L’Ucraina vuole produrre più uranio nazionale per le sue centrali nucleari vetuste e pericolose
Nel Paese di Chernobyl si vuole allungare la vita di reattori che dovevano essere fermati nel 2020 o prima
[10 Gennaio 2022]
Di fronte alla mancanza di combustibile per le sue centrali termoelettriche e all’aumento dei prezzi del gas, il governo dell’Ucraina punta ad aumentare la sua produzione di uranio per coprire completamente il fabbisogno delle sue vecchie centrali nucleari dopo il 2026. Nell’ambito di un programma nazionale adottato dal governo di Kiev entro la fine dell’anno, l’Ucraina nei prossimi 5 anni investirà 335 milioni di dollari per aumentare gli impianti di estrazione e lavorazione dell’uranio nel centro del Paese. Un programma che mira anche a far uscire l’Ucraina dalla dipendenza dal combustibile nucleare di produzione russa per le sue vecchie centrali tipo Chernobyl costruite in epoca sovietica e che forniscono ancora più della metà dell’elettricità del Paese.
Il nuovo programma prevede che la produzione di uranio estratto nei 4 depositi ucraini arrivi a 995 tonnellate nel 2022, per poi salire a 1.265 tonnellate nel 2026. Il governo ucraino non ha fornito dati sulla produzione di uranio per il 2021, ma ha detto che la produzione attuale soddisfa circa il 40% del fabbisogno di combustibile nucleare dell’Ucraina. Del restante 60%, la maggior parte del carburante proviene dalla Russia, con forniture aggiuntive provenienti dagli Usa. Ma la World Nuclear Association (WNA) stima che l’Ucraina in raltà produca solo circa il 30% del fabbisogno del paese e fa notare che «Sebbene la sua produzione sia diminuita nel 2020 e nel 2021, la società mineraria dell’uranio VostGOK ucraina ha storicamente prodotto fino a 830 tonnellate di uranio (tU) all’anno».
Il ministro dell’energia ucraino, Herman Halushchenko, ha spiegato che «Lo scopo principale di questo progetto è creare le condizioni per aumentare la produzione di uranio per soddisfare pienamente il fabbisogno di energia nucleare nazionale, nonché aumentare l’indipendenza energetica dell’Ucraina». Il piano annunciato dal ministero dell’energia il 29 dicembre elenca diverse misure per mantenere e aumentare la produzione di uranio. Primo di tutto, garantirebbe il funzionamento della miniera Smolinskaya fino al 2023 e della miniera Ingulskaya fino al 2028 che, secondo la WNA, hanno rispettivamente risorse per circa 66.000 tU e 5,000 tU. Il passo successivo sarebbe lo sviluppo, tra il 2023 e il 2025, di nuovi impianti di produzione a Novokonstantinovskoye e Aprelskoye, che entrerebbero in servizio nel 2026. La produzione pilota a Novokonstantinovskoye è iniziata nel 2011, ma la miniera non è mai arrivata alla piena operatività. Per sostenere l’espansione dell’attività mineraria, l’Ucraina rinnoverà gli impianti idrometallurgici e di acido solforico alla Stepnoye Mining and Processing Combine, dove l’uranio viene estratto dal minerale.
Inoltre, i piani di autosufficienza dell’Ucraina riguardano anche i materiali necessari per produrre i gruppi di combustibile utilizzati nei suoi reattori. Il ministero dell’energia ha assicurato che «La produzione interna di biossido di zirconio sarà aumentata a 320 tonnellate all’anno» e che «Organizzerà la cooperazione, in modo che lo zirconio ucraino venga utilizzato per il rivestimento metallico dei gruppi di combustibili che acquista».
Poco dopo aver assunto l’incarico nel maggio del 2019, il presidente ucraino Volodomyr Zelensky aveva detto di voler sviluppare l’energia nucleare, creando non poche preoccupazioni tra i suoi sostenitori in diversi Paesi dell’Unione europea. L’associazione scientifica/ambientalista norvegese/russa Bellona evidenzia che «I nuovi sforzi per espandere la produzione di uranio arrivano mentre il lavoro per bonificare completamente il sito del disastro di Chernobyl del 1986 sono ancora in corso. Dal 2015, un’enorme cupola d’acciaio, chiamata New Safe Confinement , ha racchiuso il reattore n. 4 esploso di Chernobyl, intrappolando le radiazioni e facilitando rischiosi sforzi di smantellamento. Ma la maggior parte degli esperti afferma che ci vorranno altri 20.000 anni prima che l’area immediatamente circostante l’impianto – chiamata zona di esclusione dalla quale sono state evacuate più di 100.000 persone – sia di nuovo adatta perché possano abitarci esseri umani».
Quando nel 1991 crollò l’Unione sovietica, l’Ucraina ereditò non solo il cadavere radioattivo di Chernobyl, ma anche altre 4 centrali nucleari: la centrale di Rivne nel nord-ovest del Paese; Khmelnitsky, a sud di Rivne; la centrale dell’Ucraina meridionale, vicino al Mar Nero, e la centrale di Zaporizhia, che con i suoi 6 reattori VVER-1000 è la più grande centrale nucleare dall’intera Europa.
Tutti i reattori ucraini, tranne 3, hanno iniziato a funzionare negli anni ’80 e sono quindi prossimi alla fine della loro durata di vita previstra dagli ingegneri sovietici: 40 anni. 12 di questi reattori ucraini avrebbero dovuto essere fermati nel 2020 per avviare la dismissione, ma continuano comunque a funzionare. Bellona fa notare che «Per continuare a produrre circa il 54% dell’energia del Paese, si presume che a tutti questi reattori verranno concesse estensioni della loro durata di diversi decenni».
Ed è una delle cose sulle quali preferiscono tacere anche i fautori del ritorno al nucleare ma che gli esperti nucleari di Bellona sottolinea: «Data l’età dell’industria nucleare nel suo insieme, tali estensioni di durata sono diventate una pratica comune in tutto il mondo». Nel rapporto “The Nuclear Industry in Ukraine – An overview” pubblicato nel 2017 e nello studio “Nuclear power plant lifetime extension: A creeping catastrophe” del 2020 l’ONG scientifica ha messo in luce i pericoli di questo approccio. Uno studio condotto da esperti ucraini, citato nel rapporto di Bellona, dimostra che «I vecchi reattori ucraini stanno diventando più soggetti a incidenti e malfunzionamenti. Si spera che gli aggiornamenti di sicurezza che dovrebbero precedere le loro estensioni operative eliminino tali problemi tecnici». Ma lo studio di Bellona ha messo in evidenza che «Due reattori nell’impianto di Rivne è stata concessa un’estensione della durata di vita senza alcun aggiornamento della sicurezza».
Poi c’è l’altro grosso problema irrisolto del nucleare: «Più a lungo funzioneranno i reattori dell’Ucraina, più contribuiranno alla fornitura di scorie radioattive del Paese, che attualmente è la seconda più grande d’Europa. Questo problema è diventato più serio solo dal 2018, quando la Russia ha iniziato a restituire in Ucraina il combustibile nucleare esaurito e le scorie radioattive che Mosca aveva accettato e ritrattato dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica». Il problema delle sovrabbondanti scorie radioattive dell’Ucraina sembrerebbe meno critico se il Paese stesse adottando misure per costruire un deposito a lungo termine (vi ricorda qualcosa?), come trovarne un luogo adatto per uno, o addirittura se Kiev avesse in programma di farlo. Ma, come rivela il rapporto Bellona, «Gli apparati burocratici di Kiev responsabili di tali questioni sono inefficienti, se non, in qualche caso, del tutto assenti, e in ogni caso si ha poca fiducia nel loro funzionamento competente».
Le prospettive sono leggermente migliori quando si tratta di trattare il combustibile esaurito dei reattori nucleari ucraini: «I funzionari nucleari ucraini sanno quanto ce n’è e intendono costruire una struttura centralizzata per immagazzinarlo. Ma come accade per altri comparti nucleari, Kiev ha poche speranze di costruirlo senza finanziamenti significativi provenienti da altri Paesi, in particolare di quelli Occidentali.
Bellona conclude: «Sebbene non sia chiaro se la decisione dell’Ucraina di contuinuare ad abbracciare l’energia nucleare abbia tenuto pienamente conto dei problemi che devono affrontare i suoi vecchi reattori, si spera che lo farà riguardo alla continuazione di questa sua dipendenza dall’eredità sovietica».