Crisi climatica e perdita di biodiversità: due facce dello stesso problema

IPBES e IPCC: necessario un cambiamento trasformativo di società ed economia per stabilizzare il clima, fermare la perdita di biodiversità e tracciare la strada verso il futuro sostenibile

[15 Giugno 2021]

E’ corso l’ottava sessione dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), iniziata ieri e che si concluderà il 24 giugno,  che punta ad affrontare insieme la crisi della  biodiversità e quelle climatiche e il loro impatto sociale combinato.

Uno dei principali documenti in discussione è quello approvato il 3 dicembre 2020 dai segretariati dell’IPBES e dall’ the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) al termine del workshop “Spotlighting the Interactions of the Science of Biodiversity and Climate Change” che ha confermato che «Cambiamenti senza precedenti nel clima e nella biodiversità, guidati dalle attività umane, si sono uniti e minacciano sempre più la natura, le vite umane, i mezzi di sussistenza e il benessere in tutto il mondo. La perdita di biodiversità e il cambiamento climatico sono entrambi guidati dalle attività economiche umane e si rafforzano a vicenda. Nessuno dei due problemi sarà risolto con successo a meno che entrambi non vengano affrontati insieme».

Il rapporto del workshop peer-reviewed, realizzato da 50 tra i maggiori esperti mondiali di biodiversità e clima,  evidenzia che «Le politiche precedenti hanno ampiamente affrontato la perdita di biodiversità e i cambiamenti climatici indipendentemente l’uno dall’altro. Affrontare le sinergie tra la mitigazione della perdita di biodiversità e il cambiamento climatico, considerando i loro impatti sociali, offre l’opportunità di massimizzare i benefici e raggiungere gli obiettivi di sviluppo globale.

Hans-Otto Pörtner, co-presidente del Working Group II IPCC, spiega che «Il cambiamento climatico causato dall’uomo sta minacciando sempre più la natura e il contributo d che dà alle persone, inclusa la sua capacità di aiutare a mitigare il cambiamento climatico. Più caldo diventa il mondo, meno cibo, acqua potabile e altri contributi chiave che la natura può dare alle nostre vite avremo in molte regioni. A loro volta, i cambiamenti nella biodiversità influenzano il clima, in particolare attraverso gli impatti sui cicli dell’azoto, del carbonio e dell’acqua. L’evidenza è chiara: un futuro globale sostenibile per le persone e la natura è ancora realizzabile, ma richiede un cambiamento trasformativo con azioni rapide e di vasta portata di un tipo mai tentato prima, basandosi su ambiziose riduzioni delle emissioni. Risolvere alcuni dei compromessi forti e apparentemente inevitabili tra clima e biodiversità comporterà un profondo spostamento collettivo dei valori individuali e condivisi riguardanti la natura, come l’allontanamento dalla concezione del progresso economico basato esclusivamente sulla crescita del PIL, verso una concezione che equilibri lo sviluppo umano con i molteplici valori della natura per una buona qualità della vita, senza superare i limiti biofisici e sociali».

Gli autori del rapporto avvertono anche che  «Azioni mirate per combattere il cambiamento climatico possono danneggiare direttamente e indirettamente la natura e viceversa, ma esistono molte misure che possono dare un contributo positivo significativo in entrambe le aree».

Tra le più importanti azioni disponibili identificate nel rapporto ci sono: arrestare la perdita e il degrado degli ecosistemi ricchi di carbonio e di specie sulla terra e nell’oceano, in particolare foreste, zone umide, torbiere, praterie e savane; ecosistemi costieri come mangrovie, paludi salmastre, foreste di alghe e praterie di alghe; così come gli habitat blue carbon delle acque profonde e polari.

Il rapporto evidenzia che «La riduzione della deforestazione e del degrado forestale può contribuire a ridurre le emissioni di gas serra causate dall’uomo, con un ampio range  0,4 a 5,8 gigatonne di anidride carbonica equivalente ogni anno».

Per quanto riguarda il ripristino di ecosistemi ricchi di carbonio e specie, gli autori sottolineano che «Il ripristino è tra le misure di mitigazione del clima basate sulla natura più economiche e rapide da implementare, fornendo ‘habitat tanto necessario per piante e animali, migliorando così la resilienza della biodiversità di fronte ai cambiamenti climatici, con molti altri benefici come regolazione delle inondazioni, protezione delle coste, miglioramento della qualità dell’acqua, riduzione dell’erosione del suolo e garanzia dell’impollinazione. Il ripristino dell’ecosistema può anche creare posti di lavoro e reddito, soprattutto se si prendono in considerazione le esigenze e i diritti di accesso delle popolazioni indigene e delle comunità locali».

Bisogna anche aumentare le pratiche agricole e forestali sostenibili per migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, migliorare la biodiversità, aumentare lo stoccaggio del carbonio e ridurre le emissioni, attività che ncludono misure come la diversificazione delle colture e delle specie forestali, l’agroforestazione e l’agroecologia. Il rapporto stima che «Una migliore gestione dei terreni coltivati ​​e dei sistemi di pascolo, come la conservazione del suolo e la riduzione dell’uso di fertilizzanti, offra un potenziale annuale di mitigazione del cambiamento climatico pari a 3 – 6 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente».

Occorre però migliorare e mirare meglio le azioni di conservazione e fare in modo che siano coordinate e supportate da un forte adattamento climatico e dall’ innovazione. IPBES e IPCC ricordano che «Le aree protette rappresentano attualmente circa il 15% della terra e il 7,5% dell’oceano. Ci si aspettano risultati positivi dall’aumento sostanziale delle aree intatte ed efficacemente protette. Le stime globali dei requisiti esatti per aree efficacemente protette e conservate per garantire un clima abitabile, una biodiversità autosufficiente e una buona qualità della vita non sono ancora ben stabilite, ma vanno dal 30 al 50% di tutte le superfici oceaniche e terrestri. Le opzioni per migliorare gli impatti positivi delle aree protette includono maggiori risorse, una migliore gestione e applicazione e una migliore distribuzione con una maggiore interconnessione tra queste aree». Il rapporto evidenzia anche la necessità di misure di conservazione che vadano al di là delle aree protette, compresi i corridoi migratori e la pianificazione per il cambiamento climatico, nonché una migliore integrazione delle persone con la natura per garantire l’equità di accesso e utilizzo dei contributi della natura alle persone.

IPBES e IPCC tornano a far notare che «L’eliminazione dei sussidi che supportano le attività locali e nazionali dannose per la biodiversità – come la deforestazione, l’eccessiva fertilizzazione e la pesca eccessiva, può anche sostenere la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, insieme alla modifica dei modelli di consumo individuali, alla riduzione delle perdite e degli sprechi e al cambiamento delle diete soprattutto nei Paesi ricchi, verso opzioni più vegetali».

Ma il rapporto identifica come dannose per la biodiversità e i contributi della natura alle persone alcune misure mirate di mitigazione e adattamento climatico:

Piantare colture bioenergetiche in monocolture su una quota molto ampia di terreni. Tali colture sono dannose per gli ecosistemi se utilizzate su scala molto ampia, riducendo i contributi della natura alle persone e impedendo il raggiungimento di molti degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Su piccola scala, accanto a riduzioni pronunciate e rapide delle emissioni di combustibili fossili, le colture bioenergetiche dedicate alla produzione di elettricità o combustibili possono fornire benefici collaterali per l’adattamento climatico e la biodiversità.

Piantare alberi in ecosistemi che storicamente non sono stati foreste e rimboschire con monocolture, soprattutto con specie arboree esotiche. Questo può contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ma è spesso dannoso per la biodiversità, la produzione alimentare e altri contributi della natura alle persone, non ha chiari benefici per l’adattamento climatico e può allontanare le popolazioni locali a causa della competizione per la terra.

Aumento della capacità di irrigazione. Una risposta comune per adattare i sistemi agricoli alla siccità che spesso porta a conflitti idrici, costruzione di dighe e degrado del suolo a lungo termine dovuto alla salinizzazione.

Secondo il rapporto finale del workshop, «Qualsiasi misura che si concentri troppo strettamente sulla mitigazione dei cambiamenti climatici dovrebbe essere valutata in termini di benefici e rischi complessivi, come alcune energie rinnovabili che generano impennate dell’attività mineraria o consumano grandi quantità di terreno. Lo stesso vale per alcune misure tecniche troppo concentrate sull’adattamento, come la costruzione di bacini e dighe. Sebbene esistano importanti opzioni per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici, queste possono avere grandi impatti ambientali e sociali negativi, come l’interferenza con le specie migratorie e la frammentazione degli habitat. Tali impatti possono essere ridotti al minimo, ad esempio, sviluppando batterie alternative e prodotti a lunga durata, sistemi di riciclaggio efficienti per le risorse minerarie e approcci all’estrazione mineraria che includano una forte considerazione per la sostenibilità ambientale e sociale»

Gli autori del rapporto sottolineano che «Mentre la natura offre modi efficaci per aiutare a mitigare il cambiamento climatico, queste soluzioni possono essere efficaci solo se si basano su riduzioni ambiziose di tutte le emissioni di gas serra causate dall’uomo».

Shobha Maharaj, una delle principali autrici del capitolo sulle piccole isole  del rapporto, è d’accordo e ha detto all’agenzia IPS: «Questo ha il potenziale per cambiare le regole del gioco, sia in termini di ricerca che di sinergie tra questi temi. Spesso, poiché lavoriamo come in silos separati, tendiamo a dimenticare che esiste una forte interconnessione tra questi sistemi e, chiaramente, tra clima e biodiversità. Ci sono alcune misure che le persone hanno preso che sono considerate mitigazione climatica ma che, se fatte su larga scala, possono essere dannose. Se pianti alberi in una prateria della savana, questo può danneggiare un intero ecosistema. Pertanto, dobbiamo sempre fare un passo indietro e guardare al quadro generale, e questo viene sempre più integrato nell’attuale dialogo tra cambiamento climatico e biodiversità, quindi stiamo sicuramente andando nella giusta direzione. I risultati possono essere istruttivi per regioni come i Caraibi, uno degli hotspot della biodiversità globale. Sebbene l’area abbia specie endemiche e ricchi ecosistemi terrestri e marini, in alcuni Paesi la limitazione della terra per lo sviluppo economico provoca il degrado dell’habitat naturale e la deforestazione, che è esacerbata dai cambiamenti climatici. Qualcosa di semplice come lo sviluppo di un’area protetta regionale, piuttosto che ogni isola con la propria area protetta, farebbe molto per evidenziare, sviluppare e aumentare le sinergie e affrontare i compromessi tra biodiversità e cambiamento climatico».

La presidente di IPBES, Ana María Hernández Salgar, rammenta a tutti che «La terra e l’oceano stanno già facendo molto, assorbendo quasi il 50% di CO2 dalle emissioni umane, ma la natura non può fare tutto. E’ necessario un cambiamento trasformativo in tutte le parti della società e della nostra economia per stabilizzare il nostro clima, fermare la perdita di biodiversità e tracciare un percorso verso il futuro sostenibile che vogliamo. Questo richiederà anche che affrontiamo entrambe le crisi insieme, in modi complementari».

Il presidente dell’IPCC, Hoesung Lee, ha aggiunto: «Il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità si combinano per minacciare la società, spesso amplificandosi e accelerandosi a vicenda. Concentrandosi sulle sinergie e sui compromessi tra la protezione della biodiversità e la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, il workshop ha promosso il dibattito su come massimizzare i benefici per le persone e il pianeta. Ha rappresentato anche un passo importante nella collaborazione tra le nostre due comunità».

Pörtner ha concluso: «Può essere impossibile ottenere sinergie vantaggiose per tutti, o persino gestire i compromessi tra azioni per il clima e la biodiversità in ogni singola parte di un territorio o di unambiente marino. Ma raggiungere risultati sostenibili diventa progressivamente più facile quando si integra un mix di azioni su scala spaziale più ampia, attraverso la collaborazione transfrontaliera e la pianificazione territoriale consultiva congiunta, motivo per cui è importante affrontare anche la mancanza di sistemi e meccanismi di governance efficaci per migliorare l’integrazione tra le soluzioni per il cambiamento climatico e la biodiversità».