Otto rinvii a giudizio per i 130 milioni di dischetti di plastica del depuratore finiti in mare
Legambiente e Clean Sea Life: chi ha inquinato paghi. Chiediamo che venga fatta ecogiustizia
[18 Dicembre 2020]
Per lo sversamento in mare di filtri di plastica (i supporti utilizzati in impianti di depurazione delle acque, dove crescono i batteri che purificano l’acqua assorbendo i nutrienti) dal depuratore di Capaccio Paestum (Salerno), avvenuto nel febbraio del 2018, il gup di Salerno Vincenzo Pellegrino ha rinviato a giudizio per disastro ambientale e inquinamento doloso in concorso 7 funzionari del Comune e di Veolia degli 8 indagati, un altro sarà giudicato con il rito abbreviato. Legambiente, Wwf, Codacons e comuni di Formia e Latina sono stati ammessi come parte civile. Per Legambiente, «Si tratta di un processo molto importante, visto che si stiamo parlando del primo processo in Italia per inquinamento da plastica in mare. Ancora una volta si dimostra la validità della legge sugli ecoreati, visto che i reati contestati sono quelli di inquinamento e disastro ambientale».
Secondo il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, «Chi inquina deve pagare e oggi questo può avvenire grazie alla legge 68/2015 sugli ecoreati, approvata nel 2015 dopo una battaglia ventennale dell’associazione, che prevede tra i nuovi delitti anche l’inquinamento e il disastro ambientale. Reati per i quali sette delle otto persone, un altro sarà giudicato con il rito abbreviato, sono state rinviate a giudizio per la vicenda dei dischetti di plastica dispersi in mare, uno scempio ambientale senza precedenti visto che i dischetti sono stati trovati non solo sulle coste italiane ma anche su quelle di altri paesi, tra cui Francia e Spagna, come denunciato più volte dal progetto Clean Sea Life, di cui Legambiente è partner, sulla base delle segnalazioni arrivate in questi anni. Il problema dei rifiuti marini costituisce un’emergenza ambientale di scala mondiale, dopo quella dei cambiamenti climatici, che deve essere al più presto risolta mettendo in campo azioni concrete coordinate tra Stati, puntando su politiche di prevenzione e sensibilizzazione, su una corretta gestione dei rifiuti e coinvolgendo cittadini e giovani generazioni. Dall’altro canto, però, occorre non abbassare la guardia punendo chi inquina e chi commette reati contro l’ambiente. Per questo ci siamo costituiti parte civile affinché ecogiustizia sia fatta in nome dell’ambiente, del popolo inquinato e del mare».
Lo staff di Clean Sea Life – un progetto co-finanziato dal programma LIFE della Commissione Europea, il cui capofila è il Parco Nazionale dell’Asinaracon i partnerCoNISMa, Fondazione Cetacea, Legambiente, MedSharks e Centro Velico Caprera – ricorda che «Cittadini, centri di ricerca e volontari, attivati dal progetto europeo Clean Sea Life su richiesta degli inquirenti, hanno fornito un contributo importante alle indagini. Le oltre 600 segnalazioni foto/video raccolte da Clean Sea LIFE hanno generato una mappa della successione cronologica degli spiaggiamenti che, confrontata con l’analisi delle correnti marine effettuata dal Consorzio oceanografico LaMMA, ha confermato l’origine dello sversamento nel Golfo di Salerno. Le segnalazioni dimostrano inoltre come in questi tre anni i leggeri “carrier” di plastica, sospinti dalle correnti, abbiano investito tutte le coste occidentali italiane e raggiunto Francia, Spagna, Tunisia e Malta, spingendosi in numerosi parchi marini». Almeno tre le tartarughe marine protette– due di queste decedute – che hanno ingerito dischetti, un esemplare di Caretta caretta trovato morto a Camerota, aveva inghiottito ben 7 dischetti.
Clean Sea Life ricorda che «La massiccia mobilitazione ispirata negli anni dal progetto europeo ha spinto in spiaggia centinaia di volontari in tutta Italia: oltre 200 le iniziative di pulizia “#cacciaaldischetto” di singoli o gruppi organizzati, che hanno portato alla raccolta di oltre 260.000 carrier, catalogati e geo-referenziati dai ricercatori Clean Sea Life. Ancora oggi i dischetti emergono dalla sabbia in tutte le coste tirreniche e ioniche italiane, confusi fra ammassi di legni e rifiuti o sepolti sotto la sabbia, da cui riemergono in seguito alle grandi burrasche autunnali».
Maria Teresa Imparato, presidente di Legambiente Campania, conclude: «Grazie alla campagna #cacciaaldischetto promossa insieme a Clean Sea Life e all’impegno di tantissimi volontari, in questi anni siamo riusciti a ripulire diverse lidi campani invasi dai dischetti. Ora però ci aspettiamo che i responsabili siano puniti come previsto dalla legge 68/2015 sugli ecoreati. Senza però dimenticare l’altro grande problema dell’Italia e che Con Goletta Verde denunciamo da anni, ossia l’inadeguatezza degli impianti di depurazione, una carenza strutturale che ci è già costata condanne e procedure d’infrazione da parte dell’Unione europea, con diversi sanzioni».