Il pianeta saccheggiato: rallentare la corsa verso i limiti della crescita
Ugo Bardi: «Esaurimento delle risorse e cambiamento climatico, due lati dello stesso problema»
[28 Ottobre 2013]
Questa è una versione testuale di un discorso tenuto da Ugo Bardi al forum sulle Risorse Mondiali di Davos il 7 ottobre 2013. Per una descrizione più dettagliata dello stesso tema si veda il precedente discorso a Dresda.
Signore e signori, è un piacere essere qui ed oggi il mio compito è quello di raccontarvi una cosa che sta alla base di qualsiasi cosa facciamo: le risorse minerali. E’ il tema di un libro che è il risultato di un programma di ricerca sponsorizzato dal Club di Roma e che ha coinvolto me ed altri 16 coautori. Ecco la copertina de “Il Pianeta Saccheggiato”.
Al momento esiste solo una versione tedesca, stiamo lavorando su quella inglese, ma ci vorrà un po’ di tempo – alcuni mesi. In ogni caso, il titolo dovrebbe esservi chiaro anche se non parlate tedesco e potete notare che diciamo “Il Pianeta Saccheggiato”, non “Il Pianeta Migliorato” o “Il Pianeta Sviluppato”. No, il concetto è questo: saccheggiato. Abbiamo agito rispetto alle risorse minerarie come se fossimo pirati che saccheggiano un galeone catturato, agguantando tutto ciò che possiamo e più velocemente che possiamo.
Ora, naturalmente, c’è un problema con l’idea di saccheggiare il pianeta Terra. Cioè quanto a lungo possiamo andare avanti a farlo. A livello di base, è questione di buon senso: sappiamo che una volta che abbiamo bruciato il petrolio, questo finisce. Sappiamo che dopo che abbiamo disperso il rame in piccoli pezzetti sparpagliati non lo possiamo recuperare. Sappiamo che i diamanti sono per sempre, forse, ma sappiamo anche che, una volta che li abbiamo estratti da una miniera, non cene saranno più in quella stessa miniera. Le risorse minerarie non sono infinite.
Così, c’è questa domanda fastidiosa: per quanto a lungo possiamo continuare ad estrarre? E’ una domanda che ci siamo cominciati a porre nel 19° secolo e la risposta è sia facile sia difficile. E’ facile dire “non per sempre”, ma è difficile dire esattamente per quanto tempo. Quindi, che forma assumerà l’esaurimento? Come verrà percepito nell’economia? E, visto che ci percepiamo come molto intelligenti, possiamo trovare qualche trucco per evitare, o perlomeno ritardare, il problema?
Il primo studio che ha tentato di quantificare questa domanda è stato il rapporto che è stato sponsorizzato dal Club di Roma già nel 1972. Ne avrete sicuramente sentito parlare: ecco la copertina di quel libro:
Ora, avrete probabilmente sentito dire anche che questo studio era “sbagliato”, cioè, che aveva fatto previsioni errate, che era basato su dati e modelli errati e accuse simili. Ciò è stato il risultato di un’ondata di critiche, un vero e proprio tsunami direi, che ha fagocitato il libro ed i suoi autori dopo la pubblicazione dello studio. Gli autori sono stati accusati non solo di aver sbagliato, ma di far parte di una cospirazione globale che puntava a rendere schiava la razza umana e a sterminare le razze di colore (non sto scherzando, ciò è stato detto diverse volte).
Tuttavia, se c’è stata una reazione così aspra al libro è stato anche perché esso andava al cuore di alcune assunzioni fondamentali della nostra società, della nostra credenza più profonda che, in qualche modo, non solo la crescita è sempre buona, ma che possiamo continuare a crescere per sempre. Ma il libro diceva che questo era impossibile. E non diceva solo questo, diceva che i limiti della crescita sarebbero apparsi in un lasso di tempo che non era di secoli, ma solo di decenni. Sotto potete vedere i principali risultati dello studio del 1972, lo scenario chiamato “caso base” (o “scenario standard”). I calcoli sono stati rifatti nel 2004, dando risultati analoghi:
Quindi potete capire le ragioni della rabbiosa reazione negativa allo studio. E’ la stessa cosa che sta accadendo oggi per il Cambiamento Climatico. Siamo umani, se vediamo qualcosa che non ci piace tendiamo a cercare modi per ritenerla sbagliata. E’ normale, ma a volte diventa patologico, come è accaduto nel caso dello studio del 1972. Ho descritto questa storia in un mio libro: “I Limiti dello Sviluppo Rivisitati”.
Sono sicuro che fra voi e voi stiate confrontando queste curve con l’attuale situazione economica e vi chiediate se questi vecchi calcoli possano risultare essere incredibilmente buoni. Ma mi piacerebbe anche dire che queste curve non sono – e non sono mai state – da considerarsi come previsioni. No, gli autori dello studio hanno detto chiaramente che non volevano che questa fosse una profezia. Queste curve, produzione, estrazione, ecc…, hanno detto, sono i risultati dell’azione umana e che potevamo agire – avremmo potuto agire – in modo tale da evitare che il collasso mostrato nello scenario si verificasse. Sfortunatamente, non è stato fatto nulla e questo scenario si sta pericolosamente dimostrando essere una profezia.
Allora, come mai questo modello ha descritto così bene il comportamento dell’economia mondiale (e potrebbe descriverne il futuro)? Be’, ho parlato di questo in un mio discorso più ampio, ma qui posso solo dirvi che il modello era basato su ipotesi ragionevoli, in gran parte sul buon senso e sull’idea che la gente cerca di massimizzare i propri profitti a breve termine, che è un assunto tipico della maggior parte dei modelli negli studi economici. Ma, piuttosto che scendere nei dettagli, vi mostrerò qui come si confronta il modello coi dati storici e come può essere considerato, entro certi limiti, uno strumento predittivo.
Per prima cosa, lasciate che riassuma il “cuore” dei risultati del modello. Questi risultati, naturalmente, cambiano a seconda delle ipotesi iniziali, ma c’è un risultato di fondo che continua a ritornare. Ciò che otteniamo da parametri come la produzione o l’accumulo di capitale, a prescindere da come organizzate i loro elementi, è una curva a campana, quella che Hubbert aveva già proposto nel 1956:
Questa curva potrebbe essere o meno inclinata, potrebbe essere irregolare, ma questo cambia poco sul fatto che la parte in discesa non è piacevole come la parte in salita per coloro che la vivono.
Ora, ci sono molti esempi della tendenza dei sistemi del mondo reale a seguire la curva a campana, ma lasciate che ve ne mostri solo uno, un grafico fatto recentemente da Jean Laherrere:
Questi sono i dati della produzione mondiale di petrolio. Come potete vedere, ci sono delle irregolarità e delle oscillazioni. Ma notate come, dal 2004 al 2013, cioè 9 anni, abbiamo seguito la curva: ci muoviamo su strade prevedibili. Questo è un modello molto semplice; la sua sola ipotesi è che la produzione seguirà una curva a campana. E lo fa, naturalmente entro certi limiti. Ma notate come già 9 anni fa avremmo potuto prevedere ragionevolmente bene l’attuale produzione di petrolio.
Naturalmente, ci sono altri elementi in questo sistema. Nella figura sulla destra potete vedere anche l’apparizione delle cosiddette risorse petrolifere “non convenzionali”, che seguono la propria curva e che stanno mantenendo la produzione di combustibili liquidi (un concetto leggermente diverso da quello di “petrolio greggio” piuttosto stabile o leggermente in aumento. Ma, vedete, il quadro è chiaro e la capacità predittiva di questi modelli è ragionevolmente buona. Dobbiamo solo prestare loro un po’ di cura: i fattori politici possono cambiare molto queste curve e se cercate una curva a campana nella produzione dell’Arabia Saudita non ne troverete una. Ma questo ci dice semplicemente una cosa che sappiamo già: il governo saudita controlla la produzione sulla base di fattori politici piuttosto che sulla base della ricerca dei profitti immediati.
Quindi, il modello rivela una tendenza. Mostra cosa accade normalmente in un sistema in cui la gente cerca di sfruttare una risorsa non rinnovabile ottenendone il massimo profitto. E c’è una ragione per questo comportamento. Ciò che fa la gente, ovviamente, è sfruttare prima le risorse “facili”. Meno sforzo fai per estrarre ed elaborare una risorsa, più alto è il profitto che puoi trarne. Immaginate quindi di trovare un blocco di carbone appena sotto la superficie. Lo prendete, lo portate a casa e lo bruciate. Fare questo non vi costa quasi niente in energia – è questo più o meno che la gente faceva agli albori della “rivoluzione del carbone”; raccoglieva semplicemente il carbone a livello del terreno. Ma poi, naturalmente, ha esaurito questo carbone facile. Dovevano scavare tunnel sotterranei e questo comportava molto lavoro. Oggi, siamo giunti a una cosa del genere:
Questa immagine proviene dalla copertina de “Il Pianeta Saccheggiato” e mostra una ruota gigante usata per raschiare il carbone da terra. E’ da qualche parte in Germania. Ora, pensate un attimo a quanta energia serve per fare una ruota simile. Dovete estrarre da una miniera di ferro, fonderlo, trasformarlo in acciaio e alla fine montarlo in quella cosa enorme. E questo non è tutto – è tanta l’energia di cui avete bisogno per far funzionare la ruota, per portare via il carbone dalla miniera e così via. E’ difficile pensare che potremmo essere così intelligenti da trovare modi per estrarre carbone senza usare questo tipo di attrezzatura. Pensate se sostituissimo quella ruota gigante con un iPad!
Ecco, c’è questo problema fondamentale. State estraendo carbone per ottenerne energia. Ma dovete spendere energia per estrarre carbone. Quindi è uno scambio. Potete misurare quanto sia buono l’affare prendendo il rapporto fra l’energia ottenuta e l’energia spesa (EROI o EROEI). Più alto è il rapporto, più siete felici. Questo vale per tutti i minerali che producono energia: petrolio, gas e simili e non sarete sorpresi di sapere che questo rapporto tende a scendere mentre continuate a sfruttare la vostra risorsa. Cioè mentre impoverite la vostra risorsa, i vostri rendimenti scendono. Ciò è mostrato in questa figura (di David Murphy):
Vedete che la percentuale di energia “netta”, cioè l’energia che guadagnate, scende mentre esaurite le risorse “buone”. Per EROEI al di sotto di 20, il problema è significativo e al di sotto di 10 diventa grave. E, come vedete, ci sono molte risorse energetiche che hanno questo tipo di basso EROEI.
Ora, il problema dei ritorni decrescenti esiste anche per i minerali che non vengono estratti per produrre energia. Dobbiamo ancora spendere energia per estrarre i minerali e, mentre comincia l’esaurimento, dovete usare sempre più energia. Ciò rende la risorsa più costosa. E non c’è dubbio che questo processo sia in corso. Servono enormi quantità di energia per estrarre la quantità di beni minerali di cui ha bisogno la società industriale. Lasciate solo che vi mostri un esempio:
Questa è la miniera di rame di Morency, in Australia, potete farvi un’idea della dimansione dell’operazione quando capite che qui puntini bianchi sulla sinistra sono degli edifici. Questa è la misura tipica miniera moderna – la quantità di energia che impiega è a sua volta enorme. Si può stimare che sia sull’ordine del 10% dell’energia primaria totale prodotta nel mondo.
A questo punto, penso che possiate capire le ragioni della curva “a campana”. L’impoverimento non è un fenomeno del tipo “tutto o niente”. E’ un’evoluzione graduale nella quale l’estrazione mineraria diventa sempre più costosa; ciò significa sia in termini di energia necessaria sia in termini di soldi. Mentre il vostro profitto diminuisce lentamente, vi rimangono sempre meno risorse da investire in ulteriore estrazione mineraria. Così, non è possibile continuare a crescere, si arriva a un picco e ad un declino. Naturalmente, ci sono molti più fattori che influenzano la curva: i prezzi, gli interventi politici, la tecnologia, eccetera. Ma il cuore del modello, il declino dell’energia netta, rimane un fattore potente nella formazione delle curve di produzione che, a loro volta, condizionano l’economia e generano un declino globale.
Quindi, dato che questo è il modello, dove ci troviamo in termini reali? Lasciate che vi mostri alcuni dati complessivi:
Questi dati arrivano fino al 2005; da allora, queste tendenze si sono mantenute anche se la crescita sembra rallentare. Ma, se ci deve essere un picco, non ci siamo ancora arrivati. Tuttavia, abbiamo prove chiare che l’industria mineraria globale si trovi sotto un grande stress. Lo deduciamo principalmente dalla tendenza dei prezzi. Quindi, ecco alcuni dati che riguardano alcuni beni minerali selezionati, metalli importanti per l’industria:
Ed ecco alcuni dati sul petrolio. Qui ci sono i dati sia dei prezzi sia della produzione (dal blog “Early Warning” di Stuart Staniford:
E vedete che, anche se siamo capaci di gestire una produzione leggermente in crescita per quanto riguarda il petrolio greggio, possiamo farlo solo a prezzi sempre più alti. Questo è un effetto degli investimenti sempre più alti nell’estrazione di risorse difficili – l’energia costa denaro, dopo tutto.
Ora, alcuni dati sul cibo. Naturalmente, il cibo non è una risorsa minerale, anche se in realtà parzialmente lo è, perché l’agricoltura moderna ‘estrae” suolo fertile. Ma il punto principale è che la moderna produzione agricola ha bisogno di energia che proviene dal petrolio ed anche di fertilizzanti ed altri elementi che vengono prodotti usando combustibili fossili. Quindi, se i prezzi del cibo aumentano è a causa dell’esaurimento del petrolio e del aumento generale dei prezzi di tutti i beni minerali, come potete vedere sotto:
Ciò che che vedete qua è un grosso problema perché tutti sappiamo che la domanda di cibo è fortemente inelastica – in parole povere, abbiamo bisogno di mangiare, o muoriamo. Diversi episodi recenti nel mondo, come le guerre e le rivoluzioni in Nord Africa e nel Medio Oriente, sono state collegate a questi aumenti dei prezzi del cibo.
Tutto questo è già piuttosto preoccupante, ma il vero disastro è un altro. Nonostante il fatto che la produzione di petrolio si trovi in uno stato di plateau, non vediamo alcun plateau nelle emissioni di CO2. Stiamo creando un disastro climatico. Come vedete dai dati più recenti, il CO2 sta ancora aumentando in modo pressoché esponenziale:
Quindi, ciò che stavo dicendo all’inizio sta accadendo: lo scenario de I limiti dello Sviluppo non doveva diventare una profezia ma, sfortunatamente, lo sta diventando. Ecco gli ultimi calcoli sulla traiettoria mondiale, fatti con una versione aggiornata del programma usato per “I Limiti dello Sviluppo” del 1972, con anche degli aggiornamenti nei dati storici, naturalmente. E, sfortunatamente, sembra che ci stiamo avvicinando sempre di più all’inizio di un declino irreversibile:
Lasciate che noti una cosa su questa figura. Vedete, il Club di Roma è stato spesso accusato di presentare solo problemi, non soluzioni. Ma guardate la figura sopra: vedete qual è il problema, ma vedete anche qual è la soluzione. Pensateci: perché avremo un collasso? Perché siamo cresciuti troppo. Non c’è modo di eludere questo fatto: se si cresce al di sopra del limite di sostenibilità allora ci si ritrova in ciò che viene definito “superamento (overshoot)” – si va oltre l’impronta ambientale consentita. Non c’è nulla che si possa fare se non tornare al di sotto del limite, ma nel superamento si sono consumate delle risorse che non possono essere ricreate se non in tempi lunghissimi. Così, si è condannati al declino, di fatto ad un rapido declino, potete chiamarlo collasso, se preferite, è la stessa cosa.
Quindi, se il problema è il superamento, vedete immediatamente quale può essere e quale non può essere la soluzione. Di sicuro non può essere quella di inventare qualche gadget ingegnoso che produce più energia o ci permette di continuare senza usarne tanta. Se producete più energia dai combustibili fossili, allora questa energia extra sarà usata da qualcun altro per altri scopi e tutto rimane com’è – compresa la produzione di inquinamento. Finché continuiamo a dire che la soluzione a tutti i mali dell’economia è la crescita, non c’è nulla che possiamo fare per evitare di andare in superamento. E ad un certo momento dovremo pagare per le conseguenze. La crescita è il problema; fermare la crescita è la soluzione. La sola possibile (potrebbe non essere sufficiente, comunque!).
Così, la prima cosa alla quale dobbiamo puntare se vogliamo mitigare il problema è di rallentare. Naturalmente, questo non è facile da fare, perché tutto la nostra dialettica politica, oggi, è basata sulla crescita. Ma alla fine, se non troviamo un modo per frenare la crescita con la nostra azione, allora il sistema stesso (o la “Natura”) ci costringerà a rallentare e quindi a declinare. Sarà la stessa cosa, solo un po’ più veloce e doloroso.
Un ultimo punto, ma certo non il meno importante. Nel modello, il declino della società industriale è il risultato non solo dell’esaurimento ma anche dell’inquinamento. E’ un altro elemento del modello; col primo studio del 1972, gli autori non sono riusciti ad individuare esattamente quale fosse il fattore principale che generava questo problema, ma ora sappiamo che è l’emissione di gas serra, principalmente di CO2. E non ho bisogno di dirvi che il cambiamento climatico ha un risvolto negativo ulteriore in confronto all’esaurimento delle risorse; è ciò che chiamiamo “punto di non ritorno”. Con l’esaurimento, non possiamo fare peggio che esaurire qualcosa. Col cambiamento climatico, possiamo innescare una serie di retroazioni che crescono fuori controllo completamente da sole. E il rischio è quello di arrivare ad una quantità di danno davvero orribile, compresa la distruzione dell’ecosistema terrestre.
Alla fine, c’è un punto fondamentale che mi piacerebbe enfatizzare: il cambiamento climatico e l’esaurimento delle risorse non sono problemi separati. Sono due lati dello stesso problema. L’esaurimento non ci salverà dal cambiamento climatico, mentre il cambiamento climatico non fermerà il nostro saccheggio del pianeta.
Penso che il problema principale che abbiamo sia un problema di comunicazione. Vedete, negli anni 70, il Club di Roma e gli autori de “I Limiti dello Sviluppo” sono stati accusati di avere modelli sbagliati per le loro previsioni. Questo non era vero, ma essi hanno fatto un errore fondamentale. Hanno pensato che il loro lavoro fosse enunciare il problema e che qualcuno, in qualche modo, avrebbe fatto qualcosa per risolverlo. Non è andata così. Enunciare il problema ha semplicemente portato le persone a discreditare il Club di Roma e lo studio de “I Limiti dello Sviluppo”.
Questo è ciò che sta succedendo oggi con l’IPCC e i suoi rapporti sul clima. L’IPCC sembra pensare che il suo lavoro sia quello di presentare il problema e che quindi qualcuno farà qualcosa per risolverlo. Questo non funziona. Lo abbiamo visto col Club di Roma e lo stiamo vedendo con l’IPCC che sta attraversando lo stesso processo di diffamazione e demonizzazione che è stato scatenato contro il Club negli anni 80.
Così, non penso che sia una questione di mancanza di soluzioni per i problemi gemelli di esaurimento e cambiamento climatico. Abbiamo le soluzioni ed abbiamo anche soluzioni eccellenti: sia l’esaurimento sia il cambiamento climatico sono problemi che abbiamo creato con le nostre azioni. Se invertiamo la nostra azione possiamo almeno ridurre enormemente la dimensione dei problemi. Il punto, naturalmente, è come farlo e, in questa fase, la priorità è trovare un accordo sul fatto che certe cose devono essere fatte. Penso che non sia impossibile e, alla fine, possiamo essere del tutto felici anche senza un grosso SUV, come la mia amica, la signorina Ruja Jankovich, mostra in questa foto:
Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti