Dal Coordinamento Free un pacchetto di proposte per la semplificazione

Rinnovabili, in Italia gli impianti avanzano 8 volte più lentamente del necessario

«Di questo passo raggiungeremo gli obiettivi al 2030 verso il 2070». Migliore informazione ambientale e dibattiti pubblici per tornare a correre

[1 Giugno 2021]

Per raggiungere l’obiettivo europeo di decarbonizzazione al 2030 (almeno -55% di emissioni rispetto al 1990) le fonti rinnovabili dovranno coprire il 38-40% dei consumi finali lordi e il 65-70% di quelli elettrici: in Italia siamo fermi rispettivamente al 20 e al 38% circa, e quel che è peggio le nuove installazioni procedono a passo di lumaca ormai dal 2013. Tanto che, continuando così, rischiamo di tagliare il traguardo con mezzo secolo. Troppo per la crisi climatica in corso: per questo occorre accelerare, semplificando.

Secondo le stime del Coordinamento Free, per le rinnovabili elettriche l’incremento di capacità richiesto sarà di circa 70 GW, il che nel decennio 2021-2030 comporta l’installazione di circa 8 GW ogni anno contro circa 1 GW all’anno attuale e il passaggio dai 900 mila impianti in esercizio a fine 2019, ai 2,5 milioni, in gran parte installati a terra. È necessario pertanto: semplificare le procedure autorizzative esistenti, che stanno bloccando o ritardando un gran numero di progetti; sensibilizzare i cittadini sui ritorni in termini economici, sociali e ambientali della transizione energetica; ottenere un atteggiamento proattivo da parte delle pubbliche amministrazioni centrali e periferiche.

«Basta una semplice calcolatrice per rendersi conto che stiamo andando a un ottavo della velocità necessaria e che di questo passo raggiungeremo gli obiettivi al 2030 verso il 2070 – spiega Livio de Santoli, presidente del Coordinamento Free – E per questo abbiamo realizzato un documento (in allegato, ndr) che consegniamo oggi al mondo politico, nel quale si evidenziano sia le strategie, sia le tattiche operative per evitare quella che potrebbe essere una vera e propria Caporetto delle rinnovabili, dell’efficienza energetica e della transizione ecologica, in Italia».

Per evitare un simile scenario è indispensabile, oltre a semplificare, anche accrescere la consapevolezza del grande pubblico rispetto alle necessità – e alle potenzialità, ambientali, sociali ed economiche – di tale transizione ecologica. Ad oggi infatti se gli impianti non si realizzano, è anche per il moltiplicarsi delle sindromi Nimby e Nimto che ne bloccano ovunque la realizzazione.

Una migliore informazione e comunicazione ambientale rappresenta, sotto questo profilo, uno dei più efficaci strumenti a disposizione: come argomentano dal Coordinamento free «se non investiamo tempestivamente in produzioni energetiche in grado di contrastare questa deriva, le attuali conseguenze della pandemia, destinate a uscire di scena una volta raggiunta l’immunità di gregge, sembreranno l’equivalente di una carezza troppo rude rispetto alle sberle che riceveremo. Per sensibilizzare in misura  adeguata occorre certamente una maggiore informazione da parte delle istituzioni centrali e periferiche, dei media, ma anche degli operatori del settore. Questo maggior impegno, per quanto necessario, non è però sufficiente». Si affianca infatti all’altro grande tema, quello della partecipazione.

«I cittadini non vanno soltanto informati. Vanno soprattutto coinvolti nelle decisioni da prendere, in primo luogo perché l’informazione può non essere sufficiente a dissipare la diffusa sfiducia nei confronti delle élite, fra cui almeno una parte di loro include anche le associazioni attive nella promozione della transizione energetica e gli operatori che esse rappresentano, ma soprattutto perché la generazione rinnovabile, essendo diffusa sul territorio, deve essere vissuta da chi ci vive non come un’intrusione nel proprio habitat, ma come un’opportunità di partecipazione attiva al suo sviluppo sostenibile».

Sotto questo profilo dal Coordinamento suggeriscono di rivedere la normativa sul Dibattito pubblico (DPCM 76/2018, Allegato 1) e sull’Inchiesta pubblica (articolo 24.bis, Decreto Legislativo 152/2016), in quanto il dibattito pubblico deve essere garantito «su tutti i progetti di opere nel nostro Paese, compresi quelli della transizione ecologica, attraverso una procedura che permetta di stabilire tempi certi e il diritto dei cittadini ad essere informati, a potersi confrontare sui contenuti dei progetti, ad avere risposta rispetto alle preoccupazioni ambientali e sanitarie».

Certo, dopo la fase del confronto resta però quella delle decisioni da prendere – da parte delle istituzioni preposte – e qui servono spalle larghe: anche a valle dei più inclusivi dibattiti pubblici non di rado resta una quota anche rilevante di dissenso da sopportare, ma lavorare per il bene pubblico è assai più importante di convenienze elettorali a breve termine.