Dare gambe all’economia (legale) della canapa per una ripresa verde post-coronavirus
«Un ettaro di canapa può immagazzinare fino a 13,4 tonnellate di CO2, rendendolo efficiente come un ettaro di foresta tropicale»
[28 Aprile 2020]
Le potenzialità economiche della canapa rimangono ancora tutte da esplorare per il nostro Paese, nonostante l’Italia negli anni ‘40 fosse – con quasi 100mila ettari coltivati – il secondo maggior produttore al mondo, dietro soltanto all’Unione Sovietica. L’impatto senza precedenti della pandemia da coronavirus sul tessuto economico europeo e nazionale potrà aiutare a impostare il dibattito politico secondo criteri di maggiore razionalità?
L’uso ricreativo della cannabis, come noto, rappresenta ad oggi un mercato illegale dove spadroneggiano organizzazioni criminali, mentre una legalizzazione del comparto si stima comporterebbe benefici fiscali per lo Stato pari a 6-8,7 miliardi di euro all’anno (in termini di maggiore gettito e riduzione delle spese per la repressione). Ma neanche il mercato (legale) della canapa industriale gode però di buona salute, a causa di pregiudizi e soprattutto di un quadro normativo tutt’altro che chiaro.
Per questo Federcanapa ha realizzato, insieme all’Associazione europea della canapa industriale (Eiha), un Manifesto della canapa per spiegare che «oltre i preconcetti la canapa può diventare un alleato di una ripresa economica verde». Il Manifesto sottolinea in particolare «l’enorme potenziale del settore europeo della canapa nell’accelerare la transizione verso un’economia sostenibile e a zero emissioni, principi in linea con l’European Green Deal recentemente presentato dal Presidente della Commissione».
La canapa, come ricorda il Manifesto, è «una delle più antiche colture dell’umanità ed è stata coltivata in gran parte in tutta Europa fin dall’inizio della storia», e oggi può avere un ruolo positivo in più ambiti della green economy.
«La canapa – si legge nel Manifesto – è un impressionante deposito di diossido di carbonio: mentre la pianta fissa il CO2 nel terreno, grazie al suo profondo apparato radicale, i suoi biomateriali derivati aumentano ulteriormente il bilancio complessivo di cattura della coltura. Un ettaro di canapa può immagazzinare fino a 13,4 tonnellate di CO2, rendendolo efficiente come un ettaro di foresta tropicale». Inoltre se utilizzata come coltura rotativa, la canapa «migliora le rese delle colture successive e ripristina la salute del suolo: grazie alla sue radici ha la capacità di rimuovere i metalli pesanti dai terreni». Al contempo «la canapa ha bisogno di meno input rispetto alla maggior parte delle altre colture di fibre (acqua, pesticidi ed erbicidi sono utilizzati a basse dosi)» e della canapa «nulla va sprecato. Steli, radici, foglie, fiori e semi possono essere trasformati e utilizzati per molti prodotti diversi: tessili, carta, corde, materiale isolante, pannelli di fibre, bioplastiche, compost, lettiere per animali, carburante, vernici, mangimi, alimenti, integratori alimentari, cosmetici, preparati medicinali».
Come dare dunque slancio al settore? Nel Manifesto sono 10 i punti chiave che forniscono proposte concrete: di seguito riportiamo il decalogo in via integrale.
Le proposte di Eiha e Federcanapa
- Le politiche pubbliche dovrebbero promuovere l’uso della canapa negli alimenti, nei mangimi e nei prodotti manifatturieri e finanziare lo sviluppo di catene di valore sostenibili.
- Gli Stati membri dovrebbero avvalersi della possibilità di destinare parte della dotazione di pagamenti diretti a interventi settoriali volti a promuovere la produzione e la trasformazione della canapa.
- Gli operatori del settore della canapa dovrebbero essere autorizzati a registrare le denominazioni di origine protetta e le indicazioni geografiche protette (IG).
- Il contributo ambientale della pianta di canapa deve essere riconosciuto e deve essere incoraggiato l’uso della canapa come cultura capace di catturare carbonio.
- Il legislatore europeo dovrebbe prevedere una semplificazione delle nuove misure greening (GAEC) per i coltivatori di canapa, ad esempio escludendo la canapa dall’obbligo di avere superfici non produttive.
- I coltivatori di canapa dovrebbero ricevere una compensazione per le esternalità ambientali positive, possibilmente nell’ambito del sistema di scambio di emissioni esistente o di un nuovo sistema.
- Al fine di incrementare gli investimenti, dovrebbero essere concessi incentivi alle imprese che sviluppano o implementano tecnologie e prodotti ecocompatibili.
- Gli Stati membri non dovrebbero applicare la legislazione sul controllo della droga alla canapa e ai suoi prodotti derivati, purché siano rispettati i limiti stabiliti per il contenuto di THC.
- I prodotti industriali della canapa non sono medicine (non hanno il potenziale per alleviare il dolore e la sofferenza) né tantomeno stupefacenti (non ci può essere abuso o dipendenza). Pertanto, riflettendo in particolare lo spirito e gli obiettivi della Convenzione Unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti, la canapa e i suoi derivati dovrebbero essere considerati al di fuori dell’ambito dei controlli internazionali sulle droghe.
- Il livello massimo di THC consentito deve essere riportato dallo 0,2% allo 0,3%.
- Ciò consentirebbe al settore di allinearsi agli standard internazionali e di iniziare a coltivare varietà nuove e più adatte a soddisfare le pratiche degli agricoltori e le tendenze dei consumatori.
- Gli operatori devono essere autorizzati a utilizzare tutte le parti della pianta – compresi fiori e foglie – e commercializzare qualsiasi tipo di prodotto, nel rispetto dei limiti per il contenuto di THC.
- Il vero valore aggiunto della canapa è la possibilità di utilizzare l’intera pianta; tuttavia, alcuni paesi dell’UE vietano ancora l’uso e la commercializzazione di foglie e fiori. Dare agli operatori la possibilità di commercializzare tutte le parti della pianta ridurrebbe gli sprechi e massimizzerebbe la redditività della coltura. Ciò si tradurrebbe in un aumento dei redditi per gli agricoltori e gli altri operatori lungo la catena del valore.
- Le preparazioni a base di canapa con un contenuto di cannabinoidi naturali non dovrebbero essere considerate come nuovi alimenti (novel food).
- Le prove storiche mostrano che prodotti derivanti dalla canapa (fiori, foglie ed estratti di canapa) contenenti livelli naturali di cannabinoidi, erano ampiamente consumati prima del 1997. La canapa è sempre stata parte integrante della dieta umana.
- Non vi è alcun rischio per la salute e quindi nessuna giustificazione sanitaria che legittimi una restrizione all’accesso dei consumatori dell’UE ai prodotti di canapa.
- Si dovrebbero stabilire valori guida meno restrittivi per il THC negli alimenti e nei mangimi.
- La valutazione del rischio da parte dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e dell’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (BfR) sull’assunzione di THC attraverso alimenti contenenti canapa non soddisfa gli standard scientifici. L’attuale raccomandazione dell’EFSA e i valori guida BfR per il THC negli alimenti sono obsoleti, inutilmente restrittivi e dovrebbero essere urgentemente rivisti sulla base di una solida valutazione scientifica. Una nuova valutazione dovrebbe basarsi su valori sviluppati scientificamente da mercati rinomati (ad esempio Canada, USA, Svizzera) e creare eque opportunità competitive per l’industria europea della canapa.
- Si dovrebbe stabilire un approccio europeo per armonizzare i limiti nazionali e allinearli ai più recenti standard internazionali e agli studi di ricerca scientifica.
- Tutte le materie prime derivate dalla canapa dovrebbero essere ammesse come ingredienti per i cosmetici.
- La Commissione UE ritiene che alcuni prodotti derivati dalla canapa utilizzati nei cosmetici rientrino nelle misure di controllo dei narcotici. Partendo dal presupposto che la canapa industriale non è un narcotico, il database degli ingredienti dei cosmetici dovrebbe essere modificato di conseguenza.
- Non vi è alcuna ragione per limitare il cannabidiolo naturale nell’uso cosmetico, allorché è autorizzato il cannabidiolo sintetico. Chiaramente nessun rischio per la salute deriva dall’uso di questi ingredienti, siano essi naturali o sintetici.
- L’UE dovrebbe valorizzare e promuovere l’uso delle fibre di canapa per la produzione di fibre corte e lunghe per i prodotti tessili e favorire la creazione di catene del valore sostenibili.
- All’indomani della seconda guerra mondiale, i paesi europei hanno sostituito massicciamente l’uso di fibre naturali con fibre sintetiche a base di carbonio, poiché più economiche. Da allora, quasi tutti gli impianti di disintegrazione delle fibre di canapa sono stati chiusi. È urgente ricostruire la filiera in Europa ed evitare la delocalizzazione.
- La prima trasformazione (stigliatura e cardatura) della fibra dovrebbe essere incentivata, attraverso specifici aiuti finanziari e garantendo agli operatori l’accesso alla formazione professionale.
- Gli obiettivi specifici della politica di R&S dovrebbero mirare al miglioramento della genetica della pianta per la produzione di fibra tessile, dell’aspetto tecnico delle linee di produzione e della qualità del filato.
- L’uso di materiali da costruzione a base di canapa dovrebbe essere incentivato sia nel settore pubblico che in quello privato, con obiettivi chiari per la sostituzione totale o parziale di altre alternative meno sostenibili.
- L’UE dovrebbe imporre requisiti più severi negli appalti pubblici e fissare obiettivi ambiziosi per il raggiungimento di emissioni zero nell’UE e nelle amministrazioni nazionali.
- I consumatori e gli operatori dovrebbero ottenere chiari vantaggi economici dall’uso di tali prodotti, come agevolazioni amministrative, incentivi all’acquisto o altro.