Nigeria: stop al gas flaring entro il 2030
Il piano nazionale per il clima vuole evitare le emissioni inutili derivanti dalla produzione di petrolio e gas, un grave problema climatico e sanitario in Nigeria
[18 Agosto 2021]
Con il suo rapporto “Nigeria’s First Nationally Determined Contribution” presentato a luglio all’Onu, il governo federale nigeriano si è impegnato a porre fine entro il 2030 alla combustione del gas come sottoprodotto della produzione di petrolio, meglio conosciuta come gas flaring, che rappresenta una parte enorme delle emissioni della Nigeria. Infatti, il gas flaring delle compagnie petrolifere, con 75 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno, supera le emissioni di tutti i 200 milioni di nigeriani che utilizzano i trasporti o l’elettricità. Inoltre, il gas flaring ha un fortissimo impatto sulla salute umana e le comunità nelle regioni produttrici di petrolio e gas come il delta del Niger, da tempo protestano contro questa pratica.
I governi che si sono succeduti in Nigeria hanno tutti promesso di porre fine al gas flaring e in parte ci sono riusciti: secondo l’Iternational energy agency (Iea), tra il 2000 e il 2020 la Nigeria ha ridotto il flaring del 70%, dopo aver introdotto sanzioni più severe e incentivi per catturare e vendere il gas.
Ma il divieto federale di gas flaring ha delle scappatoie e le sanzioni sono basse e poco applicate. Le multinazionali petrolifere (Eni compresa) fanno lenti progressi nella costosa eliminazione del flaring, ad esempio, Shell brucia ancora più di 1 milione di tonnellate di gas all’anno in tutto il mondo.
L’avvocato nigeriano Olusola Olujobi, del Business Management Department della Covenant University, che nel 2020 ha pubblicato su MDPI lo studio “Analysis of the Legal Framework Governing Gas Flaring in Nigeria’s Upstream Petroleum Sector and the Need for Overhauling” nel quale ricorda che «La Nigeria è considerata il primo produttore di petrolio greggio in Africa. Tuttavia, le attività di esplorazione petrolifera hanno portato a un alto tasso di gas flaring a causa della scarsa applicazione delle leggi anti-gas flaring da parte delle autorità di regolamentazione. Il gas naturale associato è generato dalla produzione di petrolio e viene bruciato in grandi quantità, portando così all’emissione di gas serra e allo spreco di risorse naturali che avrebbero potuto produrre miliardi di dollari per il governo federale della Nigeria. Si teme che se non si fa nulla per ridurre questa minaccia, gli esseri umani e l’ambiente saranno in pericolo a causa delle sue conseguenze negative. E’ quindi necessario ridurre il gas flaring replicando le strategie applicate nei Paesi casi di studio selezionati per combattere la minaccia. E’ importante condurre questa analisi per ridurre le emissioni di gas serra nell’industria petrolifera per la sostenibilità del settore energetico e per generare maggiori entrate per il governo».
Lo studio fornisce linee guida sugli approcci adeguati da adottare per la formulazione di un quadro giuridico anti-flaring ed è un’analisi comparativa dei regimi legali nazionali sul gas flaring in Nigeria, Canada, Regno Unito, Arabia Saudita e Norvegia e rileva che «L’applicazione debole delle leggi è un fattore critico responsabile della minaccia. Si raccomanda l’utilizzo di tecnologie più avanzate, un sofisticato mix di regolamenti e incentivi non normativi, come politiche fiscali e ristrutturazioni del mercato del gas».
Ma in Nigeria esistono ancora aree dove tutto questo sembra fantascienza: Nel 2020 Olumide Idowu, co-fondatore dell’ONG giovanile ICCDI Africa, è andato sull’isola di Bony nel delta del Niger, e racconta a Climate Home News che «E’ stato davvero devastante. Non riuscivo a respirare a causa dell’odore».
Idowu non crede che il governo riuscirà a raggiungere il suo obiettivo entro il 2030: «Per avere successo, è necessario il coinvolgimento degli stakeholder con le comunità locali. Raggiungere l’obiettivo è possibile se il governo è al top di questo gioco, ma temo che non sia concentrato sulla questione. Anche ottenere il sostegno dei governi provinciali è importante».
Lo statunitense Jonathan Banks, della Clean Air Task Force, che sta lavorando con il governo nigeriano alla campagna anti-flaring. È più ottimista: «L’attenzione globale alla riduzione delle emissioni di metano, rafforzata dal recente rapporto dell’IPCC , si presta a una spinta importante per il taglio simultaneo del metano e del flaring in Nigeria. Il governo è in sella. Le compagnie credo ne riconoscano l’importanza. Quasi tutte le compagnie petrolifere internazionali impegnate in Europa si sono impegnate a ridurre le emissioni di metano e il flaring. Quindi l’appetito è tutto lì».
Nel 2016, il governo nigeriano ha avviato un programma per commercializzare il gas invece di bruciarlo come prodotto di scarto. Per consentirne il trasporto e la vendita sono stati costruiti terminal e condotte per l’esportazione di gas naturale liquefatto. «Per le compagnie petrolifere e del gas non sono solo rifiuti – ha detto Banks – ora possono inviarli in Europa».
Una parte del gas viene venduta nei mercati locali per essere utilizzata nella produzione di elettricità o per cucinare, sostituendo legno e carbonella sui quali fa ancora affidamento la maggior parte dei nigeriani.
Chukwumerije Okereke, un professore nigeriano di Global Environmental and Climate Governance, sostiene l’utilizzo del gas per cucinare: «La legna da ardere è la più grande fonte di debito per le donne, una delle principali fonti di deforestazione e priva le nostre ragazze di tempo prezioso per l’istruzione, perché passano il loro tempo a procurarsi legna da ardere».
Oltre ad aiutare le compagnie dei combustibili fossili a vendere il gas, il governo nigeriano ha aumentato le sanzioni per quelle che lo bruciano e le banche dicono che questo ha aiutato, ma restano delle scappatoie. Le compagnie possono incendiare il gas in caso di emergenza e per motivi di sicurezza e hanno interpretato queste eccezioni in senso molto ampio.
Per Banks, «Sebbene siano stati compiuti progressi significativi, il flaring rimasto è il più difficile da fermare. Oltre al flaring, le compagnie petrolifere e del gas emettono metano nel processo di produzione, sia deliberatamente che accidentalmente».
Lo sfiato è il rilascio deliberato di metano da apparecchiature come compressori e controller pneumatici, per motivi di sicurezza. In molti casi, è possibile sostituire queste apparecchiature che hanno emissioni più basse o nulle. Le perdite si verificano accidentalmente durante il processo di produzione da pozzi, apparecchiature e condutture.
Alfredo Miranda-Gonzalez, della Clean Air Task Force, conclude: «Il governo dovrebbe imporre frequenti indagini di rilevamento e riparazione delle perdite. La comunità internazionale dovrebbe aiutare con il trasferimento di tecnologia, la formazione e il finanziamento per apparecchiature di rilevamento come le telecamere ottiche per l’acquisizione di immagini del gas, che costano fino a 100.000 dollari».