La Eea spiega perché è impossibile raggiungere un'economia circolare al 100%
È possibile una crescita senza crescita economica?
Agenzia europea dell'ambiente: «Necessario riformulare le nozioni di progresso in termini più ampi rispetto al consumo», verso la crescita personale e sociale. I cittadini chiedono reddito di base universale e riduzione dell'orario di lavoro
[22 Gennaio 2021]
Possono le società e le persone prosperare e crescere senza danneggiare l’ambiente e il clima? È possibile attuare L’European Green Deal con innovazioni sociali che abbiano un impatto ambientale minimo o nullo? A queste domande cerca di rispondere il recente briefing “Growth without economic growth” dell’European environment agency (Eea) che esplora modi alternativi di pensare alla crescita e al progresso.
Dall’Eea sottolineano che «la crescita economica è strettamente collegata all’aumento della produzione, del consumo e dell’utilizzo delle risorse, che ha effetti negativi sulla natura, il clima e la salute umana. Inoltre, la ricerca attuale suggerisce che è improbabile che la crescita economica possa essere completamente separata dai suoi impatti ambientali. Sono state presentate varie idee e teorie per ripensare la crescita economica e il progresso della società: crescita verde, economia della ciambella, programmi per la post-crescita e decrescita condividono tutti obiettivi simili ma divergono nei mezzi per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità».
Il briefing dell’Eea ricorda che la crescita economica è fortemente legata agli indicatori del benessere umano, come l’aspettativa di vita e l’istruzione e che anche i valori fondamentali dell’Europa, come la dignità umana, la libertà, la democrazia, non sono materialistici e il mantenimento di standard sociali, sanitari e ambientali elevati non deve dipendere dalla crescita economica. Per questo, «le iniziative politiche per un futuro sostenibile richiedono non solo cambiamenti tecnologici, ma anche cambiamenti nei consumi e nelle pratiche sociali. La sfida è innovare stili di vita che consumano meno ma siano attraenti per individui che non hanno un interesse ambientale, spirituale o ideologico». Il brefieng Eea pone una domanda essenziale: «Potrebbe, ad esempio, l’European green deal diventare un catalizzatore per una società che consuma meno e cresce in dimensioni diverse da quelle materiali?»
Il briefing parte da alcuni punti fermi: «La “grande accelerazione” in corso nella perdita di biodiversità, cambiamento climatico, inquinamento e perdita di capitale naturale sono strettamente collegate alle attività economiche e alla crescita economica. Potrebbe non essere possibile un disaccoppiamento completo tra crescita economica e consumo di risorse. L’economia della ciambella, la post-crescita e la decrescita sono alternative alle concezioni tradizionali di crescita economica che offrono preziose intuizioni. L’European green deal e altre iniziative politiche per un futuro sostenibile richiedono non solo cambiamenti tecnologici, ma anche cambiamenti nei consumi e nelle pratiche sociali. La crescita è radicata culturalmente, politicamente e istituzionalmente. Il cambiamento ci impone di affrontare queste barriere in modo democratico».
Il mondo sta subendo rapidi cambiamenti – bisogni umani, desideri, attività e tecnologie – che interagiscono in maniera estremamente complessa e contribuiscono alla grande accelerazione del consumo umano e del degrado ambientale. «La civiltà umana è attualmente profondamente insostenibile – sottolinea l’Eea – Queste dinamiche devono cambiare». Ma i cambiamenti necessari sono sia economici sia strutturali, e va preso atto che le politiche ambientali e climatiche dell’Ue hanno portato (anche) all’esternalizzazione di quote significative di attività ad alta intensità energetica nei Paesi extra-Ue e alla finanziarizzazione delle economie europee. Il briefing evidenzia che «una riduzione assoluta delle pressioni e degli impatti ambientali richiederebbe trasformazioni fondamentali in un diverso tipo di economia e società, invece di aumenti di efficienza incrementali all’interno di sistemi di produzione e consumo consolidati».
L’altra domanda è «se la crescita economica non può essere disgiunta dall’uso delle risorse, è possibile estendere l’uso delle risorse esistenti all’interno dell’economia?». Da questo punto di vista l’economia circolare punta ad un più efficiente impiego di risorse naturali e al re-impiego di materie seconde – e quindi anche una gestione dei nostri rifiuti complessivamente rifiuti –, ma la stessa Eea fa notare che «l’economia circolare, tuttavia, potrebbe non portare la trasformazione verso la sostenibilità se le misure di circolarità alimentano una strategia di crescita che porta a un aumento del consumo di materiali. Un’economia ridimensionata per corrispondere all’input di materia che può riciclare sarebbe un’economia molto lenta».
Secondo l’economia circolare, le materie potrebbero essere acquisite sempre più dall’interno del ciclo economico, riducendo l’impatto ambientale aumentando il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali. Ma l’Eea fa notare che «questo “immaginario” socio-tecnico ha un potenziale limitato per la sostenibilità, come rivelato dall’analisi biofisica», arrivando a una conclusione molto netta: raggiungere «una circolarità al 100% è impossibile», in barba ai vari slogan “rifiuti zero”.
In effetti, secondo Eurostat nel 2019 l’Ue aveva un tasso di circolarità pari al 12% circa (mentre in Italia siamo al 17%). L’Eea evidenzia che «alla luce delle attuali tecnologie di progettazione dei prodotti e di gestione dei rifiuti, i tassi di riciclaggio di materiali come plastica, carta, vetro e metalli possono e dovrebbero essere notevolmente aumentati in linea con le ambizioni politiche dell’Ue. Tuttavia, nel complesso, il materiale riciclabile rimane una parte esigua della produzione di materiale. Il basso potenziale di circolarità è dovuto al fatto che una quota molto ampia della produzione di materiale primario è composta da vettori energetici, che vengono degradati con l’uso, come spiegato dalle leggi della termodinamica, e non possono essere riciclati, e i materiali aggiunti al patrimonio edilizio, che vengono riciclati in periodi molto più lunghi». Una dinamica che può essere interpretata alla luce dello studio di Tainter (1988) sul collasso delle società complesse: con l’aumentare della complessità, ci sono rendimenti marginali decrescenti sui miglioramenti nella risoluzione dei problemi; quindi, i miglioramenti su scala locale hanno un impatto minimo sul sistema complessivo.
Inoltre, elevati volumi di produzione e bassi tassi di riciclaggio sembrano essere condizioni per un’elevata produttività. Le società avanzate richiedono infatti elevati volumi di energia e materiali per mantenere la loro complessità organizzativa. Da tutto questo emerge «la necessità di ripensare e riformulare le nozioni sociali di progresso in termini più ampi rispetto al consumo».
Il briefing Eea ricorda che «storicamente, gli stati moderni hanno abbracciato il pensiero economico incentrato sulla crescita economica e concettualizzato i problemi sociali e ambientali come esternalità. Di conseguenza, la crescita è radicata culturalmente, politicamente e istituzionalmente. In tutto il mondo, la legittimità dei governi non può essere separata dalla loro capacità di fornire crescita economica e fornire occupazione».
Tuttavia, gli ultimi decenni hanno visto nascere diverse iniziative per ripensare l’economia, compreso il movimento Rethinking Economics, e sviluppare prospettive teoriche che combinano l’attenzione ai bisogni legittimi dell’attuale popolazione umana con la necessità di una trasformazione verso un futuro sostenibile. Il pensiero ecomoderno promuove la “crescita verde” attraverso il progresso scientifico e tecnologico. Altri campi accademici e movimenti sociali sono andati oltre l’idea di crescita verde e hanno proposto concetti come l’economia della ciambella e la decrescita. Altre prospettive radicali provengono dagli studi sulla transizione, dalla scienza post-normale, dall’economia ecologica e dagli studi sulla resilienza.
L’Eea ha riassunto teorie ed esperienze osservando che «la sfida nei prossimi anni consisterà nel portare queste intuizioni all’interno dei principali processi politici e nel considerare come possano essere rese operative in modo efficace a sostegno degli obiettivi di sostenibilità dell’Europa. Per tradurre le idee alternative sulla crescita in nuovi modi di vivere è richiesta innovazione sociale, politica e tecnologica».
L’ispirazione si trova anche in tradizioni molto antiche. Lo slogan di Ernst Schumacher (1973) “Piccolo è bello!” aveva radici profonde nel pensiero orientale e occidentale. Esistono una gamma di comunità religiose, spirituali e secolari che sono meno materialiste, che consumano meno e cercano stili di vita più semplici di quelli della società tradizionale. Le cosiddette “persone semplici” (ad esempio gli Amish e i Quaccheri) praticano una vita semplice come parte della loro identità religiosa. Negli ecovillaggi, lo stile di vita più semplice è connesso all’ambientalismo (GEN Europe, 2020). Innumerevoli comunità su Internet si dedicano a una vita semplice per aumentare la qualità della vita, ridurre lo stress personale e ridurre le pressioni ambientali. Tra le scuole di pensiero sulla crescita, i movimenti della decrescita sono particolarmente interessati alla vita semplice.
Se ci sono limiti alla crescita economica e alla traiettoria attuale (Piano A), il Piano B per arrivare alla sostenibilità è quello di innovare stili di vita, comunità e società che consumano meno e tuttavia sono attraenti per tutti, e non solo per gli individui con un interesse spirituale o ideologico.
Ma il briefing Eea avverte che «il piano B è estremamente impegnativo. La crescita economica è altamente correlata agli indicatori di salute e benessere, come l’aspettativa di vita e l’istruzione. Grazie alla crescita economica, la porzione della popolazione mondiale che vive in condizioni di povertà estrema, definita dalla soglia di povertà di 1,90 dollari al giorno, è scesa dal 36% nel 1990 al 10% nel 2015. In termini di economia della ciambella, è possibile che la ciambella tra i bisogni umani di base ei confini planetari sia molto sottile».
Ma quello che è certo è che la crescita economica non ha contribuito a diminuire la disuguaglianza, né tra i Paesi né al loro interno e che, sebbene l’Europa rimanga il continente con le società più eque, anche nell’Ue le disuguaglianze sono aumentate, anche se a un ritmo più lento rispetto ad altre regioni, dato che il neoliberismo ha fortemente intaccato il modello socialdemocratico. Inoltre, è sempre più evidente il rischio che – per la prima volta – a causa degli alti livelli di disoccupazione, i giovani in Europa possano diventare più poveri dei loro genitori. Un’ipotesi che è già un fatto in Italia, dove oltre il 70% della popolazione è più povera oggi di 30 anni fa.
L’Eea ammette che «può darsi che anche il piano B debba essere preso in considerazione per non lasciare indietro nessuno, in particolare i più vulnerabili della popolazione. Vecchie e nuove narrazioni sulla necessità di un reddito di base universale, un’idea che è supportata da quasi due terzi degli europei, e la richiesta di una riduzione dell’orario di lavoro, sono oggi messe in risalto in modo più evidente. Queste misure sono suggerite come possibili modi per risolvere i pregiudizi di genere e la distribuzione ineguale dell’orario di lavoro nella società, oltre a limitare gli impatti della crescita del lavoro precario e insicuro in Europa».
Il briefing Eea “Growth without economic growth” conclude: «Mentre il pianeta è finito in senso biofisico, può essere possibile una crescita infinita dei valori esistenziali umani, come la bellezza, l’amore e la gentilezza, così come dell’etica. La società sta attualmente sperimentando dei limiti alla crescita perché è vincolata a definire la crescita in termini di attività economiche e consumo di materiali. L’imperativo della crescita economica è radicato culturalmente, politicamente e istituzionalmente. Come sottolineato dal Vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans (EC, 2019), tuttavia, la necessità di un cambiamento trasformativo, amplificata e accentuata dalla pandemia di Covid-19, richiede un profondo ripensamento delle nostre attività alla luce della sostenibilità. Cosa si potrebbe ottenere in termini di progresso umano se l’European green deal europeo fosse attuato con lo scopo specifico di ispirare i cittadini, le comunità e le imprese europee a creare pratiche sociali innovative che abbiano un impatto ambientale minimo o nullo ma mirino comunque alla crescita sociale e personale?».