Blitz di Greenpeace a Rotterdam contro le pubblicità ingannevoli della compagnie petrolifere
Petizione europea per vietare tutte le pubblicità delle imprese responsabili della crisi economica
[4 Ottobre 2021]
Un’ottantina di attivisti provenienti da provenienti da Francia, Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Croazia, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Ungheria e Paesi Bassi, sta bloccando l’accesso alla raffineria di petrolio Shell nel porto di Rotterdam e Greenpeace Nederland spiega che « In questo modo dimostriamo che le pubblicità luccicanti dell’industria dei combustibili fossili sono pura propaganda per mascherare le loro pratiche inquinanti. Questo deve finire».
A Rotterdam, la nave di Greenpeace Beluga è all’ingresso della raffineria di petrolio Shell e gli attivisti hanno costruito una barriera di cubi galleggianti con le pubblicità di compagnie fossili. Gli attivisti su canoe e gommoni espongono striscioni con la scritta “vietare la pubblicità sui fossili”. I climbers hanno attaccato annunci pubblicitari su un enorme serbatoio di petrolio Shell accanto al logo, che sono stati raccolti da attivisti di tutta Europa.
A Greenpeace Nederland sottolineano che «Stiamo conducendo una campagna nel cuore dell’industria dei combustibili fossili, presso la più grande raffineria di petrolio Shell d’Europa. Qui dimostriamo che le pubblicità luccicanti dell’industria dei combustibili fossili sono pura propaganda per mascherare le pratiche inquinanti. L’industria dei combustibili fossili nelle loro pubblicità finge di essere all’avanguardia, mentre continuano a investire nei combustibili fossili. In questo modo, ingannano i consumatori, promuovono soluzioni fasulle e in ultima analisi ritardano l’azione climatica. L’immagine che l’industria dei combustibili fossili vuole mostrare con le sue pubblicità è in netto contrasto con la realtà delle loro attività.
Ecco perché oggi Greenpeace ha lanciato l’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) per chiedere di vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni dell’industria dei combustibili fossili. L’Organizzazione ambientalista spiega che «L’ICE è un meccanismo ufficiale previsto dall’Unione europea secondo cui, se vengono raccolte un milione di firme nell’arco di un anno, la Commissione Europea ha l’obbligo di discutere e di pronunciarsi in merito alla proposta di legge dei cittadini».
Greenpeace è convinta che «Vietare le campagne pubblicitarie e le sponsorizzazioni di colossi energetici come Eni e Shell, dell’industria dell’automotive e delle compagnie aeree – tra i principali responsabili della crisi climatica e ambientale – impedirebbe a queste aziende inquinanti di sviare l’attenzione dei cittadini dalle loro responsabilità esibendo un falso lato green, mentre in realtà continuano a promuovere modelli di business dannosi per il clima e per la sicurezza delle persone».
Federico Spadini, campagna clima di Greenpeace Italia, ricorda che «Già da molti anni l’Unione europea ha vietato le pubblicità e le sponsorizzazioni dell’industria del tabacco, riconoscendo che costituiscono una minaccia per la salute. Ora è tempo di una legge simile contro le industrie dei combustibili fossili, che con le loro attività rilasciano enormi quantità di gas serra e contribuiscono all’inquinamento atmosferico, con gravi ripercussioni per la nostra salute e per quella del pianeta. Vietare le pubblicità e le sponsorship dei responsabili della crisi climatica è un passo importante per ridurre il loro enorme potere di influenza sul mercato e sul mondo dell’informazione sempre più inquinato dal greenwashing».
A sostegno della petizione, Greenpeace Nederland pubblica oggi il rapporto “Words VS Actions” curato da DeSmog che analizza gli annunci pubblicitari online delle sei principali aziende europee dei combustibili fossili, compresa l’Italiana Eni. Per Greenpeace Italia, «I risultati dello studio parlano chiaro: due terzi delle pubblicità analizzate promuovono false soluzioni per il clima – come ad esempio lo stoccaggio della CO2 nel sottosuolo – o enfatizzano eccessivamente i progetti “verdi” di aziende che continuano a fare la gran parte dei loro affari con le fonti fossili. Nelle pubblicità, l’uso di gas, petrolio e carbone viene messo volontariamente in secondo piano: appena l’8% degli annunci analizzati di Eni, ad esempio, promuove i combustibili fossili, sebbene questi costituiscano circa l’80 per cento del suo portfolio».
Greenpeace Nederland attacca invece la multinazionale olandese/britannica Shell: «Si propone come precursore verde della rivoluzione energetica, ma sembra perdere il contatto con la realtà. A maggio, la corte ha stabilito che Shell deve ridurre radicalmente le sue emissioni di CO2. Ma cosa fa Shell? Continua come al solito. “Non intendiamo cambiare la nostra strategia dopo la sentenza del tribunale”, ha affermato il CEO di Shell. Anche la Reclame Code Commissie oordeelde ha stabilito che una campagna pubblicitaria della Shell è fuorviante. Potreste averla visto, cisterne piene di combustibili fossili e che dice: “Stiamo diventando CO2 neutral”. Shell non può corroborare tale affermazione. Ora Shell deve ritirare questi spot».
La petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti” è sostenuta da più di 20 organizzazioni europee, tra cui, oltre a Greenpeace, le italiane Focsiv e ReCommon. Greenpeace conclude: «La raccolta firme è stata lanciata a un mese dall’inizio dei negoziati internazionali sul clima della COP26 di Glasgow. Il summit sarà una delle ultime occasioni per i leader mondiali di dimostrare la serietà dei loro impegni attraverso obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas serra e dell’impiego di gas, petrolio e carbone, principali responsabili della crisi climatica».