials Science della Chalmers University of Technology che «rende più efficaci i filtri per rimuovere principi attivi di farmaci, cosmetici o detergenti presenti nella rete idrica e spesso non eliminati dai trattamenti convenzionali».
Al Cnr ricordano che «Tra le molte fragilità delle nostre risorse idriche vi è la presenza di nuove sostanze potenzialmente dannose che richiedono efficaci soluzioni per la depurazione». La nuova tecnologia impiega il grafene per potenziare le membrane filtranti polimeriche e i coordinatori del team di ricercatori, Manuela Melucci e Vincenzo Palermo di Cnr-Isof, spiegano che «Combinando fogli di ossido di grafene (GO) con membrane di polisulfone e derivati (PSU), abbiamo realizzato filtri capaci di catturare contaminanti organici, molecole costituenti principi attivi di farmaci, cosmetici o detergenti che spesso non sono eliminati dai trattamenti convenzionali e che possono quindi contaminare le acque della rete idrica».
La capacità di filtraggio del nuovo GO-PSU è stata testata su campioni di acque contaminate con sostanze come la rodamina, colorante molto usato in campo tessile e farmaceutico, l’antibiotico ofloxacina e l’antinfiammatorio diclofenac, principi attivi presenti in decine di colliri, compresse, pomate. Vincenzo Palermo del Cnr-Isof e vicedirettore di Graphene Flagship, sottolinea che «Queste molecole fanno parte dei cosiddetti inquinanti emergenti – farmaci, pesticidi, detergenti e fragranze varie – individuati recentemente nelle acque potabili e oggetto di attenzione per i possibili rischi per la salute e l’ambiente, tanto da richiedere la revisione della direttiva europea sull’acqua potabile attualmente al vaglio della Ue. Le misure hanno confermato che le performance di filtraggio delle membrane di polisulfone addizionato con ossido di grafene superano di oltre tre volte quelle del materiale standard contenente solo polisulfone. Le eccellenti prestazioni sono dovute alle proprietà uniche dei materiali bidimensionali, in particolare alla struttura dell’ossido di grafene: la disposizione a strati di questi foglietti, separati tra loro da distanze nanometriche che possiamo controllare, è ideale per intrappolare le molecole contaminanti e più efficiente di quella di classici filtri tridimensionali»
La tecnica sviluppata dai ricercatori italiani è una novità già protetta da una domanda di brevetto internazionale e la Melucci evidenzia che «Tutto il procedimento si svolge in acqua, senza l’uso di solventi chimici e utilizza le microonde per immobilizzare stabilmente i foglietti di grafene sul polimero. Poiché qualsiasi materiale per la depurazione delle acque non deve rilasciare ulteriori contaminanti nell’acqua filtrata, è infatti essenziale che gli additivi usati per potenziare le membrane siano immobilizzati in maniera stabile. I test eseguiti inserendo il composito GO-PSU in cartucce filtranti commerciali hanno confermato la grande stabilità del nuovo materiale che non presenta rilascio di grafene nelle acque trattate, nei limiti di rivelabilità analitici disponibili».
I vantaggi del nuovo materiale non finiscono qui. I ricercatori concludono: «Le membrane GO-PSU possono essere recuperate dopo l’uso, lavate con un solvente specifico per rimuovere i contaminanti che hanno raccolto e impiegate nuovamente. Inoltre, la tecnica per addizionare l’ossido di grafene può essere applicata anche a scarti della produzione industriale di membrane in polisulfone, riutilizzando residui di processo altrimenti da smaltire e abbattendo i costi. Infine, sfruttando la possibilità di funzionalizzare chimicamente il grafene, si potrebbero creare membrane che filtrino solo determinati inquinanti di specifico interesse».