Concluso il Forum annuale di Agency for Peacebuilding

Il clima che cambia sta alimentando i conflitti violenti, anche nel Mediterraneo

«Il 70% delle regioni più vulnerabili al clima appartiene a stati fragili, la giustizia ambientale una componente chiave della coesione sociale»

[20 Maggio 2021]

Il surriscaldamento globale del clima è ovunque una delle principali minacce alla costruzione di una pace positiva, determinata non solo dall’assenza di guerra ma dall’implementazione di un modello di sviluppo sostenibile e non-violento; in un crescente numero di luoghi del mondo – compresa l’area del Mediterraneo – la crisi climatica è però anche un detonatore di conflitti violenti, di cui troppo spesso ci limitiamo ad osservare solo le conseguenze ultime, che tipicamente ci appaiono sul volto sofferente dei migranti in cerca di rifugio in Europa.

Il Forum annuale di Agency for peacebuilding – l’organizzazione no-profit che rappresenta il primo think tank italiano per la pace – si è appena concluso portando a galla la faccia nascosta di questa realtà: I cambiamenti climatici condizionano i processi di pace nel lungo periodo – spiega Bernardo Venturi, direttore dell’Agenzia – Per esempio, vediamo come il 70% delle regioni più vulnerabili al clima appartiene a stati fragili, da qui nasce l’interesse e la necessità di approfondire e analizzare meglio i conflitti tenendo presente questa prospettiva dei cambiamenti climatici e la giustizia ambientale come componente chiave della coesione sociale».

È dunque fondamentale arricchire le analisi e i progetti per la prevenzione dei conflitti con dati ed esperienze sugli impatti del cambiamento climatico, e su come questo condiziona i processi di pace, in particolare nell’ambito di un hotspot della crisi climatica in corso come è il Mediterraneo.

«Il clima è quasi sempre una con-causa o un fattore di aggravamento di tensioni esistenti – argomenta Emiliano Alessandri (Ocse) – Nell’area del Mediterraneo, l’insicurezza alimentare legata a eventi climaticiche hanno alterato le produzioni agricole ha inasprito bisogni sociali poi sfociati in tensioni domestiche e internazionali come la ‘Primavera Araba’, foriera poi di svariati conflitti veri e propri. La competizione per le acque dolci ha già causato conflitti in Asia Centrale e rischia di scatenarne altri in Africa, come nel bacino del Nilo, per citare due casi».

Che fare, dunque? «La regione del Mediterraneo sta assistendo a effetti del cambiamento climatico amplificati che agiscono come moltiplicatori di minacce, alimentando ulteriori conflitti in assenza di un’azione multilaterale. La New Med Research Network, in collaborazione con i suoi partner – conclude Andrea Dessi dell’Istituto affari internazionali (Iai) – cerca di promuovere intese non eurocentriche e quadri di cooperazione sulle attuali sfide alla sicurezza nella regione del Mediterraneo».