Politica industriale, la Transazione 4.0 è ecologica non solo (pare) a parole

Patuanelli ha firmato il decreto attuativo: il Piano mobilita 7 miliardi di euro di risorse per le imprese

[4 Giugno 2020]

La direzione c’è e ora c’è anche la firma del ministro Patuanelli. Così il varo del Piano Transizione 4.0 del governo Conte stilato dal Mise è cosa fatta e, siccome le parole sono importanti (anche se non quanto i fatti), va subito segnalato che il piano ha una forte ispirazione green. La Transizione del titolo è infatti la transizione ecologica.

Con la pubblicazione del decreto – spiega il ministero –  inviato alla Corte dei Conti per la registrazione, diventeranno attuative le disposizioni delle numerose novità introdotte nella legge di bilancio 2020 per incentivare e supportare la competitività delle nostre imprese e valorizzare il Made in Italy.

Il Piano mobilita 7 miliardi di euro di risorse per le imprese che maggiormente punteranno sull’innovazione, gli investimenti green, in ricerca e sviluppo, in attività di design e innovazione estetica, sulla formazione 4.0.

‟Abbiamo caratterizzato il Piano Transizione 4.0 – ha spiegato il ministro Patuanelli – con una maggiore attenzione all’innovazione, agli investimenti green e per le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese operanti nei settori tessile e moda, calzaturiero, occhialeria, orafo, mobile e arredo e della ceramica. Il tutto per valorizzare ulteriormente le produzioni del nostro Made in Italy. Siamo convinti delle potenzialità delle nuove misure anche perché garantiranno una maggiore competitività, tendendo a premiare maggiormente chi più investe in innovazione sostenibile, ricerca, sviluppo e formazione”.

Non più solo grandi imprese, come successo con Industria 4.0 che ha portato benefici solo a 53mila imprese, ma anche le piccole che magari non fanno nemmeno utili. Si tratta – spiega sempre il ministero – di settori decisivi nei quali sarà sempre più fondamentale investire nei prossimi anni per favorire il processo di transizione digitale del nostro sistema produttivo, anche nell’ambito dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale, e accrescere le competenze tecnologiche dei lavoratori.

Il decreto, oltre a consentire alle imprese di condurre gli investimenti in corso e di programmare quelli successivi con maggiori certezze sul piano operativo e interpretativo, definisce le modalità attuative del nuovo credito d’imposta per il periodo successivo al 31 dicembre 2019. Si definiscono in particolare i criteri tecnici per la classificazione delle attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design e innovazione estetica ammissibili al credito d’imposta, nonché l’individuazione, nell’ambito delle attività di innovazione tecnologica, degli obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica rilevanti per la maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta. Sono inoltre individuati i criteri per la determinazione e l’imputazione temporale delle spese ammissibili e in materia di oneri documentali.

C’è quindi un passo avanti ulteriore rispetto al passato, attraverso principalmente il credito di imposta. Cose concrete, come scritto nero su bianco nell’allegato A, punto di riferimento per capire che cosa finanzia il Mise. Un piccolo esempio giova alla comprensione, tra i beni strumentali incentivati ci sono quelli che hanno: filtri e sistemi di trattamento e recupero di acqua, aria, olio, sostanze chimiche e organiche, polveri con sistemi di segnalazione dell’efficienza filtrante e della presenza di anomalie o sostanze aliene al processo o pericolose, integrate con il sistema di fabbrica e in grado di avvisare gli operatori e/o di fermare le attività di macchine e impianti.

La strada è traccaiata, anche se solo tra un anno almeno sarà chiaro quanto queste misure siano state recepite dalle aziende e in che modo. La transizione ecologica è la direzione. Non è poco, i dati sull’ambiente presentati dall’Ispra ieri dovrebbero far suonare nuovamente l’allarme generale, se non bastasse, ora c’è un incentivo economico tutt’altro che banale.