L’impatto climatico della micromobilità elettrica condivisa

Quella pubblica emette più CO2 delle alternative che sostituisce, l’e-mobility privata meno

[13 Gennaio 2022]

Ormai scooter, monopattini e biciclette elettrici  fanno parte del panorama del traffico di buona parte delle grandi città e rappresentano sia una speranza che una sfida: la micromobilità in sharing che permette agli utenti di noleggiare e di condividere scooter, bici e monopattini elettrici che sono generalmente considerati soluzioni di mobilità climate-​friendly che alleviano il traffico urbano e contribuiscono a diminuire le emissioni di CO2, ma le città stanno affrontando sempre più problemi per integrare e gestire correttamente questi microveicoli in rapida crescita.

Finora mancavano le conoscenze scientifiche e non era chiaro in che modo questi mezzi elettrici diventati di moda contribuissero effettivamente a ridurre le emissioni di CO2 urbane, ma il recente studio “Mode choice, substitution patterns and environmental impacts of shared and personal micro-​mobility”, pubblicato su  Transportation Research Part D: Transport and Environment da Daniel Reck e Henry Martin dell’ETH Zürich e da Kay Axhausen dell’Institute for Advanced Research in Artificial Intelligence di Vienna, sembra aver colmato gran parte di queste lacune.

Reck, dell’Institut für Verkehrsplanung und Transportsysteme (IVT) dell’ETH Zürich, conferma: «Sappiamo sorprendentemente poco su come le persone utilizzano questi servizi» e per questo , Reck e Martin e sotto la direzione di Axhausen, che insegna anche all’IVT, hanno esaminando per la prima volta l’impatto sul clima di questi nuovi mezzi di trasporto. All’ETH Zürich fanno presente che «Un aspetto particolarmente degno di nota dello studio è che i ricercatori non solo hanno preso in considerazione le emissioni di CO2 durante l’intero ciclo di vita, dalla produzione, al funzionamento e alla manutenzione, ma anche i modelli di sostituzione durante l’uso».

Reck che nel 2021 ha ricevuto dall’International Transport Forum lo Young Researcher of the Year Award che riconosce i giovani ricercatori di talento il cui lavoro fornisce un contributo significativo alle politiche dei trasporti, evidenzia che «Il funzionamento di e-​scooter ed e-​bike sembra a prima vista climate-​friendly perché non utilizzano motori a combustione interna. Ma in termini di impronta di carbonio, ciò che conta è in definitiva il mezzo di trasporto che in genere sostituiscono». E ricercatori hanno dimostrato scooter, bici e monopattini elettrici in sharing nella città di Zurigo sostituiscono principalmente modalità di trasporto più sostenibili: passeggiate, trasporto pubblico e ciclismo e Reck sottolinea che «Questo significa che emettono più carbonio del mezzo di trasporto che sostituiscono. Nel modo in cui vengono attualmente utilizzati, gli scooter elettrici e le biciclette elettriche condivisi fanno più male che bene al clima».

Un quadro diverso emerge per quanto riguarda scoote, bici e monopattini elettrici privati, che sostituiscono molto più frequentemente gli spostamenti in auto e producono quindi meno emissioni di CO2 rispetto ai mezzi di trasporto che sostituiscono. «Quindi, la micromobilità privata riduce le emissioni di CO2 e, in definitiva, è vantaggiosa per il clima». dicono all’ ETH Zürich.

Per determinare l’impatto sul clima delle opzioni di e-​micromobility condivise e private, i ricercatori hanno dovuto prima capire come gli utenti scelgono tra servizi di sharing e modalità di trasporto convenzionali. Per farlo, hanno raccolto dati su posizione, prenotazioni e abitudini di  540 partecipanti allo studio nella città di Zurigo per un periodo di tre mesi e ricostruito circa 65.000 spostamenti  su 8 diversi mezzi di trasporto. Reck ha quindi aggiunto dati contestuali sul tempo e le opzioni di mobilità disponibili. E’ stato così sviluppato il primo modello in grado di mostrare come le persone scelgono tra i mezzi di trasporto, inclusi la micromobilità condivisa, il trasporto pubblico e le opzioni di trasporto privato convenzionale.

All’ETH Zürich ricordano che «La conoscenza di come le persone scelgono tra i diversi modi di trasporto è importante per i pianificatori, sia nella ricerca che nella pratica. La maggior parte degli studi passati si è basata esclusivamente su sondaggi tra gli utenti e talvolta, al fine di calcolare la potenziale riduzione di CO2, ha ipotizzato tassi di sostituzione molto ipotetici per gli spostamenti in auto». Invece, l’analisi basata sui dati di Reck, «Esamina le preferenze degli utenti in modo molto più preciso e include i parametri necessari per modellare realisticamente i modelli di micromobilità nelle simulazioni di traffico. Per la prima volta, questo consente una base tecnicamente solida per prevedere e discutere l’impatto sul clima di questi nuovi modi di trasporto».

Ne è venuto fuori che «La scarsa incidenza sull’impronta di carbonio dei veicoli condivisi per la micromobilità è in contrasto con l’opinione comune secondo cui “condividere è prendersi cura”, ovvero che la condivisione protegge l’ambiente». Per Reck, «Questo potrebbe essere vero in molte aree: penso sicuramente che lo sharing sia un buon principio di base. Ma nel caso della micromobilità e del suo impatto sul clima, sembra essere il contrario». Ed è improbabile che il caso di studio di Zurigo rappresenti un’eccezione: gli autori suggeriscono che «I risultati sono applicabili alla maggior parte delle città europee con buone infrastrutture di trasporto pubblico. I risultati sono un invito ai providers a migliorare i loro sistemi e attività».

Lo studio fornisce anche indicazioni su come queste nuove opzioni di mobilità possono essere integrate e regolamentate in modo efficace nelle città: «Le autorità che vogliono ridurre le emissioni di CO2 legate ai trasporti potrebbero integrare la micromobilità condivisa con il trasporto pubblico in modo più efficace e supportare il pendolarismo tramite la micromobilità privata – conclude Reck – Inoltre, i pianificatori dei trasporti potrebbero anche collaborare con i providers per trovare modi per mobilitare meglio il potenziale dei servizi di sharing per ridurre le emissioni di CO2 e sostituire le automobili. Idealmente, e-​scooters ed e-​bikes condivisi amplierebbero il bacino di utenza del trasporto pubblico, consentendo ai pendolari dei distretti periferici di coprire l’ultimo miglio e contribuire a ridurre i picchi di carico durante le ore di punta. Se questo potenziale può essere realizzato dipende da come integreremo e utilizzeremo la micromobilità in futuro».