A partire da metà gennaio Regioni ed Enti locali potranno avanzare manifestazioni d’interesse
Rifiuti radioattivi, il Deposito unico italiano si avvicina: terminato il seminario nazionale
Gava: «Le esperienze all’estero testimoniano che infrastrutture analoghe rappresentano un’occasione unica per lo sviluppo sociale ed economico del territorio che deciderà di ospitarla»
[24 Novembre 2021]
Mentre nel pubblico dibattito è tornato a impazzare il nucleare come opzione per produrre energia – una scelta disancorata da ogni criterio di sostenibilità sia ambientale sia economica, almeno nel nostro Paese –, Sogin torna prosaicamente a ricordarci che ancora dobbiamo trovare una collocazione ai rifiuti radioattivi sparsi per l’Italia e oltre confine.
La società di Stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi informa infatti che si è tenuta oggi, in diretta streaming, la sessione plenaria di chiusura del Seminario nazionale propedeutico alla realizzazione del Deposito unico per i rifiuti radioattivi.
«L’ampia partecipazione dei cittadini e dei principali stakeholder ci ha consentito di rispondere ai diversi interrogativi che ruotano attorno alla realizzazione del Deposito e di sottolineare, una volta di più, la necessità di tale infrastruttura per il Paese al fine di chiudere il ciclo del nucleare italiano e gestire in maniera più sostenibile e sicura i rifiuti radioattivi, inclusi quelli prodotti dalla medicina nucleare, dall’industria e dalla ricerca scientifica», commenta l’ad Sogin Emanuele Fontani.
I lavori del Seminario si sono articolati in nove incontri, trasmessi in diretta streaming sul sito www.seminariodepositonazionale.it e presenti su Youtube (sul Sogin canne). Oltre alle sedute plenarie di apertura e chiusura si sono svolte sette sessioni di lavoro, una nazionale e sei territoriali, che hanno interessato le regioni coinvolte dalla Cnapi (ovvero la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito): Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia e Basilicata, Sicilia, Sardegna.
Oltre 160 i partecipanti al Seminario nazionale, che ha visto gli interventi dei rappresentanti di Enti locali, associazioni, comitati, organizzazioni datoriali e sindacali dei territori, di singoli cittadini, e di relatori tecnico-istituzionali.
Nel corso della prima fase della consultazione pubblica e del Seminario sono state formulate circa 200 domande, che hanno ricevuto tutte una risposta,o per iscritto o in forma orale durante la diretta. Sono stati approfonditi diversi temi tra cui la rispondenza delle aree individuate nella Cnapi ai requisiti internazionali stabiliti dalla Iaea (International atomic energy agency) e a quelli nazionali individuati dall’Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione). Inoltre, sono stati illustrati gli aspetti relativi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell’ambiente e i benefici economici e di sviluppo territoriale collegati alla realizzazione dell’opera e alle misure compensative previste.
Il Seminario nazionale si concluderà il 15 dicembre con la pubblicazione del resoconto complessivo dei lavori. Si aprirà così la seconda fase della consultazione pubblica, della durata di trenta giorni, durante la quale potranno essere inviate eventuali altre osservazioni e proposte tecniche finalizzate alla predisposizione della proposta di Carta nazionale aree idonee (Cnai), che terrà conto dei contributi emersi nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Al termine di questa fase, con la pubblicazione della Cnai, le Regioni e gli Enti locali potranno esprimere le proprie manifestazioni d’interesse, non vincolanti, ad approfondire ulteriormente l’argomento.
«I lavori si sono svolti nella massima trasparenza e hanno permesso di spiegare le ragioni per cui l’Italia, come avviene nel resto d’Europa, debba farsi carico di una gestione in sicurezza dei propri rifiuti radioattivi. Le esperienze all’estero testimoniano che infrastrutture analoghe a quella che dobbiamo realizzare nel nostro paese rappresentano un’occasione unica per lo sviluppo sociale ed economico del territorio che deciderà di ospitarla», conclude Vannia Gava, sottosegretario di Stato al ministero della Transizione ecologica.
È quanto accaduto con il Centre de l’Aube nel nord-est della Francia – una zona di produzione dello champagne – dove nel 1992 è entrato in funzione un deposito superficiale con una capacità di 1 milione di metri cubi di rifiuti radioattivi. Oggi l’80% dei cittadini è favorevole al deposito, e i Comuni dell’area di produzione dello champagne sono talmente entusiasti che stanno valutando di ospitare un nuovo deposito per rifiuti radioattivi.