Ecco qual è l’impatto della geotermia su inquinamento atmosferico e clima in Italia
L’uso di questa fonte rinnovabile permette di tagliare le emissioni di inquinanti e di CO2 non solo nel nostro Paese ma in tutta Europa, spiega l’Agenzia europea dell’ambiente
[7 Febbraio 2020]
A causa della crisi climatica in corso l’Italia ha appena attraversato il decennio più caldo della sua storia – che ha toccato l’apice in Europa proprio nel 2019 –, e ha iniziato il 2020 con parametri critici per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico in molte regioni (Toscana compresa, in particolare nella piana fiorentina e lucchese). Per migliorare la nostra salute e quella del pianeta è dunque urgente conquistare nuovi progressi sul fronte della transizione energetica: incrementare l’impiego delle fonti rinnovabili come la geotermia costituisce una passo fondamentale da compiere, come mostrano i dati raccolti dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) nel suo ultimo rapporto Renewable energy in Europe, al quale ha contributo tra gli altri l’esperto di politiche energetiche Filippo Antonio Capizzi.
Come ricorda l’Eea, l’Agenzia europea che ha il compito di fornire informazioni attendibili e indipendenti sull’ambiente, ad oggi nell’Ue circa il 20% di tutta l’energia impiegata per il riscaldamento arriva da fonti rinnovabili, come l’8% di quella utilizzata per i trasporti e il 30% dell’elettricità, con indubbi vantaggi per quanto riguarda il contrasto alla crisi climatica: «Negli ultimi due decenni, il consumo di energia rinnovabile è aumentato rapidamente in tutta Europa in risposta a politiche e misure dedicate, e alla riduzione dei costi. Se la quota di energia rinnovabile dell’Ue non fosse cresciuta dal 2005 sarebbe stato necessario bruciare una quantità significativa di combustibili fossili per soddisfare il nostro fabbisogno energetico. In questo caso, nel 2018 le emissioni di gas a effetto serra nell’Ue sarebbero state superiori dell’11%, compromettendo il raggiungimento degli obiettivi europei di mitigazione dei cambiamenti climatici».
Per quanto riguarda invece la lotta all’inquinamento atmosferico l’impiego di alcune fonti rinnovabili comporta anche effetti non positivi: «Dal 2005 – argomenta la Eea – la crescente sostituzione di combustibili fossili inquinanti con energia rinnovabile in tutta l’Ue ha portato a una riduzione del 7% delle emissioni totali di anidride solforosa (SO2) e una riduzione dell’1% delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) nel 2017. Al contrario, il particolato (PM) rilasciato in atmosfera e le emissioni di composti organici volatili (VOC) sono aumentati a causa della crescita della combustione di biomassa dal 2005. Il PM2,5 è aumentato dell’11%, il PM10 del 7% e i COV del 4%».
In questo contesto, qual è dunque il ruolo esercitato dalla geotermia? Per rispondere, l’Eea ha analizzato l’impatto di questa fonte rinnovabile sia sul versante della produzione elettrica sia su quello del calore.
Ne risulta che l’incremento nell’impiego della geotermia per la produzione di energia elettrica, conseguito a partire dal 2005, ha evitato nel 2018 l’emissione di 1 Mt di CO2 e il consumo di 270 ktoe di combustibili fossili; al contempo, l’incremento nell’ambito della produzione di calore ha evitato l’emissione di 1 altra Mt di CO2 e il consumo di altri 346 ktoe di combustibili fossili.
Dati che mostrano chiari benefici nella lotta ai cambiamenti climatici, e che trovano corrispettivi positivi anche nel contrasto all’inquinamento atmosferico. La Eea documenta infatti che l’incremento dell’elettricità geotermica ha permesso (nel 2017) di tagliare di 0,3 kt le emissioni di NOx e di 0,1 kt le emissioni di SO2, senza aumentare quelle di PM10, PM2,5 e VOC; un ruolo che va sommato a quello offerto dalla produzione di calore geotermico, che è stato molto rilevante in quanto la climatizzazione degli edifici attraverso combustibili tradizionali rappresenta una delle principali cause dell’inquinamento atmosferico. Infatti, l’incremento nella produzione di calore da geotermia ha tagliato di 0,6 kt le emissioni di NOx, di 0,2 kt le emissioni di PM10, di 0,2 kt le emissioni di PM2,5, di 0,6 kt le emissioni di SO2 e di 0,1 kt quelle di VOC.
Dalla geotermia arrivano dunque chiari benefici contro la crisi climatica e l’inquinamento atmosferico, che da solo ha provocato oltre 400mila morti premature nell’Ue nel solo 2016. Anche in Italia, dove l’inquinamento atmosferico miete almeno 76.200 vittime l’anno (14.600 da NO2, 3.000 da O3, 58.600 da PM2,5) e dove i cambiamenti climatici hanno investito il territorio con 157 eventi climatici estremi nell’ultimo anno, l’impiego della geotermia ha garantito importanti vantaggi.
Come mostra infatti l’Agenzia europea dell’ambiente, al 2018 l’incremento nella produzione geotermoelettrica – ad oggi presente esclusivamente in Toscana – ha consentito all’Italia di evitare l’impiego di 164,09 ktoe di combustibili fossili, oltre all’emissione in atmosfera di 0,51 Mton di CO2 e di numerosi inquinanti: 0,15 kt di NOx, 0,01 kt di PM10, 0,05 kt di SO2 e 0,04 kt di VOC. Al contrario, un decremento nell’impiego dell’energia geotermica è collegato a un aumento di gas climalteranti e di inquinanti rilasciati in atmosfera: in tutta Italia infatti l’impiego di questa fonte rinnovabile nel settore “riscaldamento e raffrescamento” – concentrato in Toscana ma anche in Veneto, Campania, Puglia, Lazio e altre regioni – rispetto al 2005 risulta in calo nel mix energetico (sebbene in termini assoluti l’utilizzo di energia geotermica a fini di riscaldamento sia aumentato), e questo si rispecchia nel 2018 in un maggiore impiego di combustibili fossili (+70,34 ktoe) oltre che in maggiori emissioni di CO2 (+0,18 Mton) e di inquinanti come NOx (+0,09 kt) e VOC (+0,01 kt).
«Le tecnologie che non bruciano combustibili rinnovabili (come eolico, solare fotovoltaico, geotermia, pompe di calore, solare termico, etc) – confermano al proposito dalla Eea – hanno il maggior impatto riducente sull’emissione di inquinanti atmosferici».