La storia evolutiva delle piante svelata dai big data applicati alla botanica
Scoperta dei ricercatori dell’università di Pisa sul numero di cromosomi e la dimensione del genoma dell’antenato di tutte le piante da fiore
[12 Novembre 2020]
Lo studio “A deep dive into the ancestral chromosome number and genome size of flowering plants”, pubblisato su New Phytologist da Angelino Carta, Gianni Bedini e Lorenzo Peruzzi del dipartimento di biologia dell’università di Pisa, ha scoperto che «Nel corso dell’evoluzione le angiosperme, cioè le piante da fiore, hanno mantenuto pressoché costante il numero di cromosomi e ridotto le dimensioni del proprio genoma, cioè il numero di geni di cui sono provviste».
Un’eccezionale scoperta che è stata realizzata dai ricercatori italiani, realizzato grazie all’applicazione dei big data alla botanica, un approccio innovativo sperimentato proprio all’università di Pisa.
Carta, Bedini e Peuzzi hanno infatti «elaborato con tecniche probabilistiche e computazionali le informazioni cromosomiche di oltre 10.000 specie, in modo da modellare l’evoluzione del numero cromosomico delle angiosperme per un arco di tempo di 140 milioni di anni».
Carta il ricercatore originario dell’Isola d’Elba che ha diretto lo studio, spiega: «Ci muoviamo nel campo della ricerca di base e il nostro obiettivo è di capire che caratteristiche avesse l’antenato di tutte le angiosperme. Per capirci, le cellule umane possiedono 46 cromosomi e tendenzialmente anche altri animali sono caratterizzati da uno specifico numero cromosomico, con variabilità abbastanza ridotta. Le piante variano invece moltissimo sia riguardo al numero cromosomico, da 4 a oltre 600 cromosomi nelle piante a fiore, che alle dimensioni dei cromosomi, strettamente connesse alle dimensioni dell’intero genoma».
I risultati della ricerca hanno così evidenziato che «Nella storia evolutiva delle angiosperme prevale nettamente la tendenza a ridurre il numero cromosomico, piuttosto che ad aumentarlo tramite poliploidia (ovvero la duplicazione dell’intero genoma). Anche i risultati sull’evoluzione della dimensione del genoma suggeriscono che le prime duplicazioni dell’intero genoma probabilmente si sono verificate solo dopo circa 30 milioni di anni di evoluzione delle angiosperme».
Carta conclude: «L’Università di Pisa ha una lunga tradizione di citogenetica delle piante, che trova oggi coronamento in questo importante risultato l’applicazione di metodi innovativi ed avanzati ci ha permesso di comprendere in modo estremamente dettagliato una parte significativa della storia evolutiva delle angiosperme. Ulteriori approfondimenti sull’organizzazione e sull’evoluzione del genoma nelle piante a fiore emergeranno sicuramente nei prossimi anni da ulteriori avanzamenti sul fronte filogenetico, cromosomico e di sequenziamento del genoma, nonché dai progressi nello sviluppo di metodi e modelli macroevolutivi».
Nell’editoriale che New Phytologist dedica alla scoperta, Marcial Escudero dell’università di Siviglia e Jonathan F. Wendel dell’Iowa State University scrivono che «Questo semplice esercizio rivela la vastità e la portata del fenomeno filogeneticamente quasi universale di “boom and bust”, o consolidamento genomico a seguito di eventi WGD (whole genome duplication, ndr) nelle angiosperme. Tuttavia, nonostante queste intuizioni, ci manca ancora una comprensione fondamentale delle pressioni sella selezione evolutiva (e deriva) che guidano i processi di ridimensionamento del genoma post-poliploidizzazione e fusione cromosomica. Qual è la natura delle forze selettive che riducono ripetutamente i numeri dei cromosomi e le dimensioni del genoma? Esistono già alcune teorie chiave sull’ipotesi del cosiddetto “large genome constraint”: limitazioni del fosforo (P) e dell’azoto (N), restrizioni del ciclo di vita, tolleranze ecologiche limitate o piccole dimensioni della popolazione per piante con genomi grandi. E’ interessante anche perché sono consentite eccezioni, come nei Liliales, che hanno dimensioni del genoma eccezionalmente grandi a causa della proliferazione di DNA ripetitivi. In particolare, nel nostro esempio emoji, Tulipa è l’unico caso in cui la dimensione del genoma osservato è maggiore del previsto considerando solo eventi di poliploidizzazione».
Escudero e Wendel concludono: «Gli straordinari progressi dell’ultimo decennio hanno permesso a Carta et al e a tutti noi, di comprendere in modo estremamente dettagliato le sequenze del genoma e le storie evolutive delle piante, rivelando la loro straordinaria storia che comprende l’evoluzione delle dimensioni del genoma, la WGD e la riduzione della disploide. Ulteriori approfondimenti sull’organizzazione e l’evoluzione del genoma nelle angiosperme emergeranno sicuramente nei prossimi anni da ulteriori progetti filogenetici, cromosomici e di sequenziamento del genoma, nonché dai progressi nello sviluppo di metodi e modelli macroevolutivi».