L’iniziativa di Muroni, Evi e Pedicini

Chiesto intervento urgente del Governo per riportare a casa i rifiuti italiani in Tunisia

«Nel porto di Sousse 282 container carichi di rifiuti sotto sequestro preventivo da più di dieci mesi, con un costo di 26 mila euro al giorno»

[5 Luglio 2021]

Nel porto di Sousse ci sono 282 container zeppi di rifiuti italiani, spediti dalla Campania alla Tunisia per non occuparcene a casa nostra, che hanno fatto scoppiare – già sul finire dello scorso anno – il più grande scandalo ecologico nella storia del Paese africano. Secondo le leggi internazionali vigenti avrebbero già dovuto essere rimpatriati, ma di fatto sono ancora lì.

«Chiediamo al governo italiano, che si definisce ambientalista, di intervenire urgentemente per riportare in Italia i rifiuti e di rivalersi poi nei confronti dei responsabili del traffico all’esito del procedimento giudiziario», dichiarano oggi gli eurodeputati del gruppo Greens/Efa Eleonora Evi e Piernicola Pedicini e la deputata di FacciamoECO Rossella Muroni.

Inizialmente i container erano 212, poi incrementati di 70 unità, e tenerli fermi in Tunisia non è affatto a costo zero: si tratta di container «sotto sequestro preventivo da più di dieci mesi con un costo di 26 mila euro al giorno. Un’ispezione delle Dogane tunisine ha rivelato che nei container non ci sono rifiuti plastici come dichiarato, ma scarti di ogni tipo che proverrebbero dalla raccolta differenziata domestica e non sarebbero destinati al recupero bensì allo smaltimento in discarica o all’incenerimento. Tipologia che per le convenzioni di Basilea e di Bamako non può essere esportata tra paesi Ue ed extra Ue».

A conferma della gravità del caso in Tunisia dodici persone tra cui l’ormai ex ministro dell’Ambiente sono state arrestate e sul lato italiano la Regione Campania ha bloccato le spedizioni, chiesto alle società interessate di riportare i container in Italia e denunciato la vicenda alla Procura della Repubblica di Salerno. Dunque che i container siano da rimpatriare è certificato da Tunisia, convenzioni internazionali e Italia.

«Se il Governo non interverrà nelle prossime settimane – annunciano Muroni Evi e Pedicini – siamo pronti a presentare una nuova interrogazione, questa volta alla Camera dei Deputati. Siamo anche pronti a svolgere una missione in Tunisia se a settembre la situazione dovesse essere la stessa e arrivasse l’invito dei deputati dell’Assemblea nazionale tunisina. La provincia di Salerno rappresenta un territorio virtuoso del Sud per la gestione dei rifiuti, dove per il Rapporto Comuni Ricicloni 2020 di Legambiente la differenziata è al 64,4% e il tasso di riciclo al 48,6%. Sono queste buone pratiche, non i traffici illegali, che vorremmo condividere con i nostri amici tunisini».

Anche con una percentuale di rilievo della raccolta differenziata – comunque sotto al 65% che era l’obiettivo di legge per il 2012 – e con avvio a riciclo del 48%, com’è evidente restano scarti da gestire che appunto “non sarebbero destinati al recupero bensì allo smaltimento in discarica o all’incenerimento”. Ed è proprio la carenza d’impianti presenti sul territorio nazionale e specialmente al sud a fare da motore per il turismo dei rifiuti, legale o meno, entro i confini nazionali o meno. Sacrosante dunque le mobilitazioni per chiedere il rimpatrio dei nostri rifiuti finiti in Tunisia, ma se non incrementiamo e ammoderniamo la filiera impiantistica italiana il problema è destinato a riproporsi.