Lo stato dell’ambizione climatica: i Paesi poveri più a rischio sono all’avanguardia
I Paesi in via di sviluppo più vulnerabili e più colpiti stanno facendo di più dei Paesi ricchi e del G20 per affrontare la crisi climatica
[29 Ottobre 2021]
Nell’ambito della sua iniziativa Climate Promise, lanciata nel 2019, l’United Nations Development Programme (UNDP) ha svolto un ruolo di primo piano nella presentazione del nuovo ciclo di Nationally Determined Contributions (NDC). All’iniziativa, che è diventata la più grande offerta mondiale di sostegno ai Paesi sugli NDC, partecipano 120 Paesi in via di sviluppo e 35 partner. Attualmente l’UNDP sta attualmente preparando una nuova fase dell’iniziativa incentrata sull’attuazione degli NDC è ha appena presentato il nuovo rapporto “The State of Climate Ambition. Nationally Determined Contributions (NDC) Global Outlook Report 2021” dal quale emerge che «I Paesi vulnerabili si stanno facendo avanti a causa della lenta risposta di alcuni dei maggiori responsabili della crisi climatica».
Infatti, il nuovo rapporto, pubblicato dall’UNDP in vista dell’imminente 26esima Conferenza delle parti sul clima (COP26 Unfccc) di Glasgow, rivela che mentre il 93% dei Paesi meno sviluppati (LDC) e dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS) ha presentato impegni o piani nazionali climatici migliorati per rispettare l’Accordo di Parigi, i Paesi del G20 hanno frenato sia rispetto agli obiettivi fondamentali dell’Accordo di Parigi, sia per “rafforzare” la loro ambizione climatica.
L’Undp ricorda che «Essendo i Paesi responsabili di oltre tre quarti delle emissioni globali di gas serra (GHG), il ruolo del G20 nella lotta alla crisi climatica è significativo». Tuttavia, i tre membri del G20 hanno appena presentato nuovi impegni nei giorni scorsi, mancando una data limite del 12 ottobre per l’inclusione nell’analisi dell’United Nations framework convention on climate change (Unfccc) che dovrebbe informare i colloqui sul clima delle Nazioni Unite a partire da Glasgow tra pochi giorni. Inoltre, dei 18 NDC che sono stati ora presentati dai membri del G20, molti dipendono fortemente da obiettivi a lungo termine e mancano ancora di un’ambizione significativa a breve termine necessaria per aiutare a prevenire l’inquietante aumento della traiettoria globale delle attuali emissioni di gas serra».
Il 23 ottobre l’Arabia Saudita ha presentato un NDC aggiornato con obiettivi di riduzione delle emissioni più chiari e ha annunciato un obiettivo net zero per il 2060. L’Australia e la Cina hanno presentato gli NDC aggiornati il 28 ottobre ed entrambi confermano gli obiettivi esistenti e e il raggiungimento dell’obiettivo net zero rispettivamente per il 2050 e prima del 2060. La Cina ha anche confermato le recenti dichiarazioni includendo la sua intenzione di raggiungere il picco delle emissioni di CO2 prima del 2030.. .
The State of Climate Ambition è un rapporto unico perché fornisce una valutazione globale sia degli impegni già presentati all’Unfccc, sia delle ambizioni climatiche che i Paesi stanno ancora pianificando di presentare. Il nuovo rapporto confronta anche le tendenze attuali con quelle valutate nel primo rapporto “NDC Global Outlook” del 2019.
Il rapporto appena pubblicato dimostra che «I Paesi vulnerabili, che spesso ospitano le persone più povere del mondo che sono in prima linea sulla crisi climatica, continuano a essere pionieri dell’ambizione climatica, lasciandosi dietro i Paesi più ricchi».
Al 12 ottobre 2021, le ambizioni climatiche dei Paesi meno sviluppati e dei SIDS erano aumentate in modo significativo: «Il 93% aveva presentato NDC migliorati o che prevedeva di farlo (rispetto al 42% nel 2019). Considerando solo le intenzioni di ridurre le emissioni di gas serra, l’86% dei Paesi meno sviluppati e dei SIDS intendono aumentare l’ambizione di mitigazione (rispetto al 40% nel 2019)». Tuttavia, il rapporto avverte che, «Questo gruppo di 78 Paesi è responsabile solo del 7% delle emissioni globali di gas serra».
L’amministratore dell’Undp, Achim Steiner, sottolinea che «Queste cifre dimostrano che molti paesi in via di sviluppo in tutto il mondo stanno aprendo la strada a un’azione decisiva per il clima. Eppure la COP26 dovrebbe essere il momento in cui tutte le nazioni sono all’altezza della sfida del cambiamento climatico, in particolare i maggiori emettitori. Poiché la finestra per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius si restringe, questa è la nostra unica strada per garantire il futuro delle persone e del pianeta».
Nel complesso, il rapporto fornisce alcune notizie incoraggianti. Ad esempio, dimostra che «Il ratchet mechanism dell’Accordo di Parigi funziona, poiché la maggior parte dei Paesi ha rispettato il suo principio chiave di rivedere e successivamente presentare NDC sempre più ambiziosi ogni 5 anni. In totale, 178 Paesi che rappresentano il 79,3% delle emissioni globali di GHG, prevedono di presentare NDC potenziati, in aumento rispetto a soli 75 Paesi nel 2019. Di questo gruppo, 160 Paesi hanno rafforzato i propri obiettivi di mitigazione».
Tra gli altri risultati positivi del rapporto ci sono gli approcci inclusivi adottati da una grande maggioranza di governi per aggiornare i loro impegni nazionali sul clima. L’Undp evidenzia che «Il numero di Paesi, grandi e piccoli, che danno priorità all’azione climatica e al coinvolgimento dei cittadini non è mai stato così alto, il che è particolarmente impressionante alla luce delle sfide derivanti dalla pandemia di Covid-19».
Il rapporto rileva anche un aumento dal 2019 nel numero di Paesi che preparano e presentano strategie a lungo termine per raggiungere le emissioni net zero entro la metà del secolo e avverte che «Questi impegni potrebbero aiutare a raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ma richiedono strategie solide e credibili per sostenerli e un migliore allineamento con gli NDC».
Il presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, il maldiviano Abdulla Shahid, ha commentato: «L’”NDC Outlook Report” dell’Undp offre una visione leggermente più ottimista. Riconosce che i Paesi stanno migliorando i loro Nationally Determined Contributions, che le nostre ambizioni climatiche collettive stanno aumentando. Sebbene il rapporto riconosca le lacune, in particolare riguardo ai finanziamenti e agli impegni dei Paesi più ricchi, c’è comunque motivo di cauto ottimismo».
L’UNDP sta attualmente preparando una nuova fase dell’iniziativa Climate Promise incentrata sull’attuazione degli NDC e Steiner ha spiegato che «Il prossimo capitolo della Climate Promise dell’UNDP – “From Pledge to Impact” – vedrà l’UNDP aumentare il nostro sostegno ai Paesi, aiutandoli a trasformare i loro obiettivi in azioni concrete, audaci e ambiziose. Questo significa creare connessioni migliori tra NDC, piani di sviluppo sostenibile e percorsi net zero credibili».
Il rapporto presenta anche iniziative realizzate da 10 Paesi che sono state sostenute dalla Climate Promise e ne evidenzia in particolare cinque:
La strategia finanziaria del Cile per realizzare le trasformazioni richieste in tutti i settori che svolgeranno un ruolo cruciale nel raggiungimento del suo ambizioso obiettivo NDC di raggiungere il picco delle emissioni nel 2025 e la carbon neutrality entro il 2050.
L’Iraq, un emettitore significativo nel processo di ratifica dell’accordo di Parigi, ha già intensificato la sua ambizione (aumentando l’obiettivo di riduzione delle emissioni sia condizionale che incondizionata) adottando un approccio inclusivo e per tutta la società e un impegno al più alto livello politico.
Il secondo impegno nazionale della Macedonia del Nord è il più ambizioso nella regione dell’Europa orientale e dell’Asia centrale: rridurre dell’82% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990. Il settore privato nazionale ha firmato per fornire la maggior parte (85%) degli investimenti totali necessari per raggiungere gli obiettivi di mitigazione dell’NDC nel settore industriale.
Dato ché le foreste coprono il 78% della superficie totale della Papua Nuova Guinea, hanno un ruolo chiave nei piani climatici del Paese. Il riconoscimento della natura e delle foreste è aumentato fotemente da 35 riferimenti nel primo NDC a 173 nel secondo. Il governo mira anche a raggiungere la carbon neutrality nel sottosettore delle industrie energetiche entro il 2030.
Lo Zimbabwe ha condotto un green job assessment per misurare gli impatti economici e sociali delle politiche climatiche proposte nel suo NDC e ha scoperto che gli investimenti nell’agricoltura conservativa potrebbero creare fino a 30.000 posti di lavoro per ogni milione di dollari statunitensi investiti. Questo ha contribuito a creare una motivazione economica per lo Zimbabwe per aumentare il suo obiettivo di mitigazione a un obiettivo a livello economico del 40% di riduzione del suo NDC di seconda generazione.
Gli altri 5 Paesi esaminati sono. Antigua e Barbuda, la transizione dai combustibili fossili alla green energy offre nuove opportunità di lavoro; Somalia, la lotta contro il cambiamento climatico è la chiave per raggiungere la pace e la stabilità; Nigeria, i giovani ispirano per arrivare a un NDC di alta qualità; Moldova, creare sinergie nazionali e internazionali; Pakistan, verso un futuro di energia pulita e verde.
Lo studio Undp conclude: Mentre l’attenzione del mondo si sposta dagli impegni all’azione concreta dopo la COP26, tutti i Paesi devono essere pienamente impegnati a dare priorità al finanziamento e all’attuazione dei NDC di seconda generazione. Questi strumenti politici dell’Accordo di Parigi rimangono gli unici chiaramente definiti e i meccanismo universalmente accettati per guidare l’azione climatica immediata e urgente come è chiaramente richiesto dalla scienza. I governi stanno facendo promesse sull’ambizione, ma il compito che ci attende richiede un segnale politico più forte che possa guidare il cambiamento trasformativo e garantire che adempiamo al nostro obbligo verso i giovani e le generazioni future di preservare il pianeta».