Indispensabile migliorare la rete idrica per far fronte a crisi climatica e siccità
Acqua, le utility italiane pronte a raddoppiare gli investimenti: 30 miliardi di euro in 5 anni
Brandolini (Utilitalia): «Il tema della proprietà pubblica o privata delle imprese è a mio avviso poco rilevante. Il punto è che servono gestioni di carattere industriale ed efficienti, in grado di realizzare investimenti»
[13 Luglio 2020]
La siccità è un rischio sempre più concreto per il nostro Paese, che deve ancora fare molto per migliorare la gestione delle proprie risorse idriche, a partire dal ridurre le perdite di rete: secondo gli ultimi dati Istat il 37,3% dell’acqua immessa nella rete idrica italiana è andato disperso, ovvero non è arrivato agli utenti finali, con enormi sprechi ambientali ed economici. Che anche a causa della crisi climatica non possiamo più permetterci: a causa di una progressiva riduzione delle piogge dall’inizio dell’anno, ad oggi in Italia mancano all’appello 23,4 miliardi di m3 di acqua, una quantità pari al volume del lago di Como. La strada da seguire non può essere che aumentare gli investimenti a tutela dell’acqua, accelerando quanto già messo in campo negli ultimi anni.
A fare il punto della situazione è Filippo Brandolini, vicepresidente vicario di Utilitalia, intervenendo al webinar “Le imprese idriche come motore della ripartenza” organizzato da Water alliance – Acque di Lombardia, la prima rete di imprese idriche su scala nazionale.
«Gli investimenti nei settori dei servizi pubblici locali – spiega Brandolini – possono fornire un importante contributo alla ripresa economica del Paese, oltretutto in direzione degli obiettivi di economia circolare e della transizione energetica». Del resto anche nel pieno della crisi sanitaria «i gestori hanno dimostrato grande capacità di adattamento e di resilienza».
Ma gli sforzi del comparto vengono da lontano. Nel settore idrico gli investimenti delle utility, che 10 anni fa si attestavano sui 0,5 miliardi di euro annui, oggi ammontano a 3 miliardi annui, con un punto di svolta arrivato grazie all’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera). Dal punto di vista degli investimenti, non a caso Brandolini sottolinea il ruolo dell’Arera, che ha consentito di passare da 1,3 miliardi annui a oltre 3 miliardi. Nello specifico «laddove ci sono soggetti industriali il volume degli investimenti supera i 45 euro annui per abitante, rispetto ai 20 euro delle gestioni in economia». Di conseguenza «il tema della proprietà pubblica o privata delle imprese è a mio avviso poco rilevante: il punto è che servono gestioni di carattere industriale ed efficienti, in grado di realizzare investimenti».
Con quale orizzonte? Le imprese associate a Utilitalia hanno pronto un piano di investimenti di 50 miliardi di euro in 5 anni, 30 dei quali nel settore idrico, il che significa raddoppiare ancora rispetto ai 3 miliardi di euro annui investiti ad oggi: «Non chiediamo risorse finanziarie ma un contesto normativo che faciliti la loro realizzazione». In quest’ottica, argomenta Brandolini, vanno «semplificati gli iter autorizzativi», è necessario «lavorare sul codice degli appalti per selezionare più rapidamente i fornitori» e bisogna inoltre «favorire le aggregazioni e superare le frammentazioni e le gestioni in economia», superando alcuni vincoli per le società in house.
Da questo punto di vista il decreto Semplificazioni «sembra fornire qualche segnale positivo, perché – conclude il portavoce di Water alliance Alessandro Russo – è necessario che Governo, Regioni e Comuni ci mettano in condizione di liberare velocemente gli investimenti per colmare il gap infrastrutturale con il resto dell’Ue».