Green deal, andrà tutto bene se tutti (a partire dalle Regioni) faranno la loro parte
Ecco le rinnovabili che mancano all’Italia per raggiungere gli obiettivi Ue al 2030
Re Rebaudengo: «Negli ultimi anni installati circa 1 GW all’anno, dovrebbero essere 6,5 per rispettare i target. Di questo passo li raggiungeremo nel 2085»
[17 Dicembre 2020]
I decision maker si chiamano così perché, appunto, hanno l’onere e l’onore di prendere decisioni perché sono stati eletti (nel caso dei politici) proprio per questo ed è dunque normale che anche il Green deal, con il quale tutti si sciacquano la bocca, abbia bisogno di loro – e del loro coraggio, che in realtà scarseggia – per poter decollare. Non ci sono obiettivi di transizione energetica raggiungibili senza che Governo e regioni traccino un percorso possibile e chiaro dentro il quale i privati possano fare gli investimenti necessari.
Lo ha ricordato il presidente di Elettrictà futura, Agostino Re Rebaudengo, in un suo intervento dove segnala ancora una volta che “in soli 10 anni l’Italia dovrà dare il proprio contributo all’impegno europeo di tagliare del 55% le emissioni di CO2, aggiungendo almeno 65 GW di nuova potenza rinnovabile e rendendo green il 70% dei consumi elettrici italiani”. Ma che “negli ultimi anni siamo riusciti ad installare in Italia circa 1 GW all’anno di nuova capacità rinnovabile (…)” mentre “dovrebbero essere 6,5 i nuovi GW rinnovabili da installare ogni anno per rispettare i target del Green deal al 2030, che di questo passo raggiungeremo nel 2085!”.
“Il burden sharing – aggiunge Re Rebaudengo – deve essere la declinazione del Green deal a livello regionale. Elettricità futura ha quantificato l’aumento della capacità rinnovabile al 2030 nelle diverse aree del territorio nazionale: 21 GW al Nord (Piemonte, Valle D’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria ed Emilia Romagna); 8 GW al Centro Nord (Toscana, Umbria e Marche); 13 i nuovi GW da installare al Centro Sud (Lazio, Abruzzo, Campania); 13 GW al Sud (Molise, Puglia, Basilicata, Calabria); 7 GW in Sicilia e 3 GW in Sardegna”.
Ma cosa blocca la strada per la decarbonizzazione a livello locale? “Un freno è di certo il circolo vizioso tra l’incapacità decisionale di chi governa il territorio e l’opposizione – quasi sempre strumentale – dei comitati del “no” allo sviluppo degli impianti, laddove i fenomeni Nimto (Not in my term of office) e Nimby (Not in my back yard) si alimentano a vicenda con la complicità degli eccessi di burocrazia e della troppo spesso confusa compagine di responsabilità e competenze che caratterizzano il settore elettrico”.
Ecco, l’accusa è chiara e ad alimentarla c’è anche una spiegazione ‘tecnica’: “L’energia è una materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, cioè a livello nazionale sono stati stabiliti i principi fondamentali – tra cui quello della massima diffusione e di un generale favor per le fonti rinnovabili come previsto dall’Unione europea – ma è dalle Regioni che dipende la normativa di dettaglio, in particolare per gli aspetti autorizzativi e per l’individuazione delle “aree non idonee” alla costruzione degli impianti”.
Come abbiamo raccontato tante volte da queste colonne, uno dei grandi ostacoli è l’illusorio slogan dell’impatto zero. Purtroppo non esiste e da qui troppo spesso nascono i ricorsi, le leggi che invece di far sviluppare il settore lo mortificano, finendo per non fare né il bene dell’ambiente, né quello economico, perché se non si incrementano gli impianti alimentati da fonti rinnovabili la sola alternativa restano i combustibili fossili.
Per Re Rebaudengo la situazione è questa: “Norme particolarmente stringenti e gravose, con effetti dilatori o in alcuni casi di illegittima moratoria, nonché altri ostacoli posti a livello regionale in materia energia rinnovabile, sono stati in più occasioni giudicati incostituzionali dalla Corte perché con essi le Regioni hanno invaso uno spazio riservato allo Stato, spesso anche in contrasto con gli impegni assunti in ambito comunitario”.
E dunque “tra le azioni urgenti per rendere le tempistiche autorizzative più semplici, certe e veloci vi sono il superamento di una eccessiva discrezionalità amministrativa negli iter autorizzativi, l’aggiornamento del Piano energia e clima e l’assegnazione dei target regionali vincolanti in coerenza con il Green deal. Indispensabile che anche il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (MiBACT) definisca linee guida, sui temi del paesaggio, chiare e compatibili con il raggiungimento dei target, la cui responsabilità esecutiva deve essere chiaramente delegata ai funzionari o ai sovraintendenti. Troppo spesso si assiste a casi di progetti che, nonostante siano stati sottoposti a lunghi e severi percorsi autorizzativi, patiscono un diniego sulla base di rilievi paesaggistici arbitrari e non calibrati in maniera corretta rispetto a obiettivi e benefici ambientali”.
Nessuna deregulation, sia chiaro, ma là dove gli impianti per l’energia rinnovabile si possono fare, vanno fatti. E se qualcuno si oppone, e qualcuno si opporrà sempre, le Regioni devono essere in grado di perseguire l’obiettivo comune – che è la decarbonizzazione – e non i voti. Ognuno ha un ruolo.