Brasile, la Moratória do Fogo di Bolsonaro non funziona
A un mese dal divieto di incendi in Amazzonia e nel Pantanal, dati e foto inedite dimostrano che gli incendi illegali bruciano ancora la foresta. Ma Bolsonaro nega
[20 Agosto 2020]
A un mese dalla Moratória do Fogo approvata dal presidente neofascista del Brasile Jair Bolsonaro, che vieta di accendere fuochi all’aperto nell’Amazônia Legal e nel Pantanal per un periodo di 120 giorni, Greenpeace Brasil denuncia che «L’Amazzonia continua a registrare un numero elevato di focolai, tutti illegali: tra i 16 Luglio e il 15 agosto sono stati registrati nel bioma 20.473 focolai. Solo nei primi 15 giorni di agosto si sono verificati più di 15mila focolai».
Un controllo aereo condotto il 16 agosto dal team di Greenpeace ha registrato focolai nel sud degli Stati di Amazonas e Rondônia e gli ambientalisti ricordano che «Il fuoco è uno dei principali strumenti utilizzati per la deforestazione, soprattutto dai grileiros (accaarratori di terra, ndr) grabbers e agricoltori, che lo usano per sgomberare aree per uso agricolo o speculazione. La pratica è diventata ancora più comune con la mancanza di ispezioni e lo smantellamento delle agenzie ambientali».
Cristiane Mazzetti, portavoce della campanha de Amazônia di Greenpeace Brasil afferma che «I dati mostrano che la strategia adottata dal governo federale è inefficace per contenere la distruzione della foresta più ricca di biodiversità del pianeta. Proibire gli incendi sulla carta non funziona senza un efficiente comando e controllo da parte di agenzie competenti».
Bolsonaro ha accusato Greenpeace e le altre associazioni ambientaliste di diffonere foto e dati falsi ma un’analisi di Greenpeace Brasil evidenzia che «Sul totale dei focolai registrati nei primi 31 giorni della Moratória do Fogo, 1.120 si sono verificate all’interno delle Terras Indígenas (TI), con un incremento dell’8% rispetto allo scorso anno, quando ne erano stati mappati 1.038. La TI Munduruku ha registrato il maggior numero di focolai (160), con un aumento del 78% rispetto allo scorso anno. Inoltre, 4.115 focolai hanno colpito le Unidades de Conservação, con un aumento del 7% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Territori, questi, che dovrebbero essere protetti».
Facendo un confronto del periodo analizzato (dal 16/07 al 15/08) si nota un calo dell’8% nel numero di focolai nelll’intero bioma (22.250 nel 2019, rispetto ai 20.473 nel 2020), ma Greenpeace fa notare che «Tuttavia, nello stesso periodo del 2019 non c’era in campo alcuna Garantia de Lei e Ordem (GLO) in e nessuna moratoria antincendio in vigore».
Mazzetti fa notare che il fallimento della moratoria di Bolsonaro è evidente perché «Nel 2020, anche se l’uso del fuoco è stato vietato e con le forze armate in campo da metà maggio, gli incendi continuano a ritmi accelerati».
E la stagione degli incendi aggrava l’attuale crisi sanitaria da Covid-19 perché il fumo e la fuliggine degli incendi causano malattie respiratorie. Per Greenpeace Brasil il modo per invertire questa situazione è già noto. «Il Brasile ha già svolto in passato un lavoro consistente per combattere la distruzione dell’Amazzonia, ma i percorsi utilizzati sono stati sistematicamente ignorati – ricorda Mazzetti – L’ assenza di un piano e lo smantellamento della gestione ambientale nel Paese fanno parte dell’attuale strategia del governo. Di conseguenza, stiamo perdendo il più grande patrimonio ambientale dei brasiliani, mettendo a rischio il clima, la biodiversità e ancora più vite, soprattutto quelle delle popolazioni indigene».
A causa della drammatica situazione che colpisce l’Amazzonia, più di 60 organizzazioni della società civile, tra cui Greenpeace, hanno presentato ai presidenti della Camera e del Senato brasiliani una proposta con cinque misure di emergenza per combattere la distruzione. Tra queste ci sono l’inasprimento delle sanzioni per i crimini ambientali, la demarcazione delle terre indigene e dei quilombolas e delle Unidades de Conservação e la ristrutturazione delle agenzie federali Ibama, ICMBio e Funai, che si occupano di protezione dell’ambiente e degli indios, che Bolsonaro ha fortemente depotenziato, togliendo loro fondi e personale e infarcendole di suoi uomini noti per essere negazionisti climatici e amici dei fazendeiros.