216 milioni di migranti climatici entro il 2050 (VIDEO)

Banca Mondiale: un'azione collettiva decisiva potrebbe ridurre la migrazione climatica fino all'80%

[15 Settembre 2021]

Il rapporto “Groundswell Part 2: Acting on Internal Climate Migration”, pubblicato dalla Banca Mondiale,  rileva che «Il cambiamento climatico, un fattore di migrazione sempre più potente, potrebbe costringere 216 milioni di persone in 6 regioni del mondo a spostarsi all’interno dei loro Paesi entro il 2050. Hot spot della migrazione climatica interna potrebbe emergere già nel 2030 e continuare a diffondersi e intensificarsi entro il 2050.

Ma il rapporto evidenzia anche che «Un’azione immediata e concertata per ridurre le emissioni globali e sostenere uno sviluppo verde, inclusivo e resiliente potrebbe ridurre la dimensione della migrazione climatica di quasi l’80%».

Il cambiamento climatico è un potente motore della migrazione interna a causa dei suoi impatti sui mezzi di sussistenza delle persone e per la perdita di vivibilità in luoghi altamente esposti. Le previsioni della Banca Mondiale sono drammatiche «Entro il 2050, l’Africa subsahariana potrebbe vedere fino a 86 milioni di migranti climatici interni; l’Asia orientale e Pacifico, 49 milioni; l’Asia meridionale, 40 milioni; il Nord Africa, 19 milioni; l’America Latina, 17 milioni; l’Europa orientale e l’Asia centrale, 5 milioni.

Secondo il documento, la portata della migrazione interna causata dagli impatti climatici sarà maggiore nelle regioni più povere e più vulnerabili ai cambiamenti climatici, e le carenze che rendono vulnerabili i sistemi sociali, economici e di sostentamento che non riusciranno ad affrontare il cambiamento climatico potrebbero minare i progressi nello sviluppo umano.

Il motivo per cui l’Africa ha una proiezione così elevata di migranti interni rispetto ad altre regioni del mondo è che il continente è altamente vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici, specialmente nelle zone aride, che sono già fragili, e in tutte le regioni costiere esposte all’innalzamento del mare. Anche l’agricoltura, che nella regione sub-sahariana consiste quasi interamente di colture pluviali, rappresenta una grande percentuale di occupazione.

E l’Italia dovrebbe essere molto preoccupata per un’alta previsione del rapporto: il Nord Africa avrà la più alta percentuale di migranti climatici interni rispetto alla popolazione totale. Questo è in gran parte dovuto alla grave scarsità d’acqua, nonché agli impatti dell’innalzamento del livello del mare sulle aree costiere densamente popolate e sul delta del Nilo.

Le stime incluse nell’analisi sono probabilmente “prudenziali” in quanto includono solo le cause di migrazione dovute agli impatti dei cambiamenti climatici “a lenta evoluzione”, come la disponibilità di acqua, la produttività delle colture e l’aumento dei livelli dell’acqua e non include i Paesi a redditoe levato né la regione del Medio Oriente o i piccoli Stati insulari in via di sviluppo.

Ma lo stesso rapporto avverte che «Questa previsione non è scolpita nella pietra. La  migrazione climatica potrebbe essere ridotta a soli 44 milioni di persone  se i Paesi iniziassero immediatamente a ridurre i gas serra, correggere i divari di sviluppo, ripristinare i propri ecosistemi e aiutare le persone in termini di adattamento ambientale».

Le due principali autrici del rapporto, Kanta Rigaud e Viviane Clement , confermano: «I cambiamenti climatici – in particolare impatti come l’aumento dello stress idrico, il calo della produttività delle colture e l’innalzamento del livello del mare aggravato dalle mareggiate – potrebbero costringere le persone in difficoltà a migrare. I Paesi potrebbero assistere all’emergere di hot spot di migrazione climatica, già nel 2030, che continueranno poi ad intensificarsi ed espandersi. Ma c’è speranza., la finestra per agire è ancora aperta. Certamente, ridurre le emissioni e garantire che lo sviluppo sia verde, resiliente e inclusivo è al centro della riduzione del costo umano del cambiamento climatico. Allo stesso tempo, i Paesi possono anche anticipare e prepararsi ai driver della migrazione, ad esempio sostenendo le comunità ad adattarsi sul posto, diversificando i mezzi di sussistenza o facilitando la mobilità quando necessario».

Per Juergen Voegele, vicepresidente per lo sviluppo sostenibile della Banca mondiale, «Il rapporto Groundswell è un duro promemoria del bilancio umano del cambiamento climatico, in particolare sui più poveri del mondo, coloro che stanno contribuendo meno alle sue cause. Inoltre, traccia chiaramente un percorso per i Paesi per affrontare alcuni dei fattori chiave che stanno causando la migrazione causata dal clima. Fondamentalmente, tutti questi problemi sono collegati, motivo per cui il nostro sostegno ai Paesi è posizionato per raggiungere insieme gli obiettivi climatici e di sviluppo, costruendo al contempo un futuro più sostenibile, sicuro e resiliente».

L’aggiornamento del rapporto, giunto alla seconda edizione, comprende proiezioni e analisi per tre regioni: Asia orientale e Pacifico, Nord Africa, Europa orientale e Asia centrale e si basa sul nuovo e pionieristico approccio di modellazione del precedente rapporto Groundswell del 2018, che copriva l’Africa subsahariana, l’Asia meridionale e l’America latina.

Implementando un approccio basato su scenari, il rapporto esplora i potenziali risultati futuri, che possono aiutare i responsabili delle decisioni a pianificare in anticipo. La Banca Mondiale evidenzia che questo approccio «Consente di identificare gli hot spot climatici interni di ingresso e uscita, ovvero le aree da cui si prevede che le persone si spostino a causa dell’aumento della scarsità d’acqua, del calo della produttività delle colture e dell’innalzamento del livello del mare, e le aree urbane e rurali con una migliore condizioni per costruire nuovi mezzi di sussistenza».

Il rapporto fornisce una serie di raccomandazioni politiche che possono aiutare a rallentare i fattori che portano alla migrazione climatica e a prepararsi ai flussi migratori previsti, tra le quali: Ridurre le emissioni globali e compiere ogni sforzo per raggiungere gli obiettivi di temperatura dell’Accordo di Parigi. Incorporare la migrazione climatica interna in una pianificazione lungimirante dello sviluppo verde, resiliente e inclusiva. Prepararsi per ogni fase della migrazione, in modo che la migrazione climatica interna come strategia di adattamento possa portare a risultati di sviluppo positivi. Investire in una migliore comprensione dei fattori trainanti della migrazione climatica interna per informare politiche ben mirate.

Videogallery

  • The Human Toll of Climate Change: Taking Action on Internal Climate Migration