Essenziale salvaguardare specie “chiave di volta” come gli elefanti
La foresta pluviale amazzonica potrebbe scomparire già entro 50 anni (VIDEO)
Raggiunto il punto di non ritorno, i grandi ecosistemi collassano molto più velocemente di quanto credessimo
[11 Marzo 2020]
Una volta raggiunto il punto di non ritorno, i grandi ecosistemi, come la foresta pluviale amazzonica, scompariranno in modo incredibilmente veloce. E’ quanto emerge dallo studio “Regime shifts occur disproportionately faster in larger ecosystems”, pubblicato su Nature Communications da Gregory Cooper del Centre for development, environment and policy (CeDEP) dell School of oriental and african Studies dell’università di Londra, Simon Willcock della School of natural sciences della Bangor University e John Dearing del Depatment of geography and environmental science dell’università di Southampton, e I ricercatori britannici rivelano a che velocità, una volta raggiunto il punto oltre il quale collassano, scompaiono ecosistemi di dimensioni diverse, trasformandosi in ecosistemi alternativi.
Alla Bangor University fanno un esempio: «Una volta raggiunto il “punto di non ritorno”, l’iconica foresta pluviale amazzonica potrebbe trasformarsi entro 50 anni in un ecosistema tipo savana con un mix di alberi ed erba».
Secondo lo studio “Amazon tipping point: Last chance for action”, pubblicato nel dicembre 2019 su Science Advances da Thomas Lovejoy della George Mason University e Carlos Nobre dell’Universidade de São Paulo, dopo gli incendi e i disboscamenti, molti ecosistemi dell’Amazzonia e dell’Australia sono pericolosamente vicini al punto di non ritorno.
Wilcock sintetizza: «Sfortunatamente, ciò che rivela il nostro studio è che l’umanità deve prepararsi ai cambiamenti molto prima del previsto. Questi rapidi cambiamenti negli ecosistemi più grandi e iconici del mondo avrebbero un impatto sui benefici che ci offrono, che comprendono tutto: dal cibo ai materiali, all’ossigeno e all’acqua di cui abbiamo bisogno per la vita».
Ma si può fare ancora qualcosa per rallentare il collasso di questi ecosistemi? Secondo i ricercatori britannici sì: «Gli ecosistemi composti da un certo numero di specie interagenti, piuttosto che quelli dominati da una singola specie, possono essere più stabili e richiedere più tempo per passare a stati ecosistemici alternativi. Questi offrono opportunità per mitigare o gestire gli effetti peggiori».
Ad esempio, gli elefanti sono definiti una specie “chiave di volta” in quanto hanno un impatto sproporzionatamente grande sul territorio: fanno pressione sugli alberi, ma disperdono anche i semi su grandi distanze. Gli autori dello studio dicono che la perdita di specie importanti come gli elefanti «Porterebbe a un rapido e drammatico cambiamento nel territorio durante la nostra vita».
Cooper sottolinea che «Questo è un altro argomento forte per evitare di degradare gli ecosistemi del nostro pianeta; dobbiamo fare di più per conservare la biodiversità».
E Dearing conclude: «Intuitivamente, presumevamo che i sistemi di grandi dimensioni sarebbero crollati più lentamente di quelli piccoli, a causa del tempo necessario affinché gli impatti si diffondessero su grandi distanze. Ma quel che è stato inaspettato è stata la scoperta che i grandi sistemi collassano molto più velocemente di quanto ci si potrebbe aspettare: anche il più grande sulla Terra richiederebbe solo alcuni decenni».