Caccia e bracconaggio aumentano significativamente il rischio di malattie trasmesse dagli animali
CMS: la cattura di selvaggina è una grave minaccia per le specie terrestri protette
[16 Settembre 2021]
Secondo il nuovo rapporto “Impacts of Taking, Trade and Consumption of Terrestrial Migratory Species for Wild Meat”, «Il prelievo di animali per il consumo di carne selvatica all’interno dei confini nazionali sta avendo impatti significativi sulla maggior parte delle specie terrestri protette dalla Convention on the Conservation of Migratory Species of Wild Animals (CMS)».
Il rapporto, commissionato dalla CMS al Center for International Forestry Research (CIFOR), è il primo del suo genere e riguarda 105 specie CMS ed evidenzia che «La carne selvatica è spesso un utilizzo chiave e uno dei principali driver per la caccia legale e illegale, in particolare di ungulati e primati, e specialmente durante i periodi di conflitto o carestia e nel corso del cambiamento di utilizzo del suolo. Questo ha portato a un drastico declino ed estinzione di diverse popolazioni di mammiferi terrestri migratori».
Dallo studio emerge che «Il 70% delle specie di mammiferi terrestri CMS cacciati viene utilizzato per il consumo di carne selvatica. 67 delle 105 specie studiate sono state registrate come cacciate . Di queste 67 specie, l’uso previsto più ampio (47 specie) era per il consumo di carne selvatica. Altri scopi di caccia identificati erano per ragioni culturali, utilizzo medicinale, conflitto uomo-fauna selvatica, cattura involontaria e caccia sportiva/trofeo/moda».
Per la maggior parte delle specie terrestri CMS, le catture per utilizzo come cibo sono la preoccupazione più grande per quanto riguarda il commercio internazionale di specie. La CMS spiega che «L’attenzione globale verso la cattura della fauna selvatica si è in gran parte concentrata sul commercio internazionale. Tuttavia, il rapporto ha rilevato che la stragrande maggioranza delle catture di specie CMS per il consumo di carne selvatica è causata dall’utilizzo diretto o dal commercio interno. Questo ha importanti implicazioni per gli sforzi internazionali e nazionali volti a proteggere le specie vulnerabili e in via di estinzione».
Complessivamente, 34 delle 99 specie valutate nella Lista Rossa IUCN sono state segnalate come utilizzate a livello di sussistenza (uso diretto), 27 sono state commercializzate a livello nazionale e 22 sono state scambiate a livello internazionale. Tuttavia, quando è stata presa in considerazione solo la carne destinata al consumo, 27 specie (su 99) sono state segnalate come consumate per la sussistenza, 10 specie per il commercio nazionale di carne selvatica e solo due specie per il commercio internazionale di carne selvatica.
La segretaria esecutiva della CMS, Amy Fraenkel, fa notare che «Questo rapporto indica per la prima volta il bisogno chiaro e urgente di concentrarsi sull’utilizzo domestico delle specie migratorie protette di animali selvatici, in tutto il loro areale. Dobbiamo garantire che le leggi nazionali e gli sforzi per di applicarle siano in grado di affrontare questa grave minaccia per le specie CMS».
Il rapporto ha anche esaminato il legame tra l’assunzione di carne di selvaggina e il rischio di malattie zoonotiche e sottolinea che «Esistono prove evidenti che le epidemie di zoonosi sono legate alle attività umane. L’assunzione e il consumo di carne selvatica è stato identificato come l’agente diretto e causale dello spillover nell’uomo dei virus Monkeypox, SARS, Sudan Ebola virus e Zaire Ebola virus, con successiva trasmissione da uomo a uomo. In totale, 60 patogeni virali zoonotici sono stati segnalati come ospitati dalle 105 specie migratorie studiate. L’invasione degli habitat rimasti intatti attraverso infrastrutture e attività economiche ha reso accessibili nuove vaste aree per l’assunzione di carne selvatica, aumentando così il rischio zoonotico, portando gli esseri umani a contatto con popolazioni ospiti e patogeni finora indisturbate».
La direttrice esecutiva dell’United Nations environment programme (Unep), Inger Andersen, aggiunge che «Mentre cerchiamo di passare a sistemi alimentari globali sostenibili, è fondamentale che l’uso di specie selvatiche per il cibo sia legale e sostenibile. La pandemia di Covid-19 ci ha insegnato che l’eccessivo sfruttamento della natura ha un costo elevato. Dobbiamo urgentemente abbandonare le attività business-as-usual. In tal modo, possiamo salvare molte specie dall’orlo dell’estinzione e proteggerci da future epidemie di malattie zoonotiche».
Lo studio cita una serie di fattori che favoriscono la cattura e caccia insostenibili di specie selvatiche: 1. Leggi e regolamenti nazionali possono essere poco chiari od obsoleti, non riflettendo le effettive esigenze dei fattori ambientali, delle caratteristiche della popolazione e delle dinamiche delle specie interessate. 2. La scarsa applicazione della legge è un fattore chiave dell’uso non sostenibile di selvaggina in diverse regioni. 3. Guerre civili e il cambiamento nell’utilizzo del suolo possono portare a un aumento del consumo di carne selvatica. 4. Gli animali migratori attraversano Paesi e regioni con un’ampia varietà di leggi e approcci di applicazione diversi, il che fa aumentare il rischio di cattura insostenibile nelle diverse fasi della loro migrazione. 5. La crescente urbanizzazione e l’aumento della vendita di carne selvatica come prodotto di lusso rappresentano un’ulteriore pressione sugli animali protetti.
Il rapporto ha anche scoperto che «I modelli migratori stagionali indicano che, a causa della tempistica ben nota dell’arrivo della specie in una particolare area, le specie migratorie sono un obiettivo particolarmente facile per cacciatori, bracconieri e altri consumatori. E’ importante notare che la fauna selvatica contribuisce alla sicurezza alimentare, alla salute, al reddito, all’occupazione e all’identità culturale di molte economie rurali e di alcune delle popolazioni indigene e delle comunità locali (IPLC) più vulnerabili del mondo. Qualsiasi risposta politica deve tenere in considerazione tali usi, così come i fattori che determinano l’insicurezza alimentare»
Ma è anche vero che «La caccia (a tutti gli effetti) è segnalata come una minaccia fondamentale per la sopravvivenza di molte specie», ribadisce lo studio, che rivela anche che « Escludendo i pipistrelli (chirotteri), il il 98% (41 su 42) delle specie CMS che sono valutate dalla Lista Rossa IUCN sono minacciate dalla caccia. La caccia minaccia il 95% (21 su 22) di quelle che sono classificate dall’IUCN come in pericolo, in pericolo critico o estinte in natura».
Il rapporto documenta i collegamenti tra la caccia e i trend in calo della popolazione di diverse specie: l’Iucn valuta il 77% (40 su 52) delle specie CMS in diminuzione sono minacciate dalla caccia. I ricercatori fanno l’esempio della maggior parte degli ungulati migratori ancora esistenti in natura che hanno subito un significativo calo della popolazione che può essere attribuito alla caccia. Anche tutte le popolazioni di tutte le sottospecie di scimpanzé e 3 delle 4 sottospecie di gorilla, segnalate come significativamente minacciate dalla caccia, stanno registrando un forte calo delle loro popolazioni. Complessivamente, il rapporto valuta che ¸Il prelievo ha un impatto diretto sulle popolazioni di oltre la metà (58 su 105) delle specie studiate, con impatti elevati per almeno il 42% (40 su 105) di esse».
Lo studio ha anche scoperto che non ci sono dati sufficienti per fare una valutazione conclusiva sulla cattura dei pipistrelli, che costituiscono la metà delle specie di mammiferi terrestri CMS studiate. Questo potrebbe significare che vengono cacciati di rado o che la loro caccia non viene segnalata.
La maggior parte delle specie migratorie cacciate legalmente e illegalmente viene utilizzata per il consumo di carne selvatica e questo ha un impatto particolarmente rilevante sugli ungulati migratori e i primati che soffrono maggiormente nel contesto di disastri legati all’uomo come conflitti e carestie, ma anche nel caso di cambiamenti nell’utilizzo del suolo. Il rapporto ha rilevato che «Di tutte le specie di mammiferi terrestri CMS che sono state registrate come cacciate, il 70% (47 su 67) è utilizzato per il consumo di carne selvatica. La caccia illegale di carne è la principale minaccia per tre sottospecie di gorilla, i gorilla di pianura occidentale (Gorilla gorilla gorilla), il gorilla di pianura orientale (Gorilla beringei graueri) e il gorilla del Cross River (Gorilla gorilla diehli).
Le specie di carnivori e di elefanti vengono cacciate per molti usi diversi e spesso non è possibile disaggregare l’impatto della caccia per la carne selvatica dalla caccia per i trofei o dal conflitto uomo-fauna selvatica.
Il rapporto fa notare che «Mentre la carne selvatica può essere un’importante fonte di nutrimento per le comunità rurali, la carne selvatica spesso non svolge un ruolo significativo nella sicurezza alimentare per gli abitanti delle città, per i quali è un bene di lusso. Tuttavia, con la crescita delle popolazioni urbane, aumenta anche la domanda di carne selvatica. Anche bassi tassi di consumo pro capite possono sommarsi per arrivare a grandi quantità totali di carne selvatica consumata e la domanda urbana sta alimentando sempre più catture insostenibili nelle aree circostanti, contribuendo a una maggiore pressione sulla fauna selvatica e a una minaccia più grande per l’approvvigionamento alimentare delle comunità rurali dipendenti dalla fauna selvatica».
Ad esempio, i dati disponibili dimostrano che il pipistrello della frutta paglierino (Eidolon helvum) in Africa occidentale e centrale e lo scimpanzé (Pan troglodytes) in Camerun e Nigeria sono disponibili in gran numero nei mercati urbani. Migliori trasporti, disponibilità di armi da fuoco e incentivi finanziari elevati sono tra i fattori che determinano un maggiore accesso urbano alla carne selvatica.
La maggior parte delle specie di mammiferi terrestri CMS sono protette in diversa misura dalle leggi vigenti, con livelli di protezione che variano tra specie e Paesi, ma la CMS avverte che «In molti Paesi tropicali è necessaria una riforma urgente dell’attuale legislazione sulla caccia. Questo include le pratiche di caccia di sussistenza che sono spesso incompatibili con i regolamenti sulla caccia.
Da diversi casi di studio, sono emersi due temi: 1. mentre le specie CMS possono essere protette dalle leggi nazionali e internazionali, in molti Paesi la capacità e lo sforzo di applicazione sono bassi e quindi la caccia non regolamentata continua senza sosta. 2. le popolazioni di specie che hanno subito un forte calo a causa della caccia eccessiva si sono riprese dopo la protezione legale e l’applicazione delle leggi.
Il rapporto presenta alcune raccomandazioni: Per affrontare le minacce poste alla conservazione, è necessaria una maggiore attenzione all’uso domestico e al commercio delle specie CMS; La legislazione e i regolamenti nazionali sulla caccia dovrebbero essere rivisti e aggiornati secondo necessità; La capacità di monitoraggio e applicazione delle leggi dovrebbe essere esaminata e rafforzata; I driver che contribuiscono all’uso illegale o non sostenibile della fauna selvatica per il consumo domestico dovrebbero essere ulteriormente identificati e affrontati; Comprendere maggiormente i rischi di spillover associati all’uso e al commercio di carne selvatica, e i fattori che potrebbero aumentare o diminuire questi rischi, deve essere una priorità immediata per la ricerca sulla carne selvatica; Per tutte le specie studiate dovrebbero essere raccolti dati comparabili e confrontabili sui prelievi di caccia e sull’abbondanza delle specie per consentire valutazioni più complete degli impatti della caccia per il consumo e il commercio della fauna selvatica; Sarà necessaria ulteriore cooperazione internazionale per affrontare il prelievo di carne selvatica di specie migratorie i cui areali abbracciano più Paesi.