Il (cattivo) stato del patrimonio edilizio residenziale italiano

E’ obsoleto: il 50% ha più di 45 anni e il 60% è in classe energetica “G” O “F”

[9 Settembre 2021]

L’Ufficio Studi Gabetti, attraverso Abaco Team, ha analizzato un campione di oltre 140 mila dati immobiliari riguardanti unità residenziali, raccolti prevalentemente dal 2017 al 2020, con l’obiettivo di individuare la composizione degli immobili in termini di caratteristiche ed efficienza. ha un osservatorio approfondito sul mercato residenziale e sulle scelte abitative degli italiani, grazie alle decine di migliaia di unità immobiliari all’anno oggetto di sopralluogo, analisi e valutazione. Questa attività, svolta a favore degli istituti di credito, oltre a restituire una fotografia coerente dello stato del patrimonio residenziale e della domanda, consente anche di rilevare il livello di finanziabilità delle unità abitative.

Secondo Nicola Arcaini, Strategic Advisor & New Services di Abaco Team, «La fotografia restituita dall’indagine ci mostra come la maggior parte degli immobili analizzati, in gran parte oggetto di transazione, rientri nell’ambito degli edifici da riqualificare La domanda si adatta quindi necessariamente a un’offerta che spesso può essere inadeguata dal punto di vista dell’edificio. Per quanto riguarda invece le singole unità immobiliari, si evince una prevalenza di unità visitate in buono/ottimo stato, che può indicare sia una preferenza verso questa categoria, sia il fatto che le unità siano state in precedenza già internamente manutenute e rimaneggiate».

Il 50% degli immobili oggetto dell’analisi sono unità immobiliari all’interno di edifici costruiti prima del 1975, antecedenti quindi la Legge 373/1976, prima normativa vincolante sulle caratteristiche costruttive degli edifici in termini di risparmio del fabbisogno energetico. Di questi, circa il 30% è la quota comunemente identificata come “ante 1967”. Nonostante questo,. Fa notare l’Ufficio Studi Gabetti, «Solo il 3% del campione totale è stato interessato da interventi di ristrutturazione significativi. Per interventi significativi intendiamo opere di manutenzione che abbiano comportato il rilascio di un titolo abilitativo oppure di una comunicazione emessa a favore dell’amministrazione comunale competente. In questo contesto si inserisce il tema della regolarità degli immobili: Istat, nel report BES 2020 (Il Benessere Equo E Sostenibile In Italia) rileva che dal 2008 al 2019 l’indice di abusivismo è salito di quasi 3 punti percentuali nel Nord (da 3,2 a 5,9), di 11 punti nel Centro (da 6,5 a 17,5) e di oltre 20 punti nel Mezzogiorno (da 24,6 a 45,2). Le rilevazioni pubbliche trovano riscontro con i dati che emergono dai sopralluoghi effettuati da Abaco Team: oltre il 50% degli immobili che abbiamo ispezionato presenta forme di “irregolarità”, da lievi difformità catastali a rilevanti forme di abusivismo edilizio. Il fenomeno, come noto, sta impattando sui processi di riqualificazione (soprattutto nelle forme agevolate fiscalmente) necessitando anche l’intervento del legislatore».

Per quanto riguarda la manutenzione, 8 fabbricati su 10 sono in condizioni medie, mentre per le unità abitative il 18% ha manutenzioni ottime e il 60% buone.  L’analisi sottolinea che «Questo è indice di una maggiore attenzione alla condizione delle proprie unità rispetto a quelle del fabbricato. Si tratta della conferma, dati alla mano, di una maggiore cura riservata all’unità immobiliare a discapito delle parti comuni condominiali, decoro delle facciate incluso.Questo è un aspetto legato al fatto che, per le unità immobiliari singole, che popolano gran parte del territorio italiano “non urbano”, è piuttosto semplice avviare dei lavori di ristrutturazione in quanto è generalmente un solo proprietario che decide di ristrutturare la propria casa, coprirne i costi e trovare le giuste soluzioni con il progettista e l’impresa».

Dal rapporto emerge che «Le nuove forme di incentivazione fiscale per gli interventi di efficientamento energetico, coerentemente con questa storica e consolidata situazione, pur concentrandosi sul perseguimento della riqualificazione degli edifici nel loro complesso, stanno di fatto agevolando in maggior misura la riqualificazione delle unità immobiliari. Di solito, proprio per le rigide regole progettuali per ottenere il finanziamento dell’ecobonus al 110%, che significa la completa copertura finanziaria degli interventi, le assemblee condominiali riescono a superare un’eventuale differenza di vedute affidando la gestione tecnica e amministrativa a professionisti, amministratori di condominio e imprese».

Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, la scelta dei materiali costruttivi diventa sempre più rilevante sia al raggiungimento dell’obiettivo prefissato di riduzione della CO2, sia agli obiettivi di risparmio energetico dell’edificio. L’analisi Gabetti ricorda che «Un materiale è sostenibile quando la valutazione del suo impatto ambientale è ridotta ai minimi termini. Questo significa che un materiale risulta tanto più sostenibile quanto minore è il dispendio di energia da un lato e la produzione di rifiuti, dall’altro, durante tutte le fasi della sua vita».

Circa il 70% degli immobili analizzati ha una struttura portante in calcestruzzo e secondo FederBeton, «Grazie alle proprietà della massa termica, un edificio in calcestruzzo è in grado di consumare dal 5% al 15% in meno di energia per il riscaldamento rispetto a un edificio equivalente realizzato con materiali leggeri. La lunga vita di servizio di un edificio in calcestruzzo accresce ulteriormente la sua eco-efficienza».

Il 17,4% degli edifici è invece in muratura e il 12% in tipologia mista. E’ minima la percentuale di edifici in legno, i cui vantaggi vanno dalla sostenibilità alla leggerezza, dalla resistenza al basso costo, e in cemento armato prefabbricato, edifici certificati in classe A4 che assicurano il massimo risparmio per le bollette energetiche.

Dal punto di vista dell’efficienza energetica le cose vanno davvero male: «Solo il 34% degli immobili disponeva, al momento del sopralluogo, di un Attestato di Prestazione Energetica, che ha restituito la seguente fotografia: circa il 60% degli immobili ha una classe G o F e non è stato quindi interessato da interventi di riqualificazione energetica». Come sottolineato anche da Enea, «Questo mette in luce l’inadeguatezza del parco edilizio esistente ed evidenzia, per oltre il 25% degli edifici realizzati negli anni ‘60, consumi annuali da un minimo di 160 kWh/m2 anno a oltre 220 kWh/m2. In Italia, infatti, circa il 55% dello stock edilizio esistente, in termini di edifici residenziali, risale agli anni ’60 e il 4% a prima del 1919 e circa un quarto di questi edifici non ha mai subito interventi di ristrutturazione o riqualificazione energetica».

Se si analizzano le diversità regionali, emerge «Una prevalenza del campione dotato di Ape in Lombardia, dove circa il 13% degli immobili è in classe A o Oro». Ma è il Trentino Alto Adige ad avere la quota maggiore di edifici più efficienti (39%) di quelli analizzati. Significativi anche i dati delle unità valutate in Veneto e Valle d’Aosta: di quelle dotate di Ape, circa il 20% presenta una classe del gruppo A.

Inoltre, Il Trentino ha recepito l’aggiornamento della direttiva europea sugli edifici ed esteso il “bonus energia” fino al 31 dicembre 2021. Tra le novità più importanti della direttiva l il rapporto evidenzia una maggiore promozione della mobilità elettrica: «Nelle ristrutturazioni di edifici con più di dieci posti auto bisognerà dotarli di un punto di ricarica e di infrastrutture (vale a dire condotti per cavi elettrici) per almeno un posto auto su cinque, per consentire la successiva installazione di punti di ricarica per veicoli elettrici».

Enrico Carraro, responsabile tecnico loans di Abaco Team, fa notare che «Su questi dati, oltre all’ovvio fattore geografico, impattano anche i dispositivi legislativi (recepiti localmente) circa i requisiti minimi di prestazione degli interventi di nuova edificazione. Entrambe le regioni, infatti, sono dotate di regolamenti e procedure, di livello regionale per la Valle d’Aosta e provinciale per il Trentino Alto Adige, al fine di agevolare l’applicazione della normativa relativa all’efficienza energetica, supportare e agevolare i comuni. Si tratta di indicazioni operative che consentono di far rispettare i requisiti minimi di prestazione energetica nell’edilizia, le prescrizioni specifiche degli edifici e delle relative metodologie di calcolo, nonché i casi e le modalità per la compilazione della relazione tecnica attestante il rispetto dei medesimi requisiti e prescrizioni, in sostituzione di quelli approvati».

L’80% del campione esaminato è dotato di riscaldamento autonomo – la tipologia prevalente – rispetto a quello centralizzato. Una percentuale in linea con il dato del Censimento Istat 2011 con il 61% degli alloggi occupati, dotati di riscaldamento autonomo, a uso esclusivo dell’abitazione e che dimostra la preferenza per questa tipologia nell’ambito degli immobili oggetto di transazione.

Il metano risulta il carburante più usato per il riscaldamento (90%), a fronte di uno stock occupato, caratterizzato da circa il 70% da questa tipologia. Per l’Ufficio Studi Gabetti «Queste rilevazioni danno ragione di una distribuzione dell’abitato nazionale in contesti non necessariamente legati a grandi conurbazioni, insieme agli effetti derivanti dalla forte diffusione, nel recente passato, di sistemi di riscaldamento autonomi installati nei condomini delle città (fenomeno a lungo incentivato e oggi non più consentito)».

Per finire, circa il 90% del campione presenta una pericolosità idraulica bassa. «Una rilevazione, in controtendenza apparente con la “percezione” diffusa – conclude l’indagine – che dà ragione di un quadro che limita i fenomeni a particolari aree geografiche e contesti territoriali generalmente delimitati, pur riconoscendo l’enorme impatto sulla popolazione degli effetti calamitosi di rilevante portata». o