«I porti italiani sono luoghi sicuri e devono poter accogliere le persone soccorse in mare»
16 organizzazioni della società civile scrivono a Conte: la situazione è cambiata, si anticipi al 3 giugno la “riapertura” dei porti
[27 Maggio 2020]
Nel Decreto Ministeriale del 7 aprile, il Ministro per i trasporti e le infrastrutture, di concerto con il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, il Ministero dell’Interno, della Salute, ha stabilito che, per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale, derivante dalla diffusione del virus Covid-19 – quindi fino al 31 luglio 2020 – i porti italiani non possono essere qualificati come “luoghi sicuri” e per questo motivo non possono accogliere le persone soccorse in mare da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area di ricerca e soccorso (SAR) italiana.
Per giustificare l’adozione di questo provvedimento, nel decreto viene descritta una situazione epidemiologica e delle strutture sanitarie nazionali, logistiche e di sicurezza impegnate nel contenimento del contagio e di assistenza e di cura dei pazienti che già all’epoca risultava molto opinabile, e che comunque oggi non sussiste più.
Per questo motivo Green Italia, A Buon diritto Onlus, ACLI, ACTION AID, ARCI, Casa dei Diritti Sociali, CIAI, CNCA, Comitato 3 Ottobre, EuropAsilo, Gruppo Volontariato e Solidarietà, Legambiente, Oxfam Italia, Sanità di frontiera, Senza Confine, Tavolo Saltamuri, hanno deciso di scrivere al Presidente del Consiglio, e per conoscenza ai Ministeri interessati, chiedendo che il termine previsto per la “riapertura” dei porti italiani venga anticipato al 3 giugno.
Nella lettera inviata al Presidente Conte le 16 organizzazioni della società civile – evidenziano che «Con il cosiddetto decreto rilancio quasi tutte le disposizioni di contrasto e contenimento dell’emergenza sanitaria COVID-19 sono state riviste e sono state adottate nuove misure, adeguate e proporzionali alla diffusione del virus. Le misure contenute nel decreto interministeriale già non erano tollerabili al momento della sua emanazione. Ora che la situazione epidemiologica è in fase di contenimento, risultano essere oltremodo inadeguate e sproporzionate e il termine del 31 luglio deve essere quindi necessariamente rivisto».
Le associazioni ricordano anche che «il 3 giugno è la data al momento prevista per la ripresa degli spostamenti da e per l’estero» e per questo ritengono che ci siano le condizioni, e chiedono che, a partire da tale data, i porti italiani siano dichiarati nuovamente sicuri: «Sicuramente l’allerta è e deve restare alta per evitare di mettere nuovamente sotto pressione il già debole sistema sanitario nazionale, ma crediamo fermamente che portare in porto persone soccorse in mare non sia realmente più pericoloso per la popolazione italiana che frequentare esercizi commerciali».
Inoltre, le associazioni sottolineano che «In mancanza di un provvedimento correttivo che definisca di nuovo sicuri i porti italiani, almeno a partire dal 3 giugno p.v. potrebbe sembrare che la situazione sanitaria emergenziale sia stata utilizzata come mero pretesto per non doversi anche occupare di chi rischia la propria vita in mare, forse pensando di aver così risolto il problema dell’arrivo dei migranti, almeno fino al 31 luglio e salvo proroghe dello stato di emergenza sanitaria».
Infine, nella lettera si ricorda anche che «Ci sono porti, in Regioni fortunatamente poco colpite dall’emergenza sanitaria, che hanno gestito arrivi di migliaia di migranti anche in periodi, come il 2014 e il 2015, in cui era stato dichiarato dall’OMS il pericolo di diffusione del virus Ebola, per cui dispongono dei protocolli e delle procedure necessarie alla precoce identificazione e la gestione di questo virus».