Ecco come si diffonde ovunque la microplastica. Uno studio rivela il meccanismo di accumulo e spostamento

Scoperte che avranno importanti ricadute per le operazioni di disinquinamento e in campo medico e industriale

[2 Dicembre 2020]

L’inquinamento da plastica è ormai onnipresente: nedgli ambienti naturali di tutto il mondo, dalla vetta dell’Everest, alla Fossa delle Marianne, all’Antartide, si trovano particelle di microplastiche provenienti da prodotti usa e getta, ma finora il modo in cui queste particelle si spostano e si accumulano nell’ambiente è scarsamente compreso.

Lo studio “Multiscale dynamics of colloidal deposition and erosion in porous media”, pubblicato recentemente su Science Advances da un team di ricercatori dell’università di Princeton ha rivelato il meccanismo attraverso il quale le microplastiche, come il polistirolo, e le particelle inquinanti vengono trasportate per lunghe distanze attraverso il suolo e altri mezzi porosi, con implicazioni per prevenire la diffusione e l’accumulo di contaminanti nelle fonti di cibo e acqua.

Lo studio rivela che «Le particelle di microplastica si bloccano quando viaggiano attraverso materiali porosi come suolo e sedimenti, ma in seguito si liberano e spesso continuano a spostarsi sostanzialmente oltre».  Uno degli autori dello studio, Sujit Datta  del Department of Chemical and Biological Engineering, Princeton University sottolinea  che «Identificare questo processo di arresto e riavvio e le condizioni che lo controllano è una novità. In precedenza, i ricercatori pensavano che quando le microparticelle si bloccavano, generalmente rimanevano lì, il che limitava la comprensione della diffusione delle particelle.

Datta ha guidato il team di ricerca, che ha scoperto che «Le microparticelle vengono liberate quando la velocità del fluido che scorre attraverso il mezzo rimane abbastanza alta. I ricercatori di Princeton hanno dimostrato che il processo di deposizione, o formazione di zoccoli, e l’erosione, la loro rottura, è ciclico; gli zoccoli si formano e poi vengono rotti dalla pressione del fluido nel tempo e a distanza, spostando ulteriormente le particelle attraverso lo spazio dei pori fino a quando non si riformano».

Datta evidenzia che «Non solo abbiamo riscontrato queste fantastiche dinamiche di particelle che si bloccano, si intasano, accumulano depositi e che poi vengono spinte, ma questo processo consente alle particelle di espandersi su distanze molto maggiori di quanto avremmo pensato altrimentio.

Il team interdisciplinare ha testato due tipi di particelle – “appiccicose” e “non appiccicose” – che corrispondono ai tipi  di microplastiche presenti nell’ambiente. E, sorprendentemente, hanno scoperto che tra le due tipologie nel processo di diffusione non c’era differenza: entrambe si intasano o vengono sbloccate a pressioni del fluido sufficientemente elevate. L’unica differenza era dove si formavano i grappoli. «Le particelle “non appiccicose” – spiegano ancora i ricercatori – tendevano a rimanere bloccate solo in passaggi stretti, mentre quelle appiccicose sembravano essere in grado di rimanere intrappolate su qualsiasi superficie di un solido che incontravano. Come risultato di queste dinamiche, è ora chiaro che anche le particelle “appiccicose” possono diffondersi su vaste aree e attraverso centinaia di pori».

Nello studio i icercatori descrivono il pompaggio di microparticelle di polistirene fluorescente e fluido attraverso un mezzo poroso trasparente sviluppato nel laboratorio di Datta, che ha permesso di osservare al microscopio come si muovono le microparticelle. Il polistirene è la microparticella di plastica che compone il polistirolo, che spesso è disseminato nel suolo e nei corsi d’acqua e in mare a causa della degradazione di materiali per le spedizioni, contenitori da fast food e le cassette per il persce. I mezzi porosi che hanno creato i ricercatori imitano la struttura dei mezzi presenti in natura, inclusi i terreni, i sedimenti e le falde acquifere. I supporti porosi sono opachi, quindi non è possibile vedere come al loro interno agiscono o fluiscono le microparticelle. I ricercatori di solito misurano ciò che entra e esce dai supporti e cercano di dedurre i processi che sono in corso al loro interno. Realizzando mezzi porosi trasparenti, i ricercatori hanno superato questa limitazione.

Secondo Philippe Coussot, professore all’École des Ponts ParisTech, che non ha partecipato  allo studio, «Datta e colleghi hanno aperto la scatola nera con uno straordinario approccio sperimentale».

Datta spiega ancora: «Abbiamo escogitato dei trucchi per rendere il supporto trasparente. Quindi, utilizzando microparticelle fluorescenti, possiamo osservare le loro dinamiche in tempo reale utilizzando un microscopio. La cosa bella è che possiamo effettivamente vedere cosa stanno facendo le singole particelle in diverse condizioni sperimentali».

Lo studio, ha dimostrato che, durante l’esperimento, «Sebbene le microparticelle di polistirolo si siano bloccate in alcuni punti, alla fine sono state liberate e spostate lungo ‘intera lunghezza del supporto».

L’obiettivo finale della ricerca di Princeton è quello di «Utilizzare queste osservazioni di particelle per migliorare i parametri per modelli su scala più ampia per prevedere la quantità e la posizione della contaminazione. I modelli si baserebbero su diversi tipi di mezzi porosi e diverse dimensioni delle particelle e chimica, e aiuterebbero a prevedere con maggiore precisione la contaminazione in varie condizioni di irrigazione, pioggia o deflusso ambientale. La ricerca può aiutare a informare i modelli matematici per comprendere meglio la probabilità che una particella si sposti su una certa distanza e raggiunga una destinazione vulnerabile, come un terreno agricolo, un fiume o una falda acquifera nelle vicinanze».

I ricercatori hanno anche studiato come la deposizione di particelle microplastiche influisce sulla permeabilità del mezzo, inclusa la facilità con cui l’acqua per l’irrigazione può fluire attraverso il suolo quando sono presenti microparticelle.

Datta conclude: «Questo esperimento è la punta dell’iceberg in termini di particelle e applicazioni che ora i ricercatori possono studiare. Ora che abbiamo trovato qualcosa di così sorprendente in un sistema così semplice, siamo entusiasti di vedere quali sono le implicazioni per sistemi più complessi. Ad esempio, questo principio potrebbe fornire informazioni su come argille, minerali, grani, quarzo, virus, microbi e altre particelle si muovono in mezzi con complesse sostanze chimiche in superficie. La conoscenza aiuterà anche i ricercatori a capire come distribuire nanoparticelle ingegnerizzate per risanare falde acquifere contaminate, forse fuoriuscite da uno impianto produttivo, una fattoria o un flusso di acque reflue urbane. Al di là della bonifica ambientale, i risultati sono applicabili ai processi di una vasta gamma di settori, dalla somministrazione di farmaci ai meccanismi di filtrazione e, in modo efficace, a qualsiasi mezzo in cui le particelle scorrono e si accumulano».