I Sioux e i Cheyenne sconfiggono Trump a Standing Rock

Il presidente Usa perde anche sull’oleodotto Keystone XL e sull’Atlantic Coast Pipeline

[10 Luglio 2020]

Il 6 luglio l’US District Court for the District of Columbia ha ordinato che l’oleodotto Dakota Access (DAPL) venga chiuso e svuotato di petrolio entro il 5 agosto. La sentenza è una grande vittoria per le tribù Standing Rock Sioux e Cheyenne River Sioux, che hanno contestato con successo la licenza data dall’amministrazione Trump che prevedeva una servitù per l’attraversamento dell’oleodotto nel fiume Missouri sul lago Oahe.

Già a marzo, un tribunale aveva stabilito che l’amministrazione Trump aveva violato il National Environmental Policy Act perché non aveva riesaminato adeguatamente i rischi di perdite o fuoriuscite dall’oleodotto e aveva ordinato all’US Army Corps of Engineers di preparare un’accurata dichiarazione di impatto ambientale.

Sierra Club, la più grande associazione ambientalista Usa, fa notare che la nuova sentenza  «iNterrompe i lavori dell’oleodotto mentre viene condotta questa valutazione ambientale, come sollecitato dalle Tribù, a cui si sono uniti gruppi ambientali, proprietari terrieri e indigeni. Nonostante le continue sfide legali e la mancanza di domanda per il progetto, Energy Transfer ha continuato a spingere per un’espansione dell’oleodotto che avrebbe quasi raddoppiato la quantità di petrolio che trasporta fino a 1,1 milioni di barili al giorno».

Catherine Collentine, vicedirettrice della campagna Beyond Dirty Fuels di Sierra Club, ha sottolineato che «La sentenza è una testimonianza della perseveranza della  Standing Rock Sioux, che ha rifiutato di rinunciare alla lotta per proteggere la propria acqua da questo sporco oleodotto. Questo oleodotto è stata una pessima idea fin da quando l’amministrazione Trump ha permesso che venisse costruito e, nel bel mezzo del crollo della domanda di petrolio, ha meno senso che mai mettere a rischio delle risorse idriche essenziali per il bene del petrolio di cui nessuno ha bisogno. E’ giunto il momento per Energy Transfer di abbandonare i suoi sfortunati piani di espansione e di chiudere definitivamente il Dakota Access».

Mike Faith, presidente della tribù Sioux di Standing Rock. Ha detto che «E’ un giorno storico per la tribù di  la tribu Standing Rock Sioux  e per le molte persone che ci hanno appoggiato nella lotta contro questo oleodotto. Questa pipeline non avrebbe mai dovuto essere stata costruita qui. Lo abbiamo detto fin dal principio».

L’avvocato di Earthjustice Jan Hasselman, che rappresenta le tribù Sioux e Cheyenne, ha dichiarato: «Ci sono voluti 4 anni, però ora  è stata fatta giustizia a Standing Rock. Se gli accadimenti di quest’anno ci hanno insegnato qualcosa, è che la salute e la giustizia devono essere prioritarie fin dall’inizio in qualsiasi processo decisionale, se vogliamo evitare v crisi più avanti».

Esulta anche la direttrice per il clima di Greenpeace Usa, Janet Redman, che ricorda: «Fin dall’inizio, le comunità colpite dalla proposta della Dakota Access Pipeline, in particolare la Standing Rock Sioux Tribe, avevano affermato che la sua costruzione sarebbe stata un disastro e ora i tribunali hanno sollevato molte delle stesse domande. Questo arresto è una grande vittoria per i membri coraggiosi della Tribù e i loro alleati attivisti che hanno combattuto per proteggere la loro terra, la loro acqua e il loro diritto a un futuro sano e sicuro. Questa è una vittoria tanto per i diritti umani e per la sovranità indigena quanto per il clima. La Dakota Access Pipeline di Energy Transfer e altri progetti di infrastrutture per combustibili fossili sconsiderati per l’ambiente renderanno più ricchi solo i miliardari mentre tutti noi ne soffriremo. La sentenza – che fa seguito alla vittoria sulla Atlantic Coast Pipeline – potrebbe essere una calamità per gli oil and gas executives che puntano a trarre profitto dalla disastrosa crisi climatica, ma è una grande vittoria per quelli di noi impegnati per un mondo vivibile. Una giusta transizione alle energie rinnovabili non è solo il futuro, è l’unica scelta responsabile per oggi. Gli ultimi giorni hanno inviato un messaggio forte e chiaro alle compagnie dei combustibili fossili impegnate a costruire condotte pericolose: il futuro non appartiene». Infatti, Dominion e Duke Energy hanno annullato la loro offerta di 8 miliardi di dollari per costruire l’enorme Atlantic Coast Pipeline.

Ma la Redman  si riferisce anche a un’altra brutta sconfitta patita da Trump e dai suoi amici petrolieri: la Corte Suprema Usa ha confermato una sentenza federale che impedisce la costruzione di sezioni del controverso oleodotto Keystone XL  che così si ritrova senza un permesso chiave. La decisione significa che il proprietario della pipeline TC Energy (precedentemente TransCanada) non può iniziare la costruzione del progetto – al più presto – fino al 2021. La Redman, sottolinea che «Mentre l’amministrazione Trump sta facendo tutto ciò che può pensare per intaccare le protezioni ambientali e salvare le big oil, la decisione della Corte Suprema è una vittoria importante per le persone che lottano per proteggere la loro terra, l’acqua e il nostro clima condiviso. Nessun oleodotto è sicuro e i dati di TransCanada nell’ultimo decennio fa ben poco per placare le preoccupazioni di una fuoriuscita».

Un’analisi di Greenpeace del 2017 stimava che, se completato, per l’oleodotto  Keystone XL si potrebbero prevedere 59 sversamenti significativi nell’arco di 50 anni. Tra il 2010 e il 2019, TC Energy ha subito un totale di 20 fuoriuscite dalla sua rete di condotte statunitensi, che hanno rilasciato 16.578 barili di petrolio e di altri liquidi pericolosi.

Doug Hayes, Senior Attorney di Sierra Club, fa notare che «Più di 10 anni dopo la sua proposta, Keystone XL non è mai stato completato. Siamo lieti di vedere che la Corte riconosce che l’amministrazione Trump non è al di sopra della legge e non può semplicemente ignorare le critiche sulle protezioni ambientali nel tentativo di costruire questo pericoloso oleodotto delle sabbie bituminose. Keystone XL minaccerebbe le comunità, la fauna selvatica e l’acqua potabile pulita lungo il suo percorso e continueremo a lottare per assicurarci che sia bloccato per sempre».

Anche per Jared Margolis Senior Attorney del Center for Biological Diversity, «Questa è una vittoria importante che proteggerà la fauna selvatica in pericolo dai rischi del Keystone XL. I tribunali hanno chiarito che non possiamo continuare a sacrificare le specie vulnerabili per fare in modo che le corporation giganti possano trarre profitto dai combustibili fossili sporchi che inquinano le nostre acque e il nostro clima».

Dena Hoff, un’agricoltrice del Montana che fa parte del Northern Plains Resource Council, evidenzia che «Gli agricoltori, gli allevatori, le comunità tribali e l’acqua pulita da cui dipendono, oggi sono un po’ più sicuri grazie all’Alta corte che ha consentito al sistema giudiziario di procedere a tempo debito. La pipeline Keystone XL è una minaccia per la nostra aria, terra, acqua e clima. Siamo lieti che la Corte Suprema abbia respinto questo tentativo di sperimentazione di questo pericoloso progetto canadese delle sabbie bituminose».

Anche secondo Jane Kleeb, fondatrice di Bold Alliance, «La Corte Suprema si è schierata con acqua pulita e le persone. Il governo ha abusato del processo di autorizzazione dell’ Army Corps, mettendo a rischio la nostra acqua solo perché una Big Oil ha richiesto un rapido processo di approvazione. Continueremo a lottare per proteggere la nostra acqua pulita per le generazioni future».

Per Marcie Keever, direttore legale di Friends of the Earth  Usa «La Corte Suprema ha respinto il tentativo dell’Amministrazione Trump di aggirare la legge e ignorare le tutele ambientali per attuare un progetto sporco. Per anni gli americani preoccupati hanno combattuto contro questo oleodotto che distrugge il clima e oggi abbiamo fatto un passo avanti verso la sua sconfitta per sempre».

Cecilia Segal, avvocato del Natural Resources Defense Council, aggiunge che «La sentenza chiarisce che i costruttori del Keystone XL non possono fare affidamento su un permesso imperfetto, timbrato solo per forzare la costruzione del progetto attraverso le nostre zone umide, torrenti e fiumi. E’ una clamorosa vittoria per le comunità e le specie in pericolo che vivono lungo il percorso proposto di questo oleodotto. Keystone XL non è nel nostro interesse nazionale e non dovrebbe mai essere costruito».

La Redman conclude: «Tre condotte pericolose rinviate in 24 ore dovrebbero servire da chiaro avvertimento per tutte le compagnie che sperano di raddoppiare i progetti di combustibili fossili sporchi. Da oltre un decennio, un potente movimento ha intrapreso una battaglia contro oleodotti e gasdotti e ha lottato per mettere i diritti degli indigeni, un’economia giusta e il nostro ambiente prima dei profitti delle compagnie petrolifere. E’ arrivato il tempo di lasciare i combustibili fossili nel terreno e di iniziare una giusta transizione verso un Green New Deal e l’energia rinnovabile al 100%».