Gli Stati fragili: primo Yemen, dopo Somalia. Le più stabili Finlandia e Norvegia. Crollo del Cile
L’Italia 143esima, un po’ meglio a ridosso dei migliori. Il covid-19 sta mettendo a nudo le vulnerabilità di base a livello globale
[14 Maggio 2020]
Secondo il 2020 Fragile States Index (FSI), presentato da Fund for Peace e The New Humanitarian, «Mentre i paesi di tutto il mondo tentano di affrontare le sfide sociali, economiche, politiche e (ovviamente) di salute pubblica della pandemia globale Covid-19, le società hanno una sola chiara certezza: emergeremo collettivamente verso una nuova, diversa realtà. Il modo in cui ci avviciniamo e diamo un senso a questa nuova realtà richiederà un approccio basato sui dati per informare i responsabili politici e i professionisti su come identificare i rischi, le vulnerabilità e le capacità. E come possiamo prepararci al meglio alla prossima crisi, che si tratti di un’altra pandemia di salute globale, della crisi dei cambiamenti climatici in corso o di un altro collasso economico e sistemico?»
Il FSI lo fa empiricamente mettendo in fila tutte le fragilità degli Stati e stilando una classifica che fa capire dove le emergenze – come dimostra il Covid-19 – possono colpire e destabilizzare maggiormenta, ma J.J. Messner de Latour, direttore esecutivo di Fund for Peace, invita all’ottimismo, guardando – al netto della pandemia – la realtà per quello che è ed è diventata dalla prima edizione del FSI nel 2112: «Vi sono ancora fragilità e vulnerabilità diffuse, molta povertà e disuguaglianza, conflitti e illiberalismo. Ma a lungo termine, nel lungo termine, il mondo sta diventando costantemente meno fragile. Spesso ci vogliono dati freddi e duri, come quelli prodotti dal FSI, per dimostrare che, nonostante tutta la stampa negativa, dietro di noi abbiamo progressi significativi».
Il paese che è peggiorato di più secondo il Fragile States Index (FSI) è il Cile, che finora aveva mostrato progressi costanti – era tra i 30 Paesi più stabili del FSI – ma il cui modello ha mostrato tutte le crepe di fronte alle proteste contro le politiche neoliberiste e la disuguaglianza economica e sociale, contrastate con brutalità dal governo di destra, una mancanza di sostenibilità economica e sociale che ha minato i recenti miglioramenti del Cile post-dittatura fascista di Pinochet.
Il Pese che è migliorato di più sono le Maldive, che, tirnate alla democrazia dopo il golpe della destra islamista, hanno continuato una tendenza a lungo termine di miglioramento pressoché costante che ha visto il paese passare dal 66esimo posto nel 2007 (quando è stato incluso per la prima volta nella FSI) al 99esimo nel 2020. Tre Paesi che escono da guerre o sanguinosi conflitti interni e repressioni – Sudan, Iraq e Kenya – sono gli altri Stati che migliorano di più nel 2020.
Purtroppo, il Pese più fragile del mondo si conferma per il secondo anno di fila lo Yemen diviso in 4 parti dalla guerra civile tra sciiti Houthi a Nord, truppe governative, indipendentisti e Al Qaeda a Sud e che subisce gli attacchi aerei e l’invasione della coalizione sunnita guidata dall’Arabia saudita. Guerre che hanno causato la più grande catastrofe umanitaria in atto nel mondo. Fund for Peace è molto preoccupata e dice che «Si dovrebbe prestare maggiore attenzione al rapido peggioramento della situazione nello Yemen negli ultimi 10 anni e all’instabilità e alle potenze regionali per causa delle quali la sua popolazione soffre indicibilmente».
Al secondo posto troviamo un altro Stato fallito, l’ex colonia italiana della Somalia, che per molti anni ha occupato il primo posto di questa classifica del disastro politico ed economico mondiale. The New Humanitarian evidenzia che «Non sorprende che gli Stati classificati in cima al Fragile States Index annuale vivano anche alcune delle crisi umanitarie più urgenti del mondo: lo Yemen, come non sarete stati sorpresi di apprendere, torna in cima alla lista quest’anno. Sì, la Somalia è di nuovo alle spalle; ha detenuto il primo o il secondo posto nell’indice dal 2008. Il Ciad è stato tra gli stati più fragili del mondo sin dall’inizio della FSI, nel 2005″.
Tra i paesi che sono migliorati di più ce ne sono alcuni che continuano ad essere dittature, regimi autocratici e dove le libertà civili vengono conculcate. Nel lungo periodo, gli ex Stati sovietici continuano a dominare l’elenco dei paesi che sono migliorati di più, con Bielorussia, Georgia, Kirghizistan, Moldova, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, che sono nella top 20, insieme a Paesi usciti da un conflitto, come la Colombia e lo Sri Lanka. Riprendersi da un conflitto, semplicemente non essere in guerra è ovviamente un miglioramento significativo.
JJ Messner, indica diversi altri “risultati tranquilli”, tra cui Cuba e la Costa d’Avorio: «Questo non vuol dire che nessuno di questi Paesi sia perfetto, tutt’altro. Tuttavia, sono degni di credito per le riforme positive che alimentano lo sviluppo misurabile complessivo».
I redattori del rapporto fanno notare che «Qui sta un’importante distinzione nel ridurre la fragilità nel tempo: quando i Paesi iniziano da un punto di partenza mediocre, i progressi significativi sono molto più facili da rilevare e misurare e persino riforme relativamente semplici possono ridurre notevolmente la fragilità di un Paese».
Non è certamente e fortunatamente il caso dell’Italia che ne Fragile States Index 2020 si piazza onorevolmente sul fondo dell classifica, al 143esimo posto, con un punteggio di 42,4 su un massimo di 120 longtanissima dagli Stati falliti ma ancora non troppo vicina agli Stati migliori
Anche The New Humanitarian si sofferma su alcune delle storie più positive: «Haiti, ad esempio, è costantemente migliorata nelle sue classifiche dopo il devastante terremoto del 2010 ed era “migliorata” nel complesso nel 2018. Quest’anno ha compiuto ulteriori progressi, sebbene sia ancora tra i primi 15».
Gli indicatori utilizzati dal FSI per valutare la fragilità raccontano una storia familiare, che va dai “rifugiati e sfollati interni” agli “human flight” e alla “fuga dei cervelli” e Messner suggerisce che le agenzie e le ONG umanitarie dovrebbero chiedersi quali siano i Paesi che stanno peggiorando più rapidamente: «Il Mozambico è al 27esimo posto nella lista, ma negli ultimi 10i anni è al sesto peggioramento più grave, dietro le emergenze umanitarie più ovvie ed evidenti in luoghi come la Libia, la Siria, il Mali, lo Yemen e il Venezuela».
IL direttore esecutivo di Fund for Peace conclude: «In attesa del 2021, non vi è dubbio che il FSI sarà dominato dalle ricadute sociali, economiche e politiche del Covid-19. È molto probabile che alcuni dei Paesi maggiormente colpiti finora – come Cina, Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Italia – registreranno una pressione significativamente maggiore. Poiché gli impatti della pandemia, sia diretta che indiretta, filtrano attraverso il sistema globale, è altrettanto probabile che gran parte del mondo ne sarà colpita quanto più dovesse peggiorare la crisi, o se ci saranno ulteriori ondate della pandemia nei mesi a venire. Ciononostante, a lungo termine sarà importante comprendere le più profonde vulnerabilità della società che la crisi ha scoperto e i dati saranno fondamentali per poter raccontare questa storia in modo sobrio. È solo attraverso una valutazione sobria e critica delle vulnerabilità di base che il Covid-19 sta mettendo a nudo a livello globale, che saremo in grado di superare il giustificabile panico che accompagna la pandemia per capire come ci riprenderemo e, forse ancora più importante, pianificare e preparare l’inevitabile prossima crisi».