Innalzamento del livello del mare fino a 1,9 metri già irreversibile: ma le scelte climatiche ed energetiche di oggi modelleranno le coste di domani
Anche con +1,5° C ci sarà un devastante innalzamento del livello del mare di 2,9 metri, ma le alternative più calde sono molto peggiori
[13 Ottobre 2021]
Il nuovo studio “Unprecedented threats to cities from multi-century sea level rise”, pubblicato su Environmental Research Letters da un team di ricercatori di Climate Central, Princeton University e Potsdam-Instituts für Klimafolgenforschung (PIK) and the Potsdam Institute for Climate Impact Research, dimostra che proseguendo lungo l’attuale percorso delle emissioni che porta a un riscaldamento globale di 3° C, «A causa dell’incessante innalzamento del livello del mare che durerà centinaia di anni, ma messo in moto dall’inquinamento di questo secolo e anche di prima, circa 50 grandi città in tutto il mondo dovranno innalzare difese senza precedenti a livello globale o perdere la maggior parte delle loro aree popolate».
Secondo Climate Central, «Abbiamo l’opportunità ora di cambiare questo futuro. Raggiungere gli obiettivi più ambiziosi dell’Accordo di Parigi sul clima ridurrà probabilmente l’esposizione di circa la metà, consentendo alle nazioni di evitare di costruire difese non testate o di abbandonare molte megalopoli costiere».
Il team di ricercatori ha esaminato dove le popolazioni saranno più vulnerabili entro i prossimi 200 – 2000 anni secondo i diversi scenari di riscaldamento. I risultati sono allarmanti: Dopo 3° C di riscaldamento, la linea dell’alta marea potrebbe invadere la terra occupata da circa il 10% dell’attuale popolazione mondiale (oltre 800 milioni di persone); Molte piccole nazioni insulari sono minacciate di una perdita quasi totale del loro territorio; Parti dell’Asia affrontano la maggiore esposizione complessiva, sia in questo secolo che dopo. I paesi asiatici costituiscono 8 delle prime 10 grandi nazioni più a rischio (con almeno 600 milioni di persone esposte a 3° C); In Cina, dopo 3° C di riscaldamento, circa 43 milioni di persone che ora vivono su terreni che dovrebbero essere sotto i livelli dell’alta marea alla fine di questo secolo e 200 milioni su terreni a rischio a più lungo termine: Cina, India, Vietnam e Indonesia sono tutti tra i primi 5 paesi più a rischio di crescita a lungo termine, Paesi che hanno aggiunto la nuova capacità di combustione del carbone dal 2015 al 2019.
Lo studio ancora in fase peer-reviewed ha consentito a Climate Central di sviluppare una serie di potenti strumenti visivi per comunicare i futuri rischi del riscaldamento e per mostrare cosa possiamo salvarci e si concentra sul contrasto tra scenari di riscaldamento che vanno da 4° C a 2° C, mentre il rapporto di sintesi di Climate Central si concentra sulle differenze tra a gli scenari 3° C e 1,5° C, che corrispondono a continuare la traiettoria attuale rispetto a tagli radicali e immediati all’inquinamento climatico, scendendo a circa la metà delle emissioni annuali odierne entro il 2030. Climate Central evidenzia che «Le differenze complete nell’innalzamento del livello del mare causate da percorsi di emissione più alti rispetto a quelli più bassi impiegheranno secoli a svilupparsi, ma queste conseguenze saranno determinate dalle azioni dell’umanità nei prossimi decenni.Livelli più elevati di riscaldamento richiederanno difese senza precedenti a livello globale contro le inondazioni o l’abbandono forzato in decine di grandi città costiere in tutto il mondo. Se limitiamo il riscaldamento a 1,5° C attraverso un forte rispetto dell’Accordo di Parigi, queste conseguenze potrebbero essere limitate a una manciata di luoghi».
Comunque, lo studio prevede che «Le emissioni cumulative di carbonio delle attività umane nel XX e nel XXI secolo sosterranno le temperature globali per migliaia di anni. Ci sono una serie di ragioni per questo, incluso il fatto che l’anidride carbonica rimane nell’atmosfera per secoli e a causa di possibili circuiti di feedback come lo scongelamento del permafrost. Il carbonio già presente nella nostra atmosfera sta riscaldando il pianeta di 1,1° C, abbastanza per far salire il livello medio globale del mare di circa 1,9 metri nei prossimi secoli, anche senza emissioni globali nette dopo il 2020».
Attualmente, circa il 5% della popolazione mondiale vive su terreni al di sotto del punto in cui si prevede che il livello dell’alta marea aumenterà (1,9 metri) nei prossimi secoli a causa dell’anidride carbonica che l’attività antropica ha già aggiunto all’atmosfera. I ricercatori sono convinti che «Se le emissioni di carbonio vengono abbassate al limite proposto dall’Accordo di Parigi sul clima e il riscaldamento viene mantenuto a 1,5° C, ciò porterebbe a una mediana di 2,9 metri di innalzamento plurisecolare del livello del mare, con un impatto sulla terra abitata oggi da 510 milioni di persone. Ma se il pianeta subisce un riscaldamento di 3° C, la linea dell’alta marea potrebbe invadere la terra occupata da ben il 10% dell’attuale popolazione globale. In termini assoluti, la Cina è il Paese che ha più da guadagnare dalle politiche climatiche efficaci, visto che circa 50 milioni di cinesi sarebbero minacciati dall’innalzamento plurisecolare del livello del mare con un riscaldamento di 3° C, ma che non sarebbero minacciati se il riscaldamento venisse limitato a 1,5° C.
Molte nazioni più piccole, in particolare le isole, hanno percentuali molto più alte della loro popolazione a rischio esposizione. In uno scenario di riscaldamento di 3° C, le Isole Cocos, le Maldive, le Isole Marshall, Kiribati, le Isole Cayman, Tokelau, Tuvalu e le Bahamas vedranno sommerso il territorio dove vive il 90% delle loro attuali popolazioni, con un riscaldamento di 1,5° C, la minaccia supererebbe ancora il 60% della popolazione in ognuno di questi Paesi.
Il principale autore dello studio, Ben Strauss, CEO e chief scientist di Climate Central ha detto all’AFP che «Circa il 5% della popolazione mondiale oggi vive su terreni al di sotto del punto in cui si prevede che il livello dell’alta marea aumenterà in base all’anidride carbonica che l’attività umana ha già aggiunto all’atmosfera. La scoperta principale per me è la netta differenza tra un mondo di 1,5° C dopo forti tagli all’inquinamento rispetto a un mondo dopo 3° C o 4° C di riscaldamento. A Glasgow (COP26 Unfccc, ndr) e per il resto di questo decennio, abbiamo la possibilità di aiutare o tradire un centinaio di generazioni a venire. 1,5° C di riscaldamento porteranno ancora a un devastante innalzamento del livello del mare, ma le alternative più calde sono molto peggiori. Siamo messi male ma non è mai troppo tardi per fare meglio e la differenza che potremmo fare è enorme».
Gli scienziati avvertono che «A livelli più elevati di riscaldamento, aumenta sostanzialmente il pericolo di innescare la disintegrazione irreversibile delle calotte glaciali o il rilascio di riserve naturali di CO2 e metano nel permafrost».
Strauss conclude: «Limitare il più possibile il riscaldamento globale ci fa guadagnare tempo per adattarci. E’ quasi certo che i mari si alzeranno più lentamente in un mondo più caldo di 1,5 o 2 gradi».