Le acque di zavorra della navi potrebbero diffondere una malattia mortale dei coralli

Alle Bahamas la SCTLD sarebbe arrivata così. Ma tra i colpevoli potrebbero esserci anche pescatori e subacquei

[27 Luglio 2021]

Considerata «La più letale minaccia immediata per le barriere coralline delle Bahamas», la minacciosa diffusione della Stony Coral Tissue Loss Disease (SCTLD) era rimasta avvolta nel mistero. Per più di due anni, questa malattia altamente trasmissibile nell’acqua ha afflitto devastato i meravigliosi fondali delle Bahamas: diffondendosi fino a 50 metri al giorno si è lasciata dietro una scia di coralli morti. E, nonostante gli scienziati abbiano scoperto la malattia al largo della costa della Florida più di 6 anni fa, nel 2014, l’agente patogeno che causa la SCTLD resta sconosciuto.

Ora il nuovo studio “Spatial and Temporal Patterns of Stony Coral Tissue Loss Disease Outbreaks in The Bahamas”, pubblicato su Frontiers in Marine Science da Craig Dahlgren, Valeria Pizarro, Krista Sherman e William Greene del Perry Institute for Marine Science e da Joseph Oliver di Coral Vita Bahamas rivela un  un nuovo indizio avvincente sul possibile colpevole: sono state probabilmente le navi commerciali ad aver portato la SCTLD alle Bahamas.

Infatti, lo studio collega la malattia all’acqua di zavorra scaricata dalle grandi navi al largo di Grand Bahama, un’isola situata a circa 108 km dalla Florida. Dahlgren, direttore esecutivo del Perry Institute for Marine Science ha visto grandi petroliere pompare in mare enormi quantità di acqua vicino alle barriere coralline al largo di Freeport, la città più grande di Grand Bahama   e la seconda più popolosa delle Bahamas.

Lo studio ha rivelato che «Le barriere coralline più vicine ai principali porti commerciali delle Bahamas a Grand Bahama e New Providence hanno mostrato i tassi di infezione e mortalità dei coralli più drammatici». Infatti, i tassi di infezione tra la specie di coralli cervello più sensibile, il corallo cervello simmetrico (Pseudodiploria strigosa) sono stati del 23,1% a New Providence e del 45,6% a Grand Bahama, con tassi di mortalità fino al 43%. Questa specie spesso muore entro poche settimane dall’infezione.

La Pizarro, senior scientist al Perry Institute for Marine Science, sottolinea che «E’ davvero straziante, specialmente quando vai a immergerti in luoghi dove c’erano molti coralli cervello. Quello che c’è ora sono un sacco di colonie morte».

Le barriere coralline più lontane dai porti sono ancora sane e mostrano meno segni di sbiancamento sposte associati alla SCTLD.

Lo studio fa notare che «Se l’acqua di zavorra è stata caricata a bordo in un’area portuale in cui era presente la SCTLD e non è stata ricambiata in mare aperto lontano dalle barriere coralline come richiesto alle Bahamas, l’acqua di zavorra potrebbe essere stata il mezzo con cui la SCTLD ha raggiunto l’area di Grand Bahama nel 2019».

Inoltre, la malattia non è stata segnalata sulle barriere coralline vicino a Bimini, un’isola molto più vicina alla Florida – l’epicentro della malattia – di Grand Bahama e New Providence. Questo supporta ulteriormente l’ipotesi degli autori che «Le navi stiano letteralmente trasportando la malattia nei Caraibi».

Ma tra i colpevoli non ci sarebbero solo le petroliere e le grandi navi cisterna: «Anche navi più piccole, tra le barche da pesca professionali e sportive, yacht e postali tra le isole, potrebbero aver contribuito alla diffusione della SCTLD all’interno di ciascuna isola e in altre parti delle Bahamas», fa notare lo studio.

‍Per i ricercatori, sarà quindi fondamentale «Diffondere la consapevolezza su questa malattia devastante, nonché regolamentare il trasferimento dell’acqua di zavorra e il pompaggio e la disinfezione in loco dell’acqua di sentina dalle barche».

‍Anche i subacquei, gli amanti dello snorkeling e i pescatori subacquei potrebbero trasmettere accidentalmente la malattia tra le barriere coralline. Per prevenire questa diffusione antropica è essenziale che chi dice di amare il mare, tra un’immersione e l’altra, disinfetti le attrezzature che utilizza con percarbonato di sodio.

La Pizarro conclude: «Ci sono alcune cose che tutti possono fare, che tutti noi possiamo fare, per fermare la diffusione. Il primo passo è informarsi sulla malattia».