Premio Nobel per la Pace al World food programme
Il giusto riconoscimento a un’agenzia Onu che salva milioni di vite ogni anno, anche nei Paesi in guerra
[9 Ottobre 2020]
Il World food programme, l’Agenzia Onu che fornisce assistenza alimentare salvavita a milioni di persone in tutto il mondo, spesso in condizioni estremamente pericolose e di difficile accesso, ha ricevuto il Premio Nobel per la pace 2020 «Per i suoi sforzi per combattere la fame, per il suo contributo al miglioramento delle condizioni per la pace nelle aree colpite da conflitti e per aver agito come forza trainante per prevenire l’uso della fame come arma di guerra e conflitto».
Il Wfp è la più grande organizzazione umanitaria del mondo e solo nel 2019 ha assistito 97 milioni di persone in 88 Paesi, concentrando i suoi sforzi sull’assistenza di emergenza, soccorso e riabilitazione, aiuto allo sviluppo e operazioni speciali. Due terzi del lavoro del Wdp è svolto in Paesi in guerra, nei quali le persone hanno una probabilità tre volte maggiore di essere denutrite rispetto a coloro che vivono nei Paesi in pace.
Lodando il lavoro dell’Agenzia Onu, il presidente del Comitato norvegese per il Nobel, Berit Reiss-Anderse,n ha sottolineato «Il suo ruolo nel rafforzare la resilienza e la sostenibilità tra le comunità aiutandole a nutrirsi. Anche la crisi del Covid-19 si è aggiunta all’insicurezza alimentare globale, entro un anno ci saranno probabilmente 265 milioni di persone che moriranno di fame entro un anno. Solo la comunità internazionale può affrontare una simile sfida. Il Wfp ha aiutato milioni di persone in Paesi estremamente pericolosi e difficili da raggiungere colpiti da conflitti e calamità naturali, tra cui Yemen, Siria e Repubblica democratica popolare di Corea». Ù
Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha indicato nel Wfp «Il primo soccorritore al mond, in prima linea contro l’insicurezza alimentare. Le donne e gli uomini del Wfp affrontano il pericolo e la distanza per fornire sostentamento salvavita a coloro che sono stati devastati da un conflitto, alle persone che soffrono a causa di un disastro, ai bambini e alle famiglie che non hanno certezza del loro prossimo pasto».
Guterres ha attirato l’attenzione sulla «difficile situazione di milioni di persone che soffrono la fame in tutto il mondo, tra i timori che la pandemia di Covid-19 possa peggiorare la sicurezza alimentare per milioni di altre. C’è anche una fame nel nostro mondo della cooperazione internazionale. Il Wfp alimenta anche quel bisogno, operando al di sopra del regno della politica, con il bisogno umanitario che guida le sue operazioni. Invito tutti a una maggiore solidarietà, per affrontare non solo la pandemia, ma altre sfide globali. Sappiamo che le minacce esistenziali come il cambiamento climatico peggioreranno ulteriormente la crisi della fame».
Il direttore esecutivo del Wfp, David Beasley, è naturalmente molto soddisfatto per il prestigiosissimo premio, soprattutto perché «L’annuncio del Comitato norvegese per il Nobel ha acceso i riflettori globali sui 690 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo. Ognuno di [loro] ha il diritto di vivere pacificamente e senza fame. Gli shock climatici e le pressioni economiche hanno ulteriormente aggravato la loro situazione. E ora, una pandemia globale con il suo brutale impatto sulle economie e sulle comunità, sta spingendo altri milioni sull’orlo della fame. Il Premio Nobel per la Pace non è solo del Wfp: l’agenzia delle Nazioni Unite lavora a stretto contatto con i governi, le organizzazioni e i partner del settore privato la cui passione per aiutare gli affamati e vulnerabili è uguale alla nostra. Non potremmo aiutare nessuno senza di loro. Siamo un’agenzia operativa e il lavoro quotidiano del nostro personale ogni giorno è guidato dai nostri valori fondamentali di integrità, umanità e inclusione. Dove c’è conflitto, c’è fame. E dove c’è fame, spesso c’è conflitto. Oggi ci ricorda che sicurezza alimentare, pace e stabilità vanno di pari passo. Senza pace, non possiamo raggiungere il nostro obiettivo globale di fame zero; e finché c’è fame, non avremo mai un mondo pacifico».
Beasley ha concluso: «Il premio è un riconoscimento che accogliamo con umiltà e commozione. Il Premio Nobel per la Pace … è un commovente riconoscimento del lavoro del personale del Wfp che ogni giorno mette in gioco la propria vita per portare cibo e assistenza a quasi 100 milioni di bambini, donne e uomini affamati in tutto il mondo. Persone le cui vite sono spesso brutalmente lacerate da instabilità, insicurezza e conflitti».
Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la Fame ha detto che «Anche l’organizzazione, insieme con il suo network internazionale, si congratula con il World food programme, alleato chiave in tanti Paesi, tra cui Afghanistan, Bangladesh, Burkina Faso, Ciad, DRC, Iraq, Madagascar, Mali, Myanmar, Sud Sudan e Yemen, per questo prestigioso e meritato riconoscimento. Non si tratta solo di un gesto teso a valorizzare il lavoro dell’agenzia delle Nazioni Unite: il premio Nobel per la pace evidenzia anche la stretta relazione che esiste, oggi, tra fame e conflitti, oltre che la necessità di agire. Le guerre, infatti, sono direttamente collegate all’aumento della fame avvenuto negli ultimi cinque anni. Hanno contribuito a invertire una tendenza che sembrava positiva. Sei persone affamate su dieci vivono, allo stato attuale, in Paesi in conflitto. La fame, inoltre, è sempre più usata come arma di guerra: basti pensare agli attacchi indiscriminati ai campi coltivati, alle strutture idriche o ai depositi di cibo che, di fatto, violano tutti i principi del diritto internazionale umanitario. Azione contro la Fame ha potuto verificare sul campo come il cibo sia alla base della pace: sette conflitti su dieci hanno origine proprio nella disputa per cibo, acqua o risorse per produrli. L’organizzazione è convinta che solo un mondo nutrito possa rappresentare l’anticamera della pace».