Dissesto idrogeologico, in Italia ci sono 12mila km di torrenti tombati
Luino (Cnr): «Negli ultimi decenni abbiamo urbanizzato proprio lungo i corsi d’acqua e alla base dei versanti»
[31 Marzo 2021]
L’Italia si è candidata ad ospitare nel 2024 il decimo Forum mondiale dell’acqua – da articolarsi tra le città di Firenze, Assisi e Roma –, un’occasione importante per tutelare al meglio questa risorsa indispensabile alla vita quanto all’economia del Paese, ma che se mal gestita può rappresentare anche un enorme pericolo come mostra il costante rischio idrogeologico cui è sottoposta l’Italia.
Durante il webinar, “Aqua fons vitae – L’Italia verso il Forum mondiale del 2024”, il geologo del Cnr Fabio Luino ha ricordato che «dal 1970 al 2020 i processi geo-idrogeologici, vale a dire le frane, le valanghe, le inondazioni, hanno provocato ben 1746 morti, 1941 feriti, 323.106 evacuati e senza tetto. Dati che denotano che l’Italia è una Penisola molto fragile».
L’Italia ha una lunga storia di problemi geo-idrogeologici, sempre accaduti e che già nel passato hanno coinvolto aree urbanizzate, ma la combinazione tra crisi climatica e urbanizzazione incauta stanno costituendo oggi un mix esplosivo.
«Negli ultimi decenni abbiamo urbanizzato proprio lungo i corsi d’acqua e alla base dei versanti – sottolinea Luino – L’intensa urbanizzazione è partita verso la metà degli anni ’50, con una devastante speculazione edilizia che edificò aree lasciate intelligentemente libere dai predecessori. Oggi l’Italia è una Nazione densamente antropizzata con una densità di popolazione di circa 200 abitanti ogni chilometro quadrato. I comuni sono quasi 8000, 60.000 i nuclei urbani, c’è una fitta rete autostradale di 6500 Km, ferroviaria di 16.000 Km, 360.000 Km di strade».
In questo contesto, i cambiamenti climatici sono «una concausa» dei gravi fenomeni di dissesto idrogeologico che ormai rappresentano una costante per il Paese: «Negli ultimi 10 anni in Italia vi sono stati ben 946 meteorologici violenti in 507 Comuni con precipitazioni raramente registrate prima. Siamo dunque dinanzi a precipitazioni che diventano sempre più frequenti e più violente».
Qualche esempio? Basta osservare quanto accaduto lungo appena 4 mesi del 2020, tra agosto e novembre: come riporta Luino, abbiamo subito eventi meteorologici estremi l’8 agosto un evento in provincia di Messina, il 17 agosto a Torino, il 24 agosto a Verona, il 14 settembre a Catania, a Roma il 25 settembre, ad Avellino il 27 di settembre, a Limone in Piemonte il 2 di ottobre, il 15 ottobre a Picinisco in provincia di Frosinone ed ancora a Crotone il 21 novembre, a Cirò Marina il 22 bovembre, per concludere a Bitti, in Sardegna il 28 novembre del 2020.
Ma la colpa, appunto, non è solo della crisi climatica indotta dalle emissioni di gas serra antropiche, ma anche per la scarsissima cura del territorio.
«In Italia non ci siamo fatti mancare niente – dichiara Luino – e ad esempio abbiamo quasi triplicato le superfici artificiali passate dal 2,7% negli anni ’50, al 7,1% del 2019, Inoltre, in Italia abbiamo ristretto, rettificato, deviato ed incanalato, migliaia di corsi d’acqua, velocizzando il loro deflusso. Abbiamo coperto 12.000 Km di torrenti e rii e forse il dato è anche sottostimato, per realizzare sopra le strade, parcheggi, giardini, attività commerciali, capannoni».
Dunque, che fare oltre a lottare contro la crisi climatica? «Per le Aree naturali – sintetizza Luino – bisogna vietare la costruzione di abitazioni, strade, ferrovie, aree produttive e ricreative in zone di pertinenza fluviale o in settori non prettamente idonei. Per le aree urbanizzate e interessate pesantemente da processi di instabilità naturale, bisogna rivedere i piani regolatori imponendo precisi vincoli urbanistici al fine di evitare ulteriore proliferazione di situazione di rischio. Inoltre bisogna vietare o limitare notevolmente la ricostruzione in siti già gravemente coinvolti in passato e dunque delocalizzare. Inoltre bisogna puntare molto sulla comunicazione».