2700 anni fa i minatori di sale delle Alpi bevevano già birra e mangiavano formaggio blu
Una scoperta fatta grazie all’esame di antichi escrementi nella miniera di Hallstatt
[15 Ottobre 2021]
Studiando gli antichi escrementi umani trovati nella miniera di sale di Hallstatt, un team di ricerca guidato da Eurac Research e dal Naturhistorischen Museums Wien sta ricavando informazioni uniche sulle complesse abitudini alimentari della preistoria in Europa e sulla storia della produzione del formaggio. Il team di ricercatori, del quale fanno parte anche scienziati del Dipartimento di biologia cellulare, computazionale e integrata (CIBIO) dell’università di Trento e dell’l’Institute for Systems Biology di Seattle, spiega che «Quella di Hallstatt è la più antica miniera di sale ancora in funzione esistente al mondo. Grazie all’alta concentrazione di sale nelle gallerie e alla temperatura costante di 8° C, i resti millenari – tra cui oggetti organici come tessuti, utensili, resti di cibo – si sono conservati eccezionalmente bene». Questo vale anche per gli escrementi umani che, come sottolinea Kerstin Kowarik, un’archeologa specializzata in preistoria del Naturhistorischen Museums Wien, «Rendono il sito archeologico un tesoro unico per la ricerca».
Ne è venuto fuori lo studio “Hallstatt miners consumed blue cheese and beer during the Iron Age and retained a non-Westernized gut microbiome until the Baroque period” pubblicato su Current Biology e Frank Maixner, microbiologo di Eurac Research, sottolinea che «I campioni che abbiamo esaminato sono altamente conservati, contenendo ancora DNA umano, così come DNA di batteri intestinali, e anche proteine e parti del cibo ingerito».
Il team di ricerca ha inaspettatamente scoperto In un campione dell’età del ferro, grandi quantità di due specie di funghi: Penicillium roqueforti e Saccharomyces cerevisiae che vengono utilizzati per raffinare e far fermentare il cibo, in questo caso formaggio blu e birra. Maixner evidenzia che «Le analisi mostrano chiare indicazioni che queste specifiche varianti di lievito non sono state utilizzate casualmente, ma sono state specificamente coltivate e utilizzate per la produzione di birra».
Lo studio ha documentato anche il consumo di quello che era forse un sanguinaccio dell’età del ferro, a base essenzialmente di sangue di bestiame.
Il team di ricercatori ha così fornito «La prima prova a livello molecolare che, già nell’età del ferro, gli alimenti che richiedono una lavorazione complessa avessero un ruolo importante, maggiore di quanto fosse stato precedentemente ipotizzato». La Kowarik aggiunge che «Sta diventando sempre più chiaro come le pratiche culinarie preistoriche fossero molto sviluppate. Non solo, anche gli alimenti lavorati in modo complesso e la tecnica della fermentazione hanno giocato un ruolo di primo piano nella nostra storia nutrizionale».
Grazie agli antichi escrementi, attraverso esami microscopici e molecolari, il team ha potuto ricostruire la dieta dei minatori nel corso di 3.000 anni, scoprendo che era «Ricca di fibre e carboidrati, con integrazione di proteine da fagioli e occasionalmente da frutta, noci o cibo animale». Inoltre, il team di ricerca ha ottenuto informazioni sorprendentemente accurate sulla colonizzazione batterica dell’intestino, cioè sul microbioma intestinale.
Maixner spiega che «Il più recente dei campioni analizzati si è rivelato un colpo di fortuna».
Ad Eurac Research dicono che «Anche se lo studio ha dimostrato che il minatore dell’età barocca mangiava grano in una forma più elaborata – finemente macinato – rispetto all’età del bronzo o del ferro, il suo microbioma è più simile a quello di Ötzi (che Maixner e colleghi avevano già analizzato in uno studio precedente basato sul contenuto dell’intestino) che a quello di una persona che vive nella odierna società industriale». Maixner fa notare che «Se 300 anni fa le persone avevano ancora un microbioma simile a quello dei loro antenati di migliaia di anni fa, ciò significa che si sono verificati grandi cambiamenti in un periodo di tempo relativamente breve».
Ora, anche se molti aspetti non sono ancora stati studiati, gli scienziati riconoscono l’impoverimento del microbioma dovuto allo stile di vita delle società industriali occidentali come un fattore importante in relazione a numerose malattie.
Albert Zink, direttore dell’Istituto per lo studio delle mummie di Eurac Research, conclude: «Le indagini di Hallstatt sono di interesse attuale anche per questo motivo. La cooperazione e lo scambio tra archeologia e biologia molecolare si sono dimostrati particolarmente fruttuosi per le recenti scoperte e ora costituiscono la base per ulteriori progetti interdisciplinari».