Dove pescare? I fattori determinanti per le decisioni dei pescatori di pescare illegalmente (VIDEO)
Un nuovo approccio per comprendere gli spostamenti e i drivers dell'attività della flotta peschereccia commerciale in uno degli oceani più sfruttati al mondo
[18 Maggio 2021]
Con il declino delle popolazioni ittiche costiere, nell’Oceano Indiano le flotte di pesca commerciale si avventurano sempre più in alto mare, aumentando il rischio di pesca eccessiva di specie vulnerabili come squali e tonni. La pesca industriale di altura desta preoccupazioni crescenti per il suo impatto sulle popolazioni ittiche già in declino, Il nuovo studio “Ocean-scale footprint of a highly mobile fishing fleet: social-ecological drivers of fleet behaviour and evidence of illegal fishing”, pubblicato su People and Nature da un team di ricercatori britannici dell’università di Exeter e della Zoological Society of London (ZSL) e di Oceanswell Sri Lanka, evidenzia che «Nonostante i progressi nelle tecnologie di tracciamento delle navi, la portata e l’effetto reale di queste flotte da pesca potrebbero non essere ancora completamente compresi».
Finanziato dalla Bertarelli Foundation, lo studio sottolinea che «La raccolta di dati direttamente dai pescatori aumenta in modo significativo la comprensione dei driver sociali del comportamento di pesca e, se combinata con i dati ambientali, potrebbe aiutare a gestire meglio i movimenti della flotta peschereccia a livello globale».
Come caso di studio, i ricercatori si sono concentrati sulla flotta peschereccia offshore dello Sri Lanka, perché è nota per operare su una vasta area ed è sospettata di pesca illegale al di fuori delle proprie Zone economiche esclusive (ZEE) nazionali.
La ricerca ha così realizzato un quadro non solo dell’impatto ma anche della motivazione alla base della non conformità della flotta con le politiche di gestione degli oceani esistenti e ha sovrapposto l’ampia gamma geografica nella quale operano i pescherecci – e le incursioni occasionali nelle acque di altri Paesi – utilizzando i risultati di interviste informali con 95 pescatori che sbarcano il pescato in due siti sulla costa sud-occidentale dello Sri Lanka.
Utilizzando una mappa cartacea per chiedere ai pescatori dove avevano pescato negli ultimi 5 anni, i ricercatori di Oceanswell e i loro colleghi britannici hanno posto una serie di domande per capire quanto fosse importante ogni area in termini di volume di catture e guadagni, nonché di come venga pianificata l’attività di pesca. Ne è venuto fuori che «Durante le interviste, il 26% dei pescatori ha ammesso di pescare illegalmente in acque straniere, mentre il 62% ha dichiarato di averlo fatto durante la mappatura partecipativa».
Quando è stato chiesto loro di fornire le loro specie target in ordine di importanza, il tonno è risultata la specie target primaria più comune (94%). Solo il 19% dei pescatori ha riferito di aver preso di mira gli squali, tuttavia, durante i colloqui con i ricercatori, il 75% dei pescatori ha affermato che gli squali hanno contribuito al loro reddito annuale, rivelando come le discussioni informali possono far scoprire informazioni cruciali.
La principale autricedello studio, Claire Collins dell’Istituto di zoologia della ZSL e dell’università di Exeter, ha ricordato che «Comprendere le decisioni che i pescatori prendono su dove e quando pescare è fondamentale per garantire una gestione sostenibile della pesca. Mentre le tecnologie avanzate, compresi i vessel monitoring systems (VMS), hanno reso più facile tracciare il comportamento spaziale e identificare coloro che pescano illegalmente in alcune zone, quando usati isolatamente forniscono uno scarso contesto per il processo decisionale che sta dietro l’attività. Parlando direttamente con i pescatori, possiamo identificare i driver “sfumati” che stanno dietro i movimenti della flotta e le ragioni di occasionali di non conformità».
Confermando l’aumento potenziale del loro reddito come motivazione per la non rispettare regole e confini, i pescatori hanno spiegato che «Un aumento delle catture all’interno delle ZEE straniere consente alle navi di riempirsi più velocemente, spendere meno soldi per i costi e tornare ai siti di sbarco più rapidamente». Ma i colloqui informali con i pescatori hanno anche rivelato l’importanza delle specie target, con i pescatori che dicone che «Coloro che prendono di mira gli squali hanno maggiori probabilità di pescare illegalmente».
Un altro autore dello studio, Tom Letessier della ZSL fa notare che «Sebbene la pesca eccessiva sia un problema riconosciuto a livello mondiale per la biodiversità degli oceani, le politiche di salvaguardia e gestione esistenti come Zone economiche esclusive e le Aree marine protette (AMP) sono efficaci solo se vengono rispettate. Negli ultimi 10 anni, la nuova tecnologia ha davvero rivoluzionato le opportunità di sorveglianza e monitoraggio delle attività di pesca, ma prima di tutto devono essere prese misure per svelare perché la pesca illegale sia allettante. La nostra nuova ricerca collega sia le scienze umane che l’oceanografia biologica e sottolinea il valore di approfondire la motivazione per svolgere attività illegali, permettendoci di escogitare soluzioni veramente efficaci».
Asha de Vos, direttrice esecutiva di Oceanswell Sri Lanka, ha concluso: «Al di là dei risultati della ricerca, questo studio è un buon esempio dell’importanza delle collaborazioni con i team sul campo. Anche se è importante parlare con i pescatori per capire i driver di questi tipi di comportamenti, l’accesso a tali informazioni è realmente possibile solo se sono coinvolti team di ricerca locali e familiari»