Dopo il disastro del maltempo, nel nord-ovest la situazione idraulica torna alla normalità
Ma al centro-sud si aspettano ancora le piogge per riempire i bacini in deficit idrico
[9 Ottobre 2020]
Secondo l’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, «Mentre la piena “morbida” del fiume Po sta attraversando i comuni del basso Veneto, comunque in stato di pre-allarme, sta progressivamente tornando alla normalità la situazione idraulica nei territori nord occidentali, gravemente colpiti dalla violenza degli eventi meteo di inizio Ottobre. Il “grande fiume”, con livelli largamente superiori sia alla media storica che all’anno scorso, segnala il raddoppio delle portate in 48 ore, man mano che si avvicina alla foce (a Borgoforte, nel mantovano ha toccato i 5.102 metri cubi al secondo contro una media storica pari a mc/sec 1.632)».
L’Osservatorio ANBI evidenzia che «Esemplare dell’eccezionalità dell’evento meteo, che ha causato gravissimi danni al territorio con la perdita anche di vite umane, è la situazione dei corsi d’acqua piemontesi (Dora Baltea, Sesia, Stura di Lanzo, ma anche Stura di Demonte, Orco e soprattutto Tanaro e Cervo), le cui portate sono in repentino calo, riavvicinandosi velocemente alle medie del periodo. Analogo, in Liguria, è l’andamento del fiume Centa e del torrente Argentina, mentre rimane sostenuto il livello idrometrico del Vara. In Emilia Romagna, i fiumi, dopo l’innalzamento dei livelli nei giorni scorsi, sono tornati sotto la media del periodo, ad eccezione del Savio».
A completare il quadro sono i fiumi del Veneto, le cui portate sono in discesa ed i grandi laghi del Nord Italia, i cui livelli, pur in calo, restano largamente superiori alla media del periodo.
Intervenendo a un webinar di “IT Cold” (Comitato Italiano Grandi Dighe), il direttore Generale dell’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (ANBI), Massimo Gargano, ha sottolineato che «I cambiamenti climatici stanno pregiudicando l’attuale modello di sviluppo italiano. La sicurezza idrogeologica nasce nei territori montani, dove è necessario realizzare nuovi invasi per trattenere le piene e creare riserve idriche, utili a favorire la permanenza dei presidi umani, contrastando il progressivo abbandono di quelle aree. Devono essere bacini multifunzionali contribuendo, in particolare nel campo delle energie rinnovabili, al raggiungimento degli obbiettivi indicati dall’Agenda 2030; potremmo immaginarli come batterie naturali a servizio del Paese».
Dal Piano ANBI per l’efficientamento della rete idraulica emerge la necessità di manutenzione straordinaria per 9 invasi nel Nord Italia, la cui capacità è limitata dalla presenza di 544.700 metri cubi di sedime sul fondo. Sempre nel Nord del Paese ci sono 4 bacini da completare per una capacità totale di 3.962.000 m3 e un investimento previsto di 16.468.018 euro, e 13 progetti definitivi ed esecutivi – cantierabili – per realizzare serbatoi artificiali per un totale di 58.323.000 di m3 e un investimento di 477.084.472, con 2.385 posti di lavoro.
Per quanto riguarda le riserve idriche nel resto d’Italia, ANBI dice di sperare nelle piogge autunnali e invernali «per recuperare i deficit sul 2019, registrati nei bacini di Marche (-8,6 milioni di metri cubi) , Puglia (-68.72 milioni di metri cubi) e Basilicata (-50,12 milioni di metri cubi). Confortante è invece la condizione delle riserve idriche nel Lazio, mentre sono in calo le portate dei fiumi Sele e Volturno in Campania; in Sardegna, la stagione irrigua si è conclusa con gli invasi, che trattengono acqua per il 64,59% della loro capacità: una performance migliore del 2019».