Le proposte Assocarta all’Ecoforum
Economia circolare della carta, ecco le opzioni sul tavolo per renderla più sostenibile
Recupero energetico degli scarti, biometano e idrogeno solo le soluzioni in campo per ridurre sia le emissioni e sia costi per l’industria di settore
[6 Luglio 2021]
L’Italia è il 3° produttore di carta in Europa, ed il 2° utilizzatore europeo di carte da riciclare dopo la Germania: le cartiere sono dunque di fatto degli impianti di riciclo, anche se a loro volta – come del resto ogni altro processo industriale – generano altri rifiuti.
Come spiegato oggi dal direttore generale di Assocarta Massimo Medugno, a margine della VIII edizione dell’Ecoforum di Legambiente, il 61% delle fibre utilizzate nella produzione cartaria è costituito da carta da riciclare, e già oggi l’80% degli imballaggi in carta viene avviato a riciclo: nel 2020 le cartiere italiane hanno utilizzato 5.207 milioni di tonnellate di carta da riciclare, all’interno del proprio processo produttivo.
Un processo che ha generato a sua volta (nel 2019) 982.400 tonnellate di rifiuti, pari a circa 110 kg ogni 1000 kg di carta prodotta. Le principali tipologie di rifiuti sono le fibre e cariche da separazione meccanica (35,3%), lo scarto di pulper (26,3), i fanghi da depurazione biologica (7,2%). Il restante 30% è composto da rifiuti di vario genere, in prevalenza rifiuti d’imballaggio e altri residui di produzione.
Dove vanno questi scarti? La discarica rappresenta ancora una voce importante nella destinazione dei rifiuti dell’industria cartaria (il 34,3%), mentre il recupero energetico rappresenta solo il 14,5% e il restante 51,2% è destinato ad altre forme di recupero.
Un paradosso contrario alla gerarchia Ue di gestione rifiuti e ai dati degli altri Paesi europei, dove in media questi scarti vanno per un 10% in discarica ma per un 47,7% a recupero energetico. Un paradosso doppio per l’esattezza, se si pensa che una delle maggiori criticità legate allo sviluppo del settore cartario guarda proprio agli approvvigionamenti energetici necessari al settore. Necessità ad oggi soddisfatte in parte predominante ricorrendo alle fonti fossili: il 90% delle capacità di riciclo in Italia e in Europa utilizza infatti gas naturale come vettore energetico.
«Proprio le politiche per il contenimento delle emissioni stanno contribuendo ad un aumento ulteriore del costo dell’energia, mettendo in difficoltà la produzione e il riciclo. Nei giorni scorsi la quotazione della CO2 in ambito Ets hanno raggiunto 58 euro per ogni tonnellata. Raddoppiati negli ultimi 8 mesi e quintuplicati negli ultimi 18 mesi», osserva Medugno (nella foto, ndr). Come rompere questo ciclo vizioso migliorando al contempo la sostenibilità ambientale del comparto?
Oltre all’opzione del recupero energetico da rifiuti cartari, Assocarta mette sul piatto opzioni come biometano e idrogeno.
Grazie alle caratteristiche del processo cartario, che ha bisogno contemporaneamente di energia elettrica e calore, riteniamo che il settore abbia la potenzialità per accogliere nuovi impianti o il rifacimento di impianti di cogenerazione con un contestuale ulteriore miglioramento dell’efficienza e la predisposizione all’utilizzo di gas rinnovabili (biogas, idrogeno), con conseguente riduzione delle emissioni di CO2.
As oggi il settore cartario utilizza complessivamente 2,5 miliardi di m3 di gas; il riciclo in Italia e in Europa si svolge quasi esclusivamente in cartiere che utilizzano questa fonte di energia. Lo sviluppo della produzione di biogas per mezzo di tecnologie di digestione anaerobica delle acque reflue o dai fanghi di depurazione è stata ipotizzata per 4 diversi progetti pilota, con un costo di investimento complessivo di 14,7 milioni di euro, che potrebbero essere realizzati con adeguato supporto economico e il giusto contesto normativo. Questi interventi consentirebbero evitare l’emissione in atmosfera di 11.500 tonnellate di CO2 e, contemporaneamente, ridurre la produzione di 10.000 tonnellate di rifiuti.
Le cartiere sarebbero, quindi, il naturale destinatario delle raccolte differenziate della carta, ma anche le utilizzatrici di biogas e biometano in parte autoprodotto, in parte prodotto all’esterno, potendo utilizzare la rete gas esistente e quindi senza bisogno di creare nuove infrastrutture dedicate.
E l’idrogeno? Il solo il costo di questo vettore energetico è attualmente circa 5 volte quello del gas, a cui vanno aggiunti i costi per coprire i necessari adeguamenti tecnologici degli impianti di produzione di energia e della rete. Nonostante ciò il settore ha già individuato 10 progetti di adeguamento tecnologico degli impianti, per un investimento complessivo pari a 82.300.000 euro, che potrebbero essere realizzati con adeguato supporto economico e il giusto contesto normativo.
Si stima che i soli progetti individuati comporterebbero una riduzione del 15%-20% delle emissioni di CO2. Considerando che l’applicabilità di queste soluzioni è sostanzialmente estendibile all’intero settore, che ha emissioni dirette e indirette di CO2 di 5,5 milioni di tonnellate l’anno, è ipotizzabile una riduzione di circa 1.100.000 t di CO2 l’anno.