I piccoli mammiferi aiutano le foreste ad adattarsi ai cambiamenti climatici

Se e in che modo le foreste si adattano ai cambiamenti climatici può riguardare sia gli animali che gli alberi.

[9 Gennaio 2020]

Quando pensiamo al futuro delle foreste ci chiediamo se le specie di alberi più ecologicamente importanti riusciranno a non sprofondare nell’abisso ormai aperto del cambiamento climatico, ma il nuovo studio “Small mammal controls on the climate‐driven range shift of woody plant species”, pubblicato su  Oikos da un team di ricercatori dell’università del Maine e dello Schoodic Institute dell’Acadia National Park, invita a prendere in considerazione il fatto che la resilienza delle foreste potrebbe venire da dove meno ci se la aspetta: dai piccoli mammiferi come gli scoiattoli.  Come scrive Brandon Keim in un commento allo studio su Anthropocene, «Sono queste piccole creature boschive che alla fine trasporteranno i semi dalle vecchie case alle nuove».

Tuttavia, nonostante la loro importanza, pochi ricercatori hanno studiato esattamente come questi animali reagiscono ai semi di piante sconosciute che, spinte dal riscaldamento globale, colonizzano i loro areali. Cosa succede quando, ai confini di un areale in espansione, uno scoiattolo o un’arvicola trovano una noce o un frutto che non hanno mai visto prima?

Il principale autore dello studio, Alessio Mortelliti del Deptartment of Wildlife, Fisheries and Conservation Biology dell’università del Maine, risponde così a questa domanda: «Non possiamo dare per scontato che gli animali disperderanno semi casualmente. Il modo in cui si svilupperà successivamente questa interazione potrebbe avere conseguenze drammatiche e può svolgere un ruolo importante nel determinare quale specie si espanderà con successo».

Lo studio si è sviluppato nel Maine orientale, dove attualmente c’è il limite settentrionale dell’areale di circa 64 specie di piante legnose, rendendo la regione un laboratorio vivente per studiare i cambiamenti che avvengono in un areale. I ricercatori hanno raccolto 18 specie che nel prossimo futuro dovrebbero migrare più a nord – tra le quali lo shagbark (Carya ovata), il bitternut hickory (Carya cordiformis), lo spicebush (Lindera benzoin), il sassafrasso (Sassafras albidum) , la quercia castagna (Quercus montana) e il rovere nero orientale (Quercus velutina) – in 131 località dell’Acadia National Park, e hanno messo semi di queste nuove piante accanto a quelle di specie locali e familiari per i piccoli mammiferi della foresta. Hanno monitorato questi siti con telecamere attivate dal movimento. Mentre in altri siti si sono concentrati su semi particolarmente grandi, come ghiande e noci, taggandoli con etichette che ne hanno consentito il successivo recupero.

A quanto pare, i piccoli mammiferi dell’Acadia National Park hanno trovato i nuovi semi abbastanza appetitosi, preferendoli a volte a quelli conosciuti e, mentre molti dei semi venivano completamente consumati, altri finivano per cadere o venivano seppelliti e dimenticati, una fase essenziale per la dispersione dei semi e per il ciclo di crescita ed espansione delle foreste. Circa un terzo di questi semi è finito in luoghi adatti alla crescita, come sotto la lettiera di foglie o nei tronchi caduti e i semi più grossi sono quelli che hanno mostrato unna maggiore propensione a germinare nel nuovo ambiente.

«In breve – spiegano Mortelliti e il suo team – i piccoli mammiferi hanno svolto il loro lavoro di dispersione dei semi con le nuove e le vecchie specie ed è qualcosa a cui la gente dovrebbe prestare maggiore attenzione. Gli scienziati che cercano di prevedere le migrazioni delle piante devono includere nei loro modelli i piccoli mammiferi e altri dispersori di semi; le persone che sperano di nutrire le foreste future dovrebbero considerare queste creature come loro partner nella conservazione».

Ora il team di Mortelliti sta studiando l’impatto delle strade sulla dispersione dei semi e sulla migrazione delle piante ed è anche interessato a capire come la “personalità” di ogni animale influenza queste attività. Keim conclude: «Poiché le pressioni umane favoriscono l’evoluzione di alcuni tipi di comportamento – audace o timido, ansioso o accomodante – che a sua volta può modellare la diffusione dei semi, se e in che modo le foreste si adattano ai cambiamenti climatici può riguardare tanto gli animali quanto gli alberi».