Ricostruzione post-sisma: andamento lento. Macerie, ritardi e vuoti
Rapporto Fillea Cgil e Legambiente: cantieri, allarme sicurezza, qualità del lavoro ed infiltrazioni criminali
[26 Ottobre 2020]
Dal terzo rapporto dell’Osservatorio Nazionale Sisma Fillea Cgil – Legambiente emerge un’amara realtà che che conferma quanto già sanno e vivono sulla propria pelle le comunità locali delle regioni coinvolte, Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria: «La ricostruzione sarà inferiore alle aspettative iniziali: è necessario prenderne atto, per poter programmare al meglio la politica ed i piani per lo sviluppo dei comuni del centro Italia colpiti dal sisma». Le cause di questo drammatico ritardo vanno ricercate «nell’assenza della necessaria analisi e la conseguente progettazione della ricostruzione e nelle continue proroghe e mancanza di termini certi per il finanziamento pubblico, confermando quanto sia necessaria, come da anni Legambiente e Fillea Cgil rivendicano, una Legge Quadro sulla prevenzione e la messa in sicurezza del territorio, la gestione delle emergenze e la ricostruzione seguente a calamità ed eventi straordinari. Una Legge Quadro che assuma il principio di una seria politica di programmazione, progettazione ed interventi di messa in sicurezza dei cittadini e del territorio da eventi calamitosi di diversa natura».
Al 30 giugno 2020, per la ricostruzione privata, quasi 80mila potenziali richieste, sono state poco meno di 14mila le domande presentate, oltre la metà ancora in lavorazione e solo il 17% le effettive Richieste di Contributo (RCR) pervenute alle Unità Speciali per la ricostruzione Regionali. Per quanto riguarda i contributi concessi ed erogati, al 31 agosto 2020 erano quasi 205 i milioni di euro trasferiti agli USR per la ricostruzione pubblica, mentre per la ricostruzione privata oltre 606 milioni.
Tutta colpa della burocrazia? Fillea e Legambiente denunciano che è invece questo «il “cavallo di Troia” nella cui pancia si sono in questi anni celati tentativi di limitare il controllo pubblico ed il rispetto delle regole per una ricostruzione di qualità! E allora mettiamo da parte le “scuse” e parliamo finalmente delle “cause”, intervenendo su di esse, a cominciare dalla partecipazione dei cittadini e delle associazioni che, nonostante sia stata più volte sollecitata anche da Fillea e Legambiente e sia prevista dalle norme, non è stata sufficientemente promossa ed applicata».
Per superare lo stallo della ricostruzione, Governo e Commissario straordinario sono intervenuti con una serie di modifiche normative per accelerare significativamente la fase di programmazione e quella di avvio dei lavori per la ricostruzione. L’Osservatorio dice che «Nell’insieme delle modifiche si è scelto di accelerare in modo incisivo gli strumenti di urbanistica dei comuni colpiti dal sisma, responsabilizzare i liberi professionisti, avviare Programmi Straordinari di ricostruzione (PSR) per i comuni maggiormente colpiti. Infine, si garantiscono tempi certi e molto stringenti per esaminare le domande e concedere i contributi, anche grazie all’impegno del sindacato che ha portato al rafforzamento degli organici tecnici delle amministrazioni locali. Le “semplificazioni” introdotte rappresentano una scelta politica coraggiosa e necessaria, ma quando la soglia del controllo pubblico si abbassa, si assiste ad una riduzione esponenziale della regolarità del lavoro e della qualità del costruito».
Sono state rimosse 2,4 milioni di tonnellate di macerie pubbliche, l’88% delle circa 2,7 milioni di tonnellate stimate inizialmente. Ma il rapporto avverte che «Le Regioni stanno aggiornando le stime e molto probabilmente aumenteranno. Si presume che la completa rimozione andrà ben oltre il 2020. Purtroppo, continua a mancare un coordinamento tra le quattro regioni e a oltre quattro anni di distanza, nell’era della digitalizzazione, non si è riusciti ad approntare un monitoraggio dei flussi delle macerie né un semplice sito web dove pubblicare i dati, rendendo molto faticoso il necessario controllo sociale sull’operato della Pubblica Amministrazione e sull’utilizzo di ingenti risorse pubbliche. Nonostante sia confermato che il 97-98% delle macerie è costituito da inerti riciclabili e utilizzabili, abbiamo informazioni certe solo su poco più di 200mila tonnellate di inerti lavorati e resi disponibili per il riutilizzo».
Al 31 dicembre 2019 erano poco meno di 5.500 i lavoratori edili, per il 34% stranieri, dipendenti delle 822 imprese registrate e presenti nei cantieri della ricostruzione (in media poco più di 6 dipendenti per impresa).
Guardando le tabelle del rapporto, saltano subito agli occhi due cose. «La percentuale di operai super specializzati è di poco inferiore alla media nazionale mentre, per il tipo di complessità delle opere, sarebbe dovuta essere superiore. Il secondo elemento è la massa salariale, in totale 22 milioni, per una media inferiore a quella nazionale. Per quanto riguarda poi il lavoro autonomo, impossibile indicare un numero di lavoratori perchè non è obbligatoria la registrazione in cassa edile. Così come poi confermato da vertenze e da indagini della magistratura avviate a seguito delle denunce del sindacato, resta alto il rischio che nei cantieri della ricostruzione siano presenti fenomeni di irregolarità diffusa: lavoro grigio e nero, contratti diversi da quelli dell’edilizia, falsi lavoratori a partita Iva, distacchi irregolari di lavoratori ovvero intermediazione illecita di manodopera».
Sospetti corroborati dalle 78 interdittive antimafia emesse fino al 28 febbraio 2020. «Un dato che conferma in modo preoccupante – dicono sindacalisti e ambientalisti – i tentativi di infiltrazione criminale e mafiosa nella ricostruzione e quindi la necessità di mantenere alto il livello di controllo con la puntuale applicazione dalle II e III Linee guida antimafia a partire dai Tavoli sui flussi di manodopera e dall’invio dei settimanali di cantiere (complessivi alle Prefetture e semplificati alla Casse Edili/Edilcasse)».
Per contrastare il lavoro sommerso e irregolare, la normativa sulla ricostruzione nell’area sisma 2016 prevede l’applicazione obbligatoria di due importanti strumenti per la regolarità nei cantieri: il settimanale di cantiere, strumento che potrebbe fornire importanti informazioni ma non viene utilizzato, ed il Durc per congruità. Al 20 settembre 2020, con un tempo medio di rilascio inferiore a 6 giorni (5,7), sono stati rilasciati in totale 436 Durc, relativi a lavori pari ad un totale di circa 45milioni con incidenza di manodopera del 34% circa. La valutazione di Fillea e Legambiente sull’applicazione del Durc nei cantieri della ricostruzione è positiva, ma ritengono che sia «necessario un piano di verifica con tutti gli uffici speciali per la ricostruzione, cosa che consentirebbe di bloccare erogazione di contributi a chi viola norme e contratti».
E sulla sicurezza non ci siamo proprio: «Su quasi 1.800 visite dei CPT (Comitati Paritetici Territoriali, strumento della bilateralità edile), la percentuale di cantieri con inadempienze gravissime è superiore a quella nazionale. In particolare, allarma il dato delle inadempienze gravi in materia di protezione dell’area di lavoro (ad esempio ponteggi inadeguati, mancanza di protezioni sulle lavorazioni in copertura, cavi scoperti, ecc.), superiori di 6 punti percentuali rispetto alla media nazionale. Per quanto riguarda l’emergenza Covid-19, si registra un ridotto numero di richieste da parte delle aziende (35 domande per 96 cantieri) per accedere al fondo istituito dal Commissario straordinario per le misure anti-Covid (su 20 milioni spesi solo 240mila euro): una ulteriore conferma della scarsa attenzione che le imprese dedicano al tema della sicurezza dei lavoratori, anche in presenza di finanziamenti pubblici».
In piena emergenza Covid, una ordinanza del Commissario straordinario ha garantito il pagamento degli Stato di Avanzamento dei Lavori (SAL), anche parziali, per tutti i lavori già eseguiti e l’anticipo del 50% delle spese per la progettazione ai tecnici professionisti, mantenendo l’obbligo di presentazione del Durc di Congruità. MA, Nonostante il pronto pagamento dei SAL Fillea e Legambiente hanno verificato che «La quasi totalità delle aziende che ha sospeso i lavoratori in cassa integrazione guadagni (Cig) per emergenza Covid 19, non ha anticipato il pagamento della cassa integrazione agli stessi lavoratori, che quindi hanno dovuto attendere il pagamento diretto da parte dell’INPS».
Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, conclude: «Nelle aree terremotate a quattro anni dal sisma i numeri del bilancio della ricostruzione sono più che sconfortanti, con ricadute pesanti sullo stato d’animo e sul futuro delle comunità colpite. Il lavoro avviato dal nuovo Commissario Giovanni Legnini, insediato a fine febbraio scorso, e il nuovo, e speriamo definitivo, quadro normativo stanno riaccendendo la speranza che possa finalmente esserci un cambio di passo. Il nostro auspicio è che prenda davvero avvio una ricostruzione sicura e di qualità, garantendo il coinvolgimento e la partecipazione delle comunità locali e delle associazioni impegnate per la rinascita di quelle aree. Vogliamo però ricordare che la ricostruzione fisica degli edifici e delle infrastrutture non basterà per contrastare lo spopolamento di questi territori, messi a dura prova dal sisma e dall’emergenza coronavirus. Per questo serve anche un forte impegno per rilanciare e rivitalizzare l’economia, puntando sullo sviluppo locale sostenibile e sull’innovazione sociale e digitale, valorizzando le grandi potenzialità e ricchezze dell’Appennino e mobilitando professionalità, partecipazione e impegno di tutti e dal basso. E che il tutto venga finalmente monitorato e reso trasparente, per il necessario controllo sociale».