Direttiva Sup, il Governo difende l’uso delle bioplastiche. Legambiente: «Giusta direzione»
Ciafani: «Riteniamo fortemente sbagliata l’impostazione sulle bioplastiche compostabili delle linee guida emanate dalla Commissione Ue»
[3 Giugno 2021]
Nei giorni scorsi la Commissione Ue ha emanato le linee guida per l’applicazione della direttiva Sup, nata nel 2019 per contrastare l’utilizzo delle plastiche monouso, che spesso finiscono per inquinare l’ambiente (marino in particolare) quando dopo l’uso vengono indebitamente disperse dai consumatori.
Sotto questo profilo il problema non è dunque la plastica – che ha altri difetti, in primis la derivazione da fonti fossili – ma come questo materiale viene gestito post-consumo. L’Ue ha deciso però di intervenire a monte, proibendo l’immissione sul mercato di alcuni prodotti monouso, limitandone altri e spingendo sulla plastica riciclata. Restano però fuori da questo perimetro le bioplastiche, su cui l’Italia invece ha puntato molto negli ultimi anni.
Il ministro Cingolani ha parlato di «direttiva assurda» e il ministero della Transizione ecologica sembra dunque continuare ostinatamente in direzione contraria, accogliendo gli apprezzamenti di Legambiente: «Lo schema di decreto legislativo del Ministero della transizione ecologica per recepire la direttiva Sup va nella giusta direzione – dichiara oggi il presidente del Cigno verde, Stefano Ciafani – e riconosce all’Italia la leadership internazionale su bioeconomia, produzione di plastiche compostabili, raccolta differenziata dell’umido domestico e filiera industriale del compostaggio. Riteniamo invece fortemente sbagliata l’impostazione sulle bioplastiche compostabili delle linee guida emanate nei giorni scorsi dalla Commissione europea, che invece farebbe bene a seguire il modello italiano che ha permesso di ridurre i sacchetti per l’asporto merci di quasi il 60% dopo il bando entrato in vigore circa 10 anni fa».
Una posizione distante da quella maturata in altre associazioni ambientaliste di primo piano come Greenpeace, che già a fine aprile ricordava come «la maggior parte delle norme finora adottate in Italia ha promosso e incentivato la sostituzione dei prodotti monouso realizzati in plastica tradizionale con prodotti monouso realizzati in bioplastica compostabile, anche laddove sarebbe stato possibile adottare misure in grado di superare il ricorso all’usa e getta. Limitare i danni delle plastiche sull’ambiente non vuol dire sostituire i materiali, spostando così gli impatti su altri comparti ambientali e lasciando inalterato il modello dell’usa e getta. Bisogna ridurre il ricorso al monouso», come suggerisce ad esempio il crescente impiego in altri Paesi del deposito cauzionale.
Ormai però i pozzi del dibattito sono avvelenati da anni di retorica plastic free, demonizzando la plastica tradizionale in favore di quella bio in riferimento al problema dell’inquinamento marino, quando gli stessi produttori di bioplastiche non hanno mai affermato che i loro prodotti potessero essere una soluzione su quel fronte. Al contempo, l’indispensabile miglioramento nella gestione post-consumo delle plastiche biodegradabili è ancora lontano da traguardare (nonostante i miglioramenti non siano mancati). Un contesto ormai complicato quanto complesso, dove la direttiva Sup rischia adesso di far deragliare un settore industriale italiano all’avanguardia nel mondo – quello delle bioplastiche, appunto – senza che un’exit strategy sia stata predisposta per tempo.