Con la pandemia crescono le fortune dei super-ricchi mentre 55 milioni di persone sono alla fame
Oxfam: la ricchezza dei miliardari del mondo è arrivata a 10,2 mila miliardi di dollari, ma il Piano di risposta delle Nazioni Unite da 10 miliardi di dollari per i più poveri non trova finanziamenti
[13 Ottobre 2020]
C’è chi vaneggia che dietro la pandemia da Covid-19 ci sia un piano ben preciso, messo in atto da non meglio specificate élite dominanti, per sterminare le masse o nella migliore delle ipotesi per ridurle sul lastrico. Una sorta di pensiero magico che trova nel complotto la via di fuga da una complessità del mondo altrimenti disarmante, e che per paradossalmente contribuisce a mascherare le reali e violente ingiustizie conseguenti al modello di “sviluppo” in cui siamo immersi: mentre durante pandemia le fortune dei super-ricchi – le élite dominanti? – sono aumentate fino alla cifra record di oltre 10,2 mila miliardi di dollari, la paura della fame è diventata lo spettro di 55 milioni di persone.
A testimoniarlo è il rapporto Più tardi sarà troppo tardi di Oxfam, nel quale l’Ong denuncia infatti che 55 milioni di persone, in 7 dei Paesi più poveri al mondo, sono sull’orlo della carestia per l’effetto combinato di conflitti, disuguaglianze estreme e pandemia. E mentre i dati sull’aumento della ricchezza totale dei miliardari nel mondo (tratti dal recente report di UBS- PWC) testimoniano che le fortune degli uomini più ricchi del pianeta continuano ad aumentare esponenzialmente – di oltre il 25% solo da aprile a luglio – i 10 miliardi di dollari che sarebbero sufficienti per frenare l’ecatombe non si trovano.
Al momento i Paesi ricchi si sono impegnati a stanziare appena il 28% di quanto richiesto dalla Nazioni Unite, per la risposta generale all’emergenza Covid nel mondo. Nel frattempo sono 7 i Paesi più colpiti al mondo dalla crisi alimentare: Yemen, Nigeria, Burkina Faso, Sud Sudan, Afghanistan e Repubblica Democratica del Congo.
In cinque di questi – mentre il numero di persone colpite da malnutrizione estrema continua ad aumentare – sono ancora fermi a zero i finanziamenti a sostegno del Piano di risposta delle Nazioni Unite, da oltre 10 miliardi di dollari. Succede in Yemen, dove oltre 7 milioni di persone dipendono dagli aiuti alimentari per sopravvivere e oltre 2 milioni nel sud del Paese sono letteralmente allo stremo; in Nigeria, con quasi 8 milioni di persone colpite nel nord del Paese, devastato da anni di violenze; in Burkina Faso e Somalia nei quali in totale quasi 7 milioni non hanno cibo a sufficienza; in Repubblica Democratica del Congo, dove altri 21 milioni sono colpiti da grave malnutrizione.
«Il Nobel consegnato qualche giorno fa al World Food Program suona come un allarme: il Covid ha scatenato una catastrofe economica nella parte povera del mondo e la fame potrebbe fare più vittime del virus stesso – commenta Francesco Petrelli, senior policy advisor per la finanza dello sviluppo di Oxfam Italia – Tre anni fa le carestie che stavano colpendo alcuni dei paesi presi in esame nel nostro rapporto, furono scongiurate da uno stanziamento massiccio di aiuti. Ora però i Paesi donatori stanno girando le spalle a decine di milioni di persone che nelle prossime settimane e mesi senza un aiuto immediato, potrebbero non farcela».
Per innestare un cambio di rotta «la comunità internazionale dovrebbe finanziare pienamente – sottolinea Petrelli – l’appello delle Nazioni Unite e intraprendere una più incisiva azione politica per sostenere il cessate il fuoco globale invocato dal Segretario generale. Dobbiamo spezzare una volta per sempre il nesso mortale che lega la guerra alla fame. Basti pensare che in 80 paesi su 100, dove intervengono le agenzie dell’Onu, sono in corso conflitti».
Impedire che la pandemia arrivi alle sue più estreme conseguenze nei Paesi più poveri avrebbe risvolti concretamente positivi anche per i Paesi ricchi – come il nostro – dato che Covid-19 ha mostrato per l’ennesima volta come il mondo sia tutto attaccato: per contenere il rischio di future epidemie di ritorno è necessario che tutti i Paesi siano al sicuro.