Gigantesco scandalo petrolifero in Messico, coinvolti tre ex Presidenti della Repubblica: Salinas, Calderón e Peña Nieto
Dietro la privatizzazione della Pemex una rete di corruzione del centrista PRI e della destra del PAN
[21 Agosto 2020]
Emilio Lozoya, l’ex direttore di Petróleos Mexicanos (Pemex) ha accusato di corruzione 16 politici, tra cui tre ex presidenti messicani: Enrique Peña Nieto, Felipe Calderón e Carlos Salinas de Gortari.
Lozoya, direttore di Pemex tra il 2012 e il 2016, è stato estradato il 17 luglio dalla Spagna in Messico, dove deve affrontare un processo in libertà vigilata per aver ricevuto 10,5 milioni di dollari dalla multinazionale brasiliana Odebrecht come consigliere della campagna presidenziale del 2012 di Peña Nieto e successivamente come direttore di Pemex e un altro processo per la vendita irregolare di un impianto di fertilizzanti.
Ma la denuncia presentata l’11 agosto da Lozoya alla Fiscalía General de la República (FGR) è finita sui giornali per una fuga di notizie ed è venuto fuori che in quella che sembra una gigantesca rete di corruzione legata alla privatizzazione della Pemex sono coinvolti anche due ex ministri, tre governatori in carica, due ex direttori della e Pemex, un ex candidato alla presidenza di destra e diversi senatori del Partido Revolucionario Institucional (PRI) e Partido Acción Nacional (PAN), le due formazioni politiche che hanno governato il Messico negli ultimi 90 anni, primo dell’arrivo al potere di Andres Manuel López Obrador, appoggiato da una coalizione di sinistra.
Secondo la denuncia di Lozoya Odebrecht avrebbe distribuito valigie di denaro per la campagna di Peña Nieto (PRI) e grandi somme di denaro sono state anche distribuite ai deputati di PRI e PAN per promuovere la riforma energetica, considerata una delle principali riforme del governo di Peña Nieto, che ha consentito alle multinazionali di accedere allo sfruttamento del petrolio messicano.
Le accuse sono trapelate tre giorni dopo che l’attuale presidente messicano López Obrador (Amlo) aveva chiesto che fossero rese pubbliche o e ora i suoi tre predecessori lo accusano di aver favorito la fuga di notizie e di aver violato il segreto istruttorio. Amlo ha risposto che lui non c’entra e che comunque le accuse mosse da Lozoya «sono molto gravi. “Non significa che tutto ciò che viene detto sia vero, è necessario che l’autorità, in questo caso la Procura, raccolga tutte le prove che vengono presentate». Ma ha anche chiesto che i politici di centro-destra coinvolti vengano chiamate a testimoniare e che «Non ci sia occultamento delle informazioni, che non vengano manipolate e non ci sia silenzio. Che si sappia tutto».
Gli esponenti della destra neoliberista del PAN García Cabeza de Vaca, Domínguez Servién, Vega Casillas e Lavalle Maury avrebbero chiesto tangenti in dollari per votare a favore della privatizzazione della Pemex e ti che Lozoya Austin ha detto che non solo l’ex presidente Peña Nieto e Luis Videgaray del PRI, ma anche diversi membri del PAN, un giornalista e gli ex presidenti Felipe Calderón e Carlos Salinas avevano realizzato una gigantesca associazione a delinquere per spartirsi i soldi di tangenti petrolifere .
Peña Nieto avrebbe preso e gestito tangenti multimilionarie con le quali ha poi acquisito i voti in Parlamento per far passare la riforma energetica e per finanziare illegalmente campagne politiche. Quando erano presidentie, Calderón (PAN) avrebbe preso tangenti per l’acquisto di Ethylene XXI e Salinas (PRI) avrebbe fatto pressioni per truccare appalti pubblici per favorire l’impresa di suo figlio. Lozoya ccusa anche gli ex candidati alla presidenza del PRI e del Partido Verde Ecologista de México, José Antonio Meade, e Ricardo Anaya del PAN di aver ricevuto tangenti milionarie.
Calderón ha detto che «Il trattamento illegale e mediatico del caso conferma che Lozoya è utilizzato dal presidente Andrés Manuel López Obrador come strumento di vendetta e persecuzione politica».
Meade, accusato dall’ex CEO di Pemex di aver preso denaro per favorire l’acquisto della Ethylene XXI, ha detto che si tratta di una vendetta di Lozoya Austin perché lui ha favorito il suo arresto in Spagna.
Ma le accuse sembrano circostanziate e ricostruiscono una rete corruttiva che permetteva a presidenti della Repubblica e deputati di utilizzare i loro referenti politici e i governatori di Stati come Tamaulipas, Campeche e Querétaro per chiedere costantemente più soldi alle grandi imprese che avevano a che fare con la Pemex e i parlamentari sono arrivati a minacciare di boicottare la riforma energetica se non avessero ricevuto le loro fetta di tangenti, tanto che il progredire del cammino della privatizzazione petrolifera veniva scandito da valige piene di soldi che venivano consegnate all’”opposizione” di destra del PAN e Lozoya ne sa qualcosa perché era incaricato di informare direttamente l’ex ministro delle finanze e degli esteri Videgaray Caso (PRI) su come procedevano questi negoziati a base di tangenti che erano gestite da Francisco Olascoaga, capo del dipartimento amministrativo della direzione generale di Pemex.
Sia l’ex presidente Peña Nieto che Videgaray Caso avevano come referente per la divisione delle tangenti l’allora presidente della Commissione energia al Senato, David Penchyna Grub del PRI.
Secondo le accuse dell’ex direttore di Petróleos Mexicanos avrebbero ricevuto tangenti 6 parlamentari dell’opposizione di destra: Ernesto Cordero, Ricardo Anaya, Domínguez Servién, Lavalle Maury, Vega Casillas e García Cabeza de Vaca.
Lozoya ha mostrato anche un video nel quale si vede la consegna di una valigia piena di banconote di vario taglio al PAN. Nell’ambito dei negoziati condotti da Videgaray Caso per promuovere le riforme strutturali energetiche, Lozoya ha detto che l’allora senatore del Partido de la Revolución Democrática (PRD) Miguel Barbosa avrebbe promesso di non fare opposizione contro la riforma energetica in cambio del trasferimento di suo fratello, un lavoratore Pemex, da un terminal di stoccaggio a Guerrero agli uffici centrali di Città del Messico. Il PRD era il Partito di AMLO, ma ha rotto con lui e ha poi appoggiato addirittura il candidato del PAN.
Lozoya ha ammesso di aver preso tangenti da Luis de Meneses Weyll, l’ex direttore di Odebrecht, per finanziare la campagna elettorale di Peña Nieto per la presidenza e per ottenere contratti di costruzione negli ultimi 6 anni. Per dimostrare che le tangenti erano state concordate tra Peña Nieto, Videgaray e Odebrecht, Lozoya ha fornito la testimonianza di Rodrigo Arteaga Santoyo, che era il suo segretario privato prima delle elezioni del 2012 e ha sottolineato che la Odebrecht forniva tangenti anche al governo di Felipe Calderón attraverso la Braskem, una controllata che aveva un contratto multimilionario per il progetto Ethylene XXI, un’operazione per la quale molti esponenti del PAN avrebbero ricevuto «grandi somme di denaro». Durante l’aggiudicazione di questo contratto, il consiglio di amministrazione di Pemex era composto da José Antonio Meade e José Antonio González Anaya.
Come ciliegina sulla torta di quella che sembra una puzzolente cloaca di corruzione e petrolio, Lazoya ha raccontato che l’ex governatore dello Stato di Veracruz Javier Duarte , espulso dal PRI nel 2017 per arricchimento illecito e mancanza di probità, avrebbe regalato una Ferrari all’allora presidente Peña Nieto e che il regalo sarebbe frutto di una tangente del Grupo Higa, incaricato di costruire nello Stato del México un edificio che contiene il “Museo del Presidente” dove esporre «i doni, i riconoscimenti e la storia del presidente». Sarebbe stato proprio in questo “Museo Peña” che venivano occultate le valigie piene di banconote per le tangenti.
Durante le celebrazioni per il “Día de la Marina” a Veracruz Peña Nieto disse a Lozoya: «Guarda cosa mi ha dato il governatore». Infatti, Duarte si era avvicinò all’aereo presidenziale per dare all’allora presidente del Messico una cartella contenente le fotografie di una Ferrari con la scritta «Questa Ferrari apparteneva al Presidente López Mateos», insieme alle chiavi dell’auto di lusso che, pochi giorni dopo, era già nel garage del “Museo del Presidente”.