Clima, cosa possiamo imparare dagli effetti di Covid-19 sulle emissioni di CO2 italiane
Ronchi: «Si dovranno mettere in campo politiche e misure tali da garantire livelli di emissione di CO2 paragonabili a quelli di queste ultime settimane in un Paese che cresce, con un sistema produttivo pienamente operativo e elevati livelli di occupazione»
[24 Aprile 2020]
L’Italia, ormai da troppi anni, si è arenata sul fronte della lotta contro la crisi climatica: gli ultimi dati Ispra mostrano che le emissioni nazionali di gas serra sono diminuite del 17% rispetto al 1990, ma nell’ultimo anno censito (il 2018) sono calate solo dello 0,9%. Sono pressoché stabili dal 2014, mentre gli obiettivi annunciati dalla Commissione Ue per il 2030 impongono un taglio del 50-55% rispetto al 1990; significa che in meno di dieci anni dovremo fare molto più di quanto non abbiamo ottenuto negli ultimi trenta. Per dare un’idea dello sforzo necessario – come spiega oggi Italy for climate, l’alleanza per il clima fra le imprese italiane lanciata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile – si dovrà ottenere un calo nelle emissioni paragonabile a quello che stiamo subendo a causa della pandemia, con una non trascurabile differenza: nel mentre il Paese deve ripartire.
Il dossier Gli effetti del lockdown sulle emissioni di CO2 in Italia, una prima analisi congiunturale stima infatti che nel mese di marzo in Italia ci sia stato un calo delle emissioni di CO2 da combustibili fossili di circa 17% rispetto allo stesso mese del 2019, pari a circa 5,7 milioni di tonnellate di CO2 in meno; nelle prime settimane di aprile si arriva invece a una riduzione delle emissioni del 23% per l’energia elettrica, del 26% per il gas e del 50% per i prodotti petroliferi.
Solo in questi due mesi si prevede l’emissione di oltre 20 milioni di tonnellate di CO2 in meno rispetto all’anno precedente: nella fase di piena operatività delle misure di restrizione imposte da Covid-19, la riduzione delle emissioni può essere stimata attorno al 35%. Si tratta di un crollo «molto vicino a quello che dovrebbe essere il taglio da raggiungere in appena un decennio per centrare gli obiettivi di Parigi e non far precipitare la crisi climatica».
L’arrivo della pandemia, però, non rappresenta affatto una buona notizia per lo sviluppo sostenibile del Paese: è vero semmai il contrario. «Gli effetti di questa crisi potrebbero in realtà allontanarci agli obiettivi di Parigi di stabilizzazione del clima – spiega il dossier – per almeno due ordini di ragioni: non si tratta di riduzioni dovute a interventi strutturali favorevoli nei processi di produzione e consumo; dopo la crisi si potrebbe cedere alla tentazione di puntare su misure in favore di attività e processi ambientalmente inefficienti e ad alta intensità carbonica. Se non si metteranno in campo politiche fortemente orientati a criteri green e low carbon, il 2021 sarà caratterizzato da una crescita delle emissioni di gas serra mai visto dal dopoguerra a oggi».
Non a caso un andamento simile si è già concretizzato a causa della crisi economica del 2009, quando le emissioni globali calarono di 460 milioni di tonnellate di CO2 in un anno. Poi nel 2010 abbiamo registrato un aumento di un miliardo di tonnellate. Secondo Faith Birol, direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) potrebbe accadere anche stavolta: «È molto importante capire che con ogni probabilità si tratta solo di un rallentamento di breve periodo, a cui potrebbe facilmente fare seguito una ripresa della crescita delle emissioni non appena le attività economiche torneranno a regime».
La crisi da coronavirus non cancella quella climatica, e per evitare di essere travolti c’è una sola strada da percorrere per uscire da entrambe: quella di un Green deal. «Per riuscire a essere in linea con Parigi – conclude Edo Ronchi, già ministro dell’Ambiente e oggi alla guida della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – si dovranno mettere in campo politiche e misure tali da garantire livelli di emissione di CO2 paragonabili a quelli di queste ultime settimane in un Paese che cresce, con un sistema produttivo pienamente operativo e elevati livelli di occupazione. Uno sforzo titanico necessario per evitare un’altra grande crisi, quella climatica, anche perché la storia insegna che dopo una crisi economica e un calo significativo delle emissioni queste potrebbero tornare a crescere anche più di prima».
L. A.