Elettricità futura: «Nel testo è chiara l’intenzione di proseguire lo snellimento della burocrazia»
Red II, in Italia è legge l’ormai vecchia direttiva Ue sulle rinnovabili
Il nuovo pacchetto “Fit for 55” punta a produrre il 40% dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2030, mentre il nostro Paese è fermo al 18% circa
[1 Dicembre 2021]
La cosiddetta Red II, ovvero la direttiva Ue 2018/2011 sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili, è approdata – con due anni di ritardo – nel corpus normativo italiano: ieri è stato infatti pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto legislativo di recepimento, dopo i lavori iniziati in estate da Governo e Parlamento.
La direttiva Red II stabilisce che entro il 2030, a livello europeo, le energie rinnovabili dovranno incidere per almeno il 32% sul consumo finale lordo di energia; l’Italia contribuirà all’obiettivo comunitario da una posizione di retroguardia, fermandosi ovvero al 30%. Per raggiungere il traguardo ci sarà comunque da correre, dato che il nostro Paese è fermo al 18% circa, a fronte del 19,7% raggiunto dall’Ue nel suo complesso nel 2019.
Nonostante le premesse tutt’altro che rosee, il decreto legislativo ha comunque accolto molte delle richieste arrivate dalle imprese di settore per facilitare lo sviluppo delle rinnovabili.
«Nel testo è chiara l’intenzione del Governo di proseguire lo snellimento della burocrazia avviato dal Dl Semplificazioni con l’obiettivo di recuperare il forte ritardo accumulato nel percorso di decarbonizzazione e consentire l’installazione di 70 nuovi GW di impianti rinnovabili, un’opportunità che porterà al nostro Paese 90.000 nuovi posti di lavoro e 100 miliardi di investimenti privati nel solo settore elettrico. Elettricità futura – commenta il suo presidente, Agostino Re Rebaudengo – aveva condiviso in audizione al Senato e alla Camera diverse misure per semplificare e accelerare la transizione energetica. Siamo soddisfatti che le nostre proposte abbiano trovato ampia corrispondenza nel decreto pubblicato in Gazzetta ufficiale».
Tra queste spiccano ad esempio la differenziazione dei contingenti di potenza delle aste del GSE per zone geografiche; l’accesso alle aste del Gse anche per gli impianti fotovoltaici su aree agricole non utilizzate, individuate dalle Regioni come aree idonee; la previsione di criteri di massima semplificazione delle procedure amministrative per la partecipazione agli schemi di sostegno.
Ora è necessario passare al più presto alla parte attuativa, che preoccupa non poco associazioni ambientaliste come Legambiente.
«È proprio il rilancio quel che si fa fatica a vedere nel testo uscito dal Governo – argomenta il responsabile Mobilità sostenibile e Stili di vita del Cigno verde, Andrea Poggio – da tre mesi a un anno per firmare i decreti attuativi (in gran parte affidati al Mite) e, soprattutto, l’obbligo di passare per Ministero e Regioni per definire finalmente le aree idonee dove poter installare pannelli solari, generatori eolici e impianti a biogas. Il timore è che le rinnovabili siano ancora vittime dei veti incrociati tra le Regioni e i diversi Ministeri (vedi Sovraintendenze)».
Il problema è che di tempo ne abbiamo sempre meno, stretti in una morsa che da una parte vede bollette sempre più care trainate dai prezzi al rialzo dei combustibili fossili come il gas, e dall’altra mostra un’Europa che avanza sulle rinnovabili con molta più decisione rispetto all’Italia.
Con il nuovo pacchetto “Fit for 55” presentato dalla Commissione Ue per traguardare entro il 2030 un taglio delle emissioni climalteranti pari al 55% rispetto al 1990 (adesso siamo a -24%, in Italia invece a -19,4%) si è già affacciata sul panorama legislativo la direttiva Red III, con l’obiettivo di «produrre il 40% della nostra energia da fonti rinnovabili entro il 2030». Per l’Italia significa più che raddoppiare i risultati raggiunti finora, in meno di un decennio.