L’analisi dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani
Ecco quanto costano all’Italia le procedure d’infrazione europee sull’ambiente
Sull’Italia pendono al momento sei sentenze di seconda condanna, di cui la metà relative al settore ambientale. Complessivamente, dal 2012 sono costate più di 750 milioni di euro
[16 Marzo 2021]
Come per il resto dei Paesi europei, l’ambienta rappresenta l’ambito in cui l’Italia registra più inadempimenti per quanto riguarda il rispetto delle norme europee, una tendenza cui corrispondono non solo peggiori performance per quanto riguarda la tutela della salute – ambientale appunto, ma soprattutto umana – ma anche multe molto salate, come documenta l’Osservatorio sui conti pubblici italiani. Ma nonostante tutto il numero d’infrazioni attive è tornato a crescere.
Guardando a tutte le procedure d’infrazione attive, l’Italia è passata dalle 62 aperte alla fine del 2017 al dato odierno di 82 (+32%), che colloca l’Italia al settimo posto tra i paesi Ue. Guardando alla loro gravità, il posizionamento dell’Italia nello scacchiere europeo peggiora: il numero di procedure attive portate all’attenzione della Corte, ovvero quelle per cui è stato presentato ricorso e quelle per cui è stata emanata una sentenza (e che sono in attesa di adempimento da parte dello Stato), l’Italia purtroppo guida la classifica con 22 procedimenti davanti a Grecia (20), Spagna (15) e Polonia (13).
Restringendo il focus sulle infrazioni ambientali, le criticità si accentuano. L’ambiente è infatti «la categoria che detiene di gran lunga il primato rispetto alle procedure aperte», e dopo un calo registrato nel periodo 2011-2016 (-60%, con un passaggio da 33 casi pendenti a 13), a partire dalla fine del 2016 «per quanto riguarda l’ambiente i casi sono aumentati del 30%».
A consuntivo, l’Osservatorio documenta che «sull’Italia pendono al momento sei sentenze di seconda condanna ai sensi dell’art. 260, di cui la metà relative al settore ambientale e la restante metà al mancato recupero di aiuti di Stato». Quelle ambientali sono le seguenti:
- il tema delle discariche abusive (sentenza C-196/13). Nel 2007, durante il primo giudizio, la Corte ha constatato come in Italia fossero presenti ben 218 discariche irregolari, ossia prive delle necessarie autorizzazioni per operare in conformità con la disciplina europea sui rifiuti.Al tempo della seconda sentenza, emanata nel 2014, le discariche abusive presenti in Italia erano ancora 198, delle quali 14 contenenti rifiuti pericolosi, spingendo di conseguenza la Corte a sanzionare l’Italia al pagamento di un’ammenda
- il settore dei rifiuti nella regione Campania, non in linea con gli standard europei per il recupero e lo smaltimento dei rifiuti (C-653/13). La sentenza di seconda condanna ha infatti accertato nel 2015, a cinque anni dalla prima, il perdurare dell’inadempimento
- il problema delle acque reflue urbane (C-251/17).Nell’ambito della prima sentenza emanata nel 2012, l’Italia è stata condannata a causa di 109 agglomerati urbani che erano sprovvisti di reti fognarie per la raccolta e il trattamento delle acque reflue conformi alla Direttiva 91/27/CEE. La sentenza di seconda condanna è invece arrivata nel 2018, poiché dei 109 agglomerati da mettere a norma ancora 74 risultavano non conformi alla disciplina europea, nonostante la prima sentenza richiedesse all’Italia di adempiere entro il 2016
Come già accennato, dal 2012 ad oggi, le sei sentenze di seconda condanna inflitte all’Italia «sono costate più di 750 milioni di euro, di cui 152 versati per sanzioni forfettarie e circa 600 a titolo di penalità. Nel confronto europeo siamo di gran lunga il paese che ha dovuto versare la cifra maggiore: Grecia (350 milioni), Spagna (122 milioni) e Francia (91 milioni)».
E anche in questo caso va all’ambiente il poco onorevole primato: «Tra le sei complessive, le sentenze più onerose siano state quelle relative alle discariche abusive e all’emergenza rifiuti in Campania: dal 2015 ad oggi, infatti, la prima ha comportato esborsi per oltre 232 milioni, mentre la seconda per oltre 217 milioni».