Nel 2022 serviranno aiuti di emergenza per 274 milioni di persone, il 17% in più
OCHA: «La crisi climatica sta colpendo per prime e in modo peggiore le persone più vulnerabili del mondo»
[2 Dicembre 2021]
Secondo il rapporto “2022 Global Humanitarian Overview (GHO)” presentato oggi dall’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA), i bisogni umanitari continuano ad aumentare e « Nel 2022 un totale di 274 milioni di persone in tutto il mondo avranno bisogno di aiuti di emergenza e protezione nel 2022», un aumento del 17% rispetto al GHO 2021.
Il GHO 2022 stima che «Saranno siano necessari 41 miliardi di dollari per fornire soccorso e protezione ai 183 milioni di persone più bisognose» e il capo umanitario dell’Onu, Martin Griffiths ha evidenziato che «La crisi climatica sta colpendo per prime e in modo peggiore le persone più vulnerabili del mondo. I conflitti che prolungati continuano e l’instabilità è peggiorata in diverse parti del mondo, in particolare in Etiopia, Myanmar e Afghanistan. La pandemia non è finita e i Paesi poveri sono privati dei vaccini. Il mio obiettivo è che questo appello globale possa in qualche modo ridare un barlume di speranza a milioni di persone che ne hanno disperatamente bisogno».
Più dell’1% della popolazione mondiale è sfollata. La povertà estrema è di nuovo in aumento. Dato che le disuguaglianze di genere e i rischi per la protezione sono aumentati, nella maggior parte delle crisi sono donne e ragazze a soffrire o di più e l’OCHA avverte che «La carestia rimane una prospettiva terrificante per 45 milioni di persone in 43 Paesi».
A lanciare l’allarme sono anche gli operatori umanitari in prima linea di circa 120 organizzazioni della società civile – quasi 100 delle quali con sede in Paesi duramente colpiti dalla fame – che in una lettera congiunta pubblicata oggi esortando i leader mondiali a «Finanziare pienamente la risposta necessaria per prevenire la carestia a livello globale e affrontare le principali minacce che causano l’insicurezza alimentare: conflitti, crisi climatica, Covid-19 e shock economici».
Mike Bonke, direttore di Azione contro la Fame in Afghanistan, ha detto che «In oltre 15 anni di lavoro nel settore degli aiuti, non riesco a ricordare una situazione umanitaria così desolante. La minaccia di carestia incombe in diversi Paesi eppure sembra che i leader mondiali stiano a guardare dalle tribune. In Afghanistan, abbiamo già delle liste d’attesa in alcuni dei nostri reparti di malnutrizione e questa situazione non farà altro che peggiorare con l’arrivo dell’inverno e la diminuzione delle scorte alimentari. I bisogni sul campo rimangono astronomici e prevedo un inverno molto duro».
Tatiana Dasy, direttrice programma di Save the Children per il Madagascar, racconta che «Nel sud del Madagascar, lo spettro della fame ti perseguita ovunque ti giri. I genitori sopravvivono con quasi niente e vendono tutto quello che possono solo per dare ai loro figli una porzione di patate dolci o di riso. A volte, quando non hanno di che mangiare, le famiglie raccolgono foglie e frutti di cactus o vanno a letto senza fare un pasto. Nei giorni in cui i bambini non hanno cibo sui loro piatti, alcuni di loro giocano a cucinare con sabbia, terra e foglie, fingendo che sia cibo. Questa è la peggiore crisi della fame in Madagascar degli ultimi 40 anni. L’ONU la chiama la prima “carestia da cambiamento climatico” del mondo e con l’intensificarsi della crisi climatica, è probabile che possa solo peggiorare. Nessuno dovrebbe vivere così, specialmente nel XXI secolo e specialmente i bambini. Ma il nuovo rapporto delle Nazioni Unite che esce oggi ci dice che l’orribile situazione in Madagascar non è purtroppo unica. Siamo nel bel mezzo di una escalation della crisi globale della fame che mostra quanto sia urgente che il mondo agisca. Le agenzie umanitarie hanno ricevuto solo la metà dei fondi necessari per evitare la carestia in Madagascar e in altri 5 Paesi di massima allerta. E’ vergognoso e inconcepibile, i leader mondiali devono agire adesso per tirare fuori dal baratro la gente del Madagascar e assicurare che i nostri figli abbiano un futuro»
Nel 2021, le organizzazioni umanitarie hanno intensificato i loro sforzi per aiutare a contenere le peggiori conseguenze delle crisi. Attraverso i progetti realizzati da Onu, ONG, governi e dal settore privato a livello nazionale, sono state raggiunte con aiuti di emergenza 107 milioni di persone, il 70% dell’obiettivo. In Sud Sudan, oltre mezzo milione di persone sono state salvate in extremis dalla carestia. Nello Yemen, i partner sanitari hanno effettuato più di 10 milioni di visite mediche e centinaia di milioni di dollari in assistenza in contanti sono stati messi nelle mani di famiglie con pochi altri mezzi di sopravvivenza.
Griffiths ha osservato che così in Sud Sudan e nello Yemen «Abbiamo tenuto a bada la carestia». Ma ha anche ricordato con orgoglio che «Le agenzie umanitarie non hanno mai lasciato l’Afghanistan, dopo la presa del potere da parte dei talebani di agosto. A causa delle nuove esigenze, per il 2022 abbiamo un programma tre volte più grande del programma per il 2021».
E anche il World Food Programme (WFP) lancia oggi un drammatico appello che riguarda proprio l’Afghanistan dove circa 23 milioni di persone hanno bisogno di assistenza alimentare urgente, una cifra mai vista prima: «Senza finanziamenti urgenti per evitare una catastrofe, 3,2 milioni di bambini in Afghanistan affronteranno una grave fame e le conseguenze potenzialmente letali della malnutrizione. I bisogni umanitari sono aumentati e circa 23 milioni di persone hanno bisogno di assistenza alimentare urgente. Il fabbisogno finanziario del WFP per soddisfare queste esigenze nel 2022 è di 2,6 miliardi di dollari».
Mary-Ellen McGroarty, direttrice nazionale del WFP per l’Afghanistan, aggiunge: «La comunità internazionale ha preoccupazioni molto reali e in questo momento dobbiamo separare l’imperativo umanitario dalle discussioni politiche. Il popolo dell’Afghanistan, il popolo innocente dell’Afghanistan, i bambini dell’Afghanistan che hanno visto le loro vite stravolte non per colpa loro, non possono essere condannati alla fame solo a causa della lotteria della geopolitica e della lotteria della nascita».
Il WFP con nuovi filmati e fotografie provenienti da aree remote dell’Afghanistan, tra le quali Faizabad e Mazar-i-Sharif, mostra le drammatiche situazioni di una clinica sanitaria ad Aq Kupruk, l’impatto economico, sociale e ambientale di una siccità prolungata, il collasso economico e l’impatto socio-economico del Covid-19, che si aggiungono decenni di guerra. L’aumento del costo del grano ha portato a un aumento dell’80% del prezzo del pane, un alimento base per molte famiglie. In alcune zone, le persone compensano la mancanza di cibo consumando una varietà di frumento che è nota per causare problemi neurologici. Molti sopravvivono mangiando pane e tè con il latte, a volte anche usando uno sbiancante non nutritivo quando non possono permettersi il latte vero. Nel frattempo, il completo collasso economico dell’Afghanistan dopo la presa del potere da parte dei talebani ha lasciato molti senza lavoro e non in grado di acquistare cibo per le loro famiglie. Ad esempio, nella città settentrionale di Faizabad, presidi, insegnanti e impiegati statali sono tra quelli che vendono per le strade effetti personali come tazze da tè e vestiti.
La McGroarty e molto preoccupata: «Mentre in Afghanistan il numero di persone che richiedono assistenza è sbalorditivo, temo che questo sia solo un punto di svolta. Sono i bambini piccoli a pagare un prezzo incredibile. Siamo solo a novembre e questo è quello che stiamo già vedendo prima di addentrarci nel cuore dell’inverno. E questi sono i bambini che stanno arrivando negli ospedali. Quanti altri ce ne sono dietrodi loro, che le loro famiglie non sono in grado di portare in ospedale? Milioni di afghani contano sul WFP per il cibo salvavita quest’inverno. Senza di questo, saranno costretti a scegliere tra la migrazione e la fame».
Il GHO 2022 include 37 piani di risposta che coprono 63 Paesi. Griffiths ha ringraziato «I donatori internazionali e gli Stati membri che, finora, nel 2021, hanno fornito oltre 17 miliardi di dollari per progetti inclusi nel GHO, nonostante lo stress economico causato dalla pandemia. Ma non sono molti soldi rispetto al bisogno. Il finanziamento rimane meno della metà di quanto richiesto dall’Onu e dalle organizzazioni partner. Gli aiuti sono importanti e possono fare la differenza, ma non sono la soluzione, come vediamo in Afghanistan. L’assistenza non è un rimedio, non è un modo per stabilizzare le società. Non sostituisce l’assistenza allo sviluppo, il finanziamento della società e dell’economia. E’ un extra, un salvagente. Siamo consapevoli che non otterremo 41 miliardi di dollari, ma cercheremo di ottenere ciò che possiamo».